tag:blogger.com,1999:blog-75993501284125926152024-03-05T15:43:12.630+01:00 imago2.0 blog per generatori di immaginazione, inventori di storie e lettori onnivori. PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.comBlogger476125tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-90402382590427599202022-11-27T12:01:00.002+01:002022-11-27T12:01:49.939+01:00Il mago del Cremlino – una guida al pensiero russo <p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Nel 2022 Vladimir Putin è diventato una presenza quotidiana nelle nostre vite. Cosa ha in mente? Quali sono i suoi obiettivi? È pronto a scatenare una guerra nucleare o gioca sulla paura dei suoi avversari? Ma soprattutto, come fa a mantenere il controllo di una nazione che sta assistendo a un incremento del livello di povertà senza precedenti a causa delle scelte del suo leader? <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOVVqScN5ZZOF5_jcWgAeXvtKDrC2I1TQsrUVn1liQjIJCKFuIQT5QUCkiT9MyA1AxtLn4F2cs0MnHB6lTn3Vf3hYBmrjt2kEKYG9jt1LzAgkORVURmy0-Hksfn7lk1Wmv2Y20StkAKu8qOAAiMnjS1r0MmFfDbN_iaVHCS7gn1Loho0kNup6NmeRF/s1030/Screenshot%202022-11-27%20alle%2011.59.06.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="690" data-original-width="1030" height="214" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOVVqScN5ZZOF5_jcWgAeXvtKDrC2I1TQsrUVn1liQjIJCKFuIQT5QUCkiT9MyA1AxtLn4F2cs0MnHB6lTn3Vf3hYBmrjt2kEKYG9jt1LzAgkORVURmy0-Hksfn7lk1Wmv2Y20StkAKu8qOAAiMnjS1r0MmFfDbN_iaVHCS7gn1Loho0kNup6NmeRF/s320/Screenshot%202022-11-27%20alle%2011.59.06.png" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />A rispondere a queste domande prova Giuliano da Empoli, professore di politica comparata a Parigi, che con <i>Il mago del Cremlino </i>(Mondadori) integra le sue capacità di saggista, ricordiamo il suo <i>Gli ingegneri del caos, </i>con quelle da romanziere, offrendo al lettore la storia di Vadim Baranov, fantomatico consigliere di Putin e costruttore di quella <i>fake democracy </i>che ha visto proprio in Putin in Russia e in Trump in USA i suoi massimi e deleteri esponenti. <o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">La storia di da Empoli prende le mosse da un viaggio dell’io narrante in Russia per studiare l’opera di Evgenij Ivanovič Zamjatin (scrittore russo che criticò il regime comunista sovietico e per questo finì i suoi giorni a Parigi in miseria, famoso per il romanzo distopico <i>Noi</i>, che ha fornito ispirazione per il lavoro di Huxley e Orwell). Sarà proprio la passione per Zamjatin a fargli conoscere l’uomo che ha trasformato un mediocre funzionario del KGB nel nuovo e inamovibile zar della Russia.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">In una notte moscovita, una delle tante auto scure ferme a un incrocio con il motore acceso porterà l’io narrante in una villa dove l’aspetta Vadim Baranov, pronto a raccontare tutta la sua vita. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiU0240FXfn8wlms5TuyN5w8C4ShudNpO8_qdWFotwcbh_9bQzP-daHc0-HSZiwb09X9qWgrVZvy6HjFx-8FX3u8Ox4uKCfNPxlfhByaAGPIhE556lK5gzv37XYvEhC7cnbs8Sj15atZwuq5oTowHBCoIg1OtEfJjhNPHeFVCw4XjOsHpO3QOVanKmC/s824/mago%20cremlino.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="824" data-original-width="536" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiU0240FXfn8wlms5TuyN5w8C4ShudNpO8_qdWFotwcbh_9bQzP-daHc0-HSZiwb09X9qWgrVZvy6HjFx-8FX3u8Ox4uKCfNPxlfhByaAGPIhE556lK5gzv37XYvEhC7cnbs8Sj15atZwuq5oTowHBCoIg1OtEfJjhNPHeFVCw4XjOsHpO3QOVanKmC/s320/mago%20cremlino.jpeg" width="208" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />E se l’incidente scatenante che stravolge la vita dello studioso di Zamjatin, portandolo al cospetto di uno degli uomini più pericolosi e sfuggenti del regime putiniano, può apparire debole, incardinandosi sulla passione comune per un autore messo al bando dal regime sovietico, nonché sull’imponente egocentrismo del consigliere dell’uomo più narcisista della Russia, il lettore è disposto a chiudere un occhio, in cambio di un accurato e dettagliato racconto dell’ascesa di Vladimir Putin e delle ragioni sociali e culturali che lo hanno incardinato ai vertici del governo del suo Paese.<o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><i><br /></i></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><i>Il mago del Cremlino </i>è una biofiction che si concentra sulla figura di Baranov, questo novello mentore che tenta di guidare il suo Principe fra le insidie del mondo della comunicazione globale, ma che presto scoprirà di essere una delle tante pedine che questo moderno zar ha usato per raggiungere il suo scopo: <b>la creazione di una dittatura democratica</b>, ossia acclamata a gran voce dal popolo alla ricerca dell’uomo forte che risolverà tutti i loro problemi senza chiedere in cambio sacrifici. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Grazie alla storia di Baranov, impareremo anche a conoscere alcune differenze fra la cultura occidentale e quella russa, da non sottovalutare quando si studia il profilo dei suoi rappresentanti. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGvoW1Sw91gCUV4ecc0hDiPbVxJS89M-zgjtd11wEeEbs_HDFLhg8B4pfvHV2RUlIreDBppM5owDtk2h0enZy0sObjQY5cPzQMhBwJkIlnuYycPNVIRS1DJ28TvaumXCLgK0nLI3Hqqe96hB5BLKuWuZmZbgzMKvAnLptoiTeh2l9tLGNnzML2LKch/s1068/Screenshot%202022-11-27%20alle%2011.53.47.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="746" data-original-width="1068" height="224" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGvoW1Sw91gCUV4ecc0hDiPbVxJS89M-zgjtd11wEeEbs_HDFLhg8B4pfvHV2RUlIreDBppM5owDtk2h0enZy0sObjQY5cPzQMhBwJkIlnuYycPNVIRS1DJ28TvaumXCLgK0nLI3Hqqe96hB5BLKuWuZmZbgzMKvAnLptoiTeh2l9tLGNnzML2LKch/s320/Screenshot%202022-11-27%20alle%2011.53.47.png" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Se infatti in Europa i soldi sono spesso la misura del successo di un individuo, per i russi i soldi non contano, ciò a cui tutti puntano è il privilegio. “La vicinanza al potere. Tutto il resto è accessorio. Era già così ai tempi degli zar, e durante gli anni del comunismo ancora di più. Il sistema sovietico era basato sullo status. I soldi non contavano. Ne giravano pochi ed erano in ogni caso inutili: nessuno avrebbe pensato di valutare qualcuno sulla base dei soldi che aveva. Se invece di farti dare la dacia dal partito, la compravi, voleva dire che non eri abbastanza importante perché te ne dessero una gratis. <b>Il punto era lo status non il</b> <b>cash</b>. Chiaramente era una trappola. Perché il privilegio è il contrario della libertà.” <o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhf10JAG-HQ7H55AuvtzPQcFqVkLoWnt-i3aetotb2sVE6oQ0XP3iTl0ryPYp03DlST9hU2M9vzGN3vmM2Lx9rqoBFBNvyoTPz6-hVgl-rNmkRMnf6TO06aKBJtqlo4Dz9Zv13JN-jGQNffuJPdshZ2W4qqWG2uDr3DTwIKunIAY3LImzWc7c3YD90D/s1320/Screenshot%202022-11-27%20alle%2011.58.19.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1320" data-original-width="1206" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhf10JAG-HQ7H55AuvtzPQcFqVkLoWnt-i3aetotb2sVE6oQ0XP3iTl0ryPYp03DlST9hU2M9vzGN3vmM2Lx9rqoBFBNvyoTPz6-hVgl-rNmkRMnf6TO06aKBJtqlo4Dz9Zv13JN-jGQNffuJPdshZ2W4qqWG2uDr3DTwIKunIAY3LImzWc7c3YD90D/s320/Screenshot%202022-11-27%20alle%2011.58.19.png" width="292" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Un popolo, il russo, che di fronte alla domanda: “quali sono i tuoi eroi?” Risponde: Ivan il Terribile, Pietro il Grande, Lenin, Stalin. Non Tolstoj, Puskin, Dostoevskij, nemmeno un cantante o un attore, come potrebbe accadere in Occidente. Solo nomi di dittatori, un gruppo di autocrati sanguinari. È da qui che possiamo iniziare a cercare le radici che hanno portato il popolo russo ad acclamare un nuovo zar. Un uomo che viene scelto per succedere a Eltsin da un gruppo di plutocrati che pensano di aver trovato un burattino attraverso cui esercitare il loro potere. Non si rendono conto che invece stanno spianando la strada a un uomo capace di far esplodere interi palazzi di moscoviti innocenti alla fine degli anni ’90 per generare quel terrore nei confronti dei terroristi ceceni davanti cui si ergerà poi come unica linea di difesa. Perché si esasperi il bisogno di un uomo forte al comando, il popolo deve percepire il pericolo, un pericolo letale e vicino. E se questa mossa porta uno sconosciuto Putin a vincere le elezioni presidenziali al primo turno, non può che consolidarsi in lui l’idea dell’efficacia di questa strategia. Servono quindi nuovi nemici: gli occidentali. Quegli occidentali che non hanno apprezzato il lavoro della Russia per liberare il mondo. È stata la Russia agli occhi di Putin a far cadere il muro di Berlino, la Russia a rendere possibile lo scioglimento del patto di Varsavia e a tendere la mano verso l’Occidente in segno di pace. In cambio i russi avrebbero chiesto solo di essere trattati alla pari, richiesta che l’arroganza degli americani e degli europei ha rimandato al mittente. Ancora una volta lo status e non il cash, che pure l’Occidente ha riversato in Russia (nelle mani di pochissimi), fa la differenza. <o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiF94-u5XWJoeNwTu49azN4H4Ja0-6k9w_O7gAV444FBD-xAotID37iPY7zJe6TkuCtYLJEFcR2pYaKjO1vkmLVGMktmnr5MF1BYVtT_4Hg_kUcdmL1o_GBONLEAGTSiE066GjKpn6ffyYn8VDw5Lcg95GLMYWfWauHMBOYkAKId8w893eeW59SGIxH/s908/Screenshot%202022-11-27%20alle%2011.52.54.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="692" data-original-width="908" height="244" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiF94-u5XWJoeNwTu49azN4H4Ja0-6k9w_O7gAV444FBD-xAotID37iPY7zJe6TkuCtYLJEFcR2pYaKjO1vkmLVGMktmnr5MF1BYVtT_4Hg_kUcdmL1o_GBONLEAGTSiE066GjKpn6ffyYn8VDw5Lcg95GLMYWfWauHMBOYkAKId8w893eeW59SGIxH/s320/Screenshot%202022-11-27%20alle%2011.52.54.png" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Da Empoli guida così il lettore attraverso gli ultimi trent’anni di storia russa, aiutandoci a immedesimarci in un punto di vista che non sarebbe poi così lontano dal nostro, se avessimo vissuto la fine dello scorso secolo a parti invertite. </span><span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="font-family: Calibri, sans-serif; line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="font-family: Calibri, sans-serif; line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><br /></p>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-46903193606596269002022-10-23T10:47:00.001+02:002022-10-23T10:47:35.885+02:00Il mondo è un teatro, il viaggio di William Shakespeare<p><span style="font-family: verdana;">Muoversi fra le pagine del saggio di Bill Bryson, Il mondo è un teatro - la vita e l’epoca di William Shakespeare, (alla sua prima edizione nella collana Saggi best seller di TEA libri e a quattordici anni dalla prima edizione italiana per Guanda - traduzione di Stefano Bortolussi), è un’esperienza elettrizzante non solo per coloro che sono appassionati di teatro elisabettiano, ma per chiunque si volesse immergere in una delle epoche più innovative e dirompenti della civiltà occidentale.<br /> <br /></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8P7ldorP7o53zALiTJ162e94C315Wfu43H9WbtbXAVEjw_dnbIWKHJLlSRNO_icHmsvBwB6Yj_yaYwDSXX4Nt4XQ0-eiapcbbr3yoPJb1gVIxBt5id_tGf89y6SDln1T5YpvmTHJMtRFme6DWogD_lMqeIoQo9Fdg35njd6tYdNam8Av-JUVC561O/s2429/bill%20bryson%20teatro.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2429" data-original-width="1600" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8P7ldorP7o53zALiTJ162e94C315Wfu43H9WbtbXAVEjw_dnbIWKHJLlSRNO_icHmsvBwB6Yj_yaYwDSXX4Nt4XQ0-eiapcbbr3yoPJb1gVIxBt5id_tGf89y6SDln1T5YpvmTHJMtRFme6DWogD_lMqeIoQo9Fdg35njd6tYdNam8Av-JUVC561O/s320/bill%20bryson%20teatro.jpeg" width="211" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Durante i regni dei sovrani britannici Elisabetta I e Giacomo I, caratterizzati dall’inizio del colonialismo e dalle scoperte geografiche, dalla nascita di un impero britannico globale, grazie alla sconfitta dell’invincibile Armada nel 1588 e dalle prime grandi scoperte scientifiche, sono anche ricompresi una settantina di anni di <b>rinascimento culturale inglese </b>(dal 1558 al 1625) che hanno cambiato drasticamente la storia del teatro occidentale, riportando in auge i testi greci e romani, a cominciare da Seneca, e generando una profonda contaminazione fra tragedia e commedia che si concretizzò nel sodalizio fra due simboli della drammaturgia britannica: William Shakespeare e Londra.<br /><b>Pochi luoghi</b>, ci dice Bill Bryson, “<b>possono essere stati al tempo stesso letali e desiderabili come la Londra del sedicesimo secolo</b>”. L’enorme afflusso di viaggiatori e marinai che vi arrivavano rinnovavano la “scorta cittadina di malattie infettive”. La peste era di casa a Londra, un luogo dove le morti superarono le nascite per più di due secoli e solo un nugolo di provinciali ambiziosi che si riversarono fra le sue strade pullulanti ne mantenne la popolosità. Mischiato in questo blob di speranzosi martiri arrivò a Londra anche William Shakespeare. Non sappiamo bene quando e per quale motivo vi arrivò, ma sappiamo che vi giunse e lo spettacolo che lo accolse dovette affascinarlo e spaventarlo assieme.<br /> <br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjszxGMbILsRsUyXkKIJG53B1VgCwZJR7U1pXzCAHuZuZbHu1f7Wh27kV1BBO6AxP0f19TjAppufyq_atjMjDHSv6S56g2iLOll_IcFopb0rMgVmy03VfbZOClPzpg3N1qMDSDsfYGBIBMR3R7pxysnn7mvmLlE7Xqmi8noOLa0VWT_wzpCkzVAu5a-/s480/teatro-globe-shakespeare.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="428" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjszxGMbILsRsUyXkKIJG53B1VgCwZJR7U1pXzCAHuZuZbHu1f7Wh27kV1BBO6AxP0f19TjAppufyq_atjMjDHSv6S56g2iLOll_IcFopb0rMgVmy03VfbZOClPzpg3N1qMDSDsfYGBIBMR3R7pxysnn7mvmLlE7Xqmi8noOLa0VWT_wzpCkzVAu5a-/s320/teatro-globe-shakespeare.jpeg" width="285" /></a></div><br />I libri stampati esistevano da secoli come oggetti di lusso, ma quello fu il periodo in cui divennero accessibili. <b>Nella Londra elisabettiana furono pubblicati settemila titoli</b>, acquistabili spesso per pochi pence grazie alle innovazioni nei metodi di stampa, lo zucchero era diffuso e simbolo di agiatezza, tanto che era comune scurirsi i denti con il carbone per imitare i nobili e le loro carie altolocate; le nobildonne, a cominciare dalla regina, si schiarivano la pelle con prodotti a base di sostanze tossiche come il piombo e lo zolfo; la birra era venduta in ogni luogo e gustarla a colazione in boccali da cinque litri era la norma; il tabacco era la cura per ogni genere di malattia, tanto che per gli studenti di Eton era obbligatorio il suo utilizzo. E poi certamente c’erano <b>i teatri, una novità assoluta</b>. Fino a quel momento le compagnie avevano recitato nei cortili, nelle piazze o nei palazzi della nobiltà, ma non esistevano luoghi deputati ad accogliere esclusivamente rappresentazioni teatrali. Il primo teatro nato a questo scopo in Inghilterra è il Red Lion nel 1567 a Whitechapel, sobborgo di Londra, seguito dal Theatre di John Brayne e di un falegname che sarebbe divenuto un’istituzione fra gli impresari londinesi (James Burbage) nel 1576. Così, quando Shakespeare arrivò a Londra, probabilmente alla fine degli anni ’80 del Cinquecento i sobborghi della città (era vietato costruire teatri nelle mura della city) erano tappezzati da teatri e concerie, oltre che da bordelli e manicomi. Insomma, da quel crogiolo di reietti e folli che avrebbero costituito la base spumeggiante dei protagonisti del teatro inglese.<br /> <br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnYHSMvsmWTZMzDgZigI6mLiCRoqwNgXlj6AzWsVYGun47z0t36ti9HvAJtKAdUOpoGV-TcHtyk9Ty8LCGd459Jjuf6tjc4enIPwPJerNaT0MVPqrcJcPgAsRnsTf5MYomQ1Vr9LYtWdPNeXsrCpcRVjsyroOKpUQcoDfTwlCLx5DM-mqcBG8bckUI/s1062/640px-First_Folio.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1062" data-original-width="640" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnYHSMvsmWTZMzDgZigI6mLiCRoqwNgXlj6AzWsVYGun47z0t36ti9HvAJtKAdUOpoGV-TcHtyk9Ty8LCGd459Jjuf6tjc4enIPwPJerNaT0MVPqrcJcPgAsRnsTf5MYomQ1Vr9LYtWdPNeXsrCpcRVjsyroOKpUQcoDfTwlCLx5DM-mqcBG8bckUI/s320/640px-First_Folio.jpeg" width="193" /></a></div><br />Gli spettacoli iniziavano alle due del pomeriggio e gli spettatori erano raccolti nelle strade grazie a un convincente servizio di strilloni e volantinaggio. I biglietti costavano 1 penny, in un mondo in cui la paga giornaliera era di dodici pence e quindi decisamente accessibili. Non c’erano scenografie, né sipario, per questo le scene e l’ambientazione dovevano essere introdotte da qualche “pennellata verbale” per aiutare la fervida immaginazione degli spettatori a entrare nella storia. Le opere duravano molto di più di quanto siamo abituati, la storia di Amleto aveva bisogno di quasi cinque ore per dipanarsi, una sfida per il pubblico ma anche per i teatranti che dovevano memorizzare migliaia di battute e di storie, visto che era pratica comune per una compagnia recitare più opere in parallelo a giorni alterni. E se una compagnia, come quelle in cui ha lavorato Shakespeare, recitava fino a trenta opere diverse a stagione, questo avrebbe voluto dire per un attore memorizzare quindicimila versi, oltre a ogni passo di danza, stoccata e cambio costume con i relativi tempi di messa in scena: un impegno enorme. Fra le tante compagnie esistenti a Londra nel XVI secolo vanno ricordati gli Admiral’s Men e i Lord Chamberlain’s Men (il teatro era vietato alle donne), fra cui spiccavano talenti come John Heminges, che avrebbe curato la prima pubblicazione delle opere di Shakespeare nel 1623 (<a href="https://www.shakespeare.org.uk/explore-shakespeare/shakespedia/shakespeares-works/shakespeares-first-folio/">In-folio</a>), e Will Kemp, per cui Shakespeare ha scritto molti dei suoi ruoli comici.<br />Ma <b>quando debuttò Shakespeare sui palcoscenici londinesi?</b><br /> <br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTepY-C5IBSnGVP3QRKNCrkL4ArbtiWy0QCYuXz7Rnw-KpY4m73b-mYnJn8JlaORCZTI9G0_WHaZvyr_TJ53PNfbQKCwOK7C04aAXLWDCfly5Tl0wJq0Wtd8buxJQ1EwvaGhuyJAwXD7KTCprydEu526gtTzL0TXYr5fjTOMLWWvbiSzOgIGQpATU5/s1500/Hamlet%20Zeffirelli.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1500" data-original-width="1003" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTepY-C5IBSnGVP3QRKNCrkL4ArbtiWy0QCYuXz7Rnw-KpY4m73b-mYnJn8JlaORCZTI9G0_WHaZvyr_TJ53PNfbQKCwOK7C04aAXLWDCfly5Tl0wJq0Wtd8buxJQ1EwvaGhuyJAwXD7KTCprydEu526gtTzL0TXYr5fjTOMLWWvbiSzOgIGQpATU5/s320/Hamlet%20Zeffirelli.jpeg" width="214" /></a></div><br />Le ipotesi sono molteplici e nessuna abbastanza solida da non essere stata messa in discussione. In qualche momento fra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 del Cinquecento. Né andrebbe meglio se ci chiedessimo <b>quale fu la prima opera del bardo ad essere messa in scena</b>: La commedia degli errori, I due gentiluomini di Verona, La bisbetica domata, Enrico VI e la lista potrebbe allungarsi ancora perché i riferimenti a eventi storici nelle sue opere non sono significativi. Shakespeare è famoso per prendere idee e riferimenti a fatti storici accattivanti da opere precedenti. E spesso la sua ispirazione andava ben oltre l’idea, appropriandosi di interi passi di autori precedenti, alcuni casi per tutti la trascrizione di ampie parti di Giulio Cesare e Antonio e Cleopatra dalle traduzioni di Plutarco di Thomas North, nonché l’inserimento ne La tempesta di pagine e pagine di una popolare traduzione di Ovidio, passi presi di peso da Ludovico Ariosto, fino ad alcune famose battute di Come vi piace ‘rubate’ parola per parola dai testi di Marlowe. Va detto che questa pratica era comune in un periodo in cui i diritti d’autore non esistevano e la proprietà delle opere messe in scena era della compagnia e non dell’autore. In cambio di questi ‘prestiti’ Shakespeare ci ha regalato decine di opere di una forza, passione e pervasività impareggiabile in cui aveva l’indiscussa <b>capacità di fotografare le emozioni umane</b> infilando “una frase dentro l’altra”, confondendo periodi e metafore, perché la sua mente correva libera e prima che un’idea avesse rotto il proprio guscio, un’altra veniva covata, cominciando a chiedere a gran voce di essere portata alla luce. </span><p></p>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-33220470364036909432022-09-04T11:10:00.020+02:002022-09-07T11:52:31.438+02:00L’ultimo atto del signor Beckett <p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Entrare nella mente di Samuel Beckett è il sogno di chiunque abbia assistito alla messa in scena di una sua opera. Un’immaginazione così divergente e inarrestabile da trasformare il silenzio più oscuro e denso dell’animo umano in un palcoscenico di voci interiori che danno corpo alle domande schivate per una vita. <i>Aspettando Godot, Finale di partita, L’ultimo nastro di Krapp</i> e (il mio testo teatrale favorito) <i>Giorni felici </i>(ricordo la <a href="https://www.youtube.com/watch?v=-44RLP_iqYE" style="color: #954f72;">messa in scena di Bob Wilson</a> con una Adriana Asti in stato di grazia al Festival dei due mondi di Spoleto) ci <b>costringono a osservarci, mentre sguazziamo nel quieto vivere, sotterrati fino al collo dalle nostre paure, aspettando un salvatore esterno che non esiste</b>.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIRbm6O3Vz_JbK5M8pZx_AoXcQo-9SHQbk97b6O0Ab5LjOKRPQbxCPvCKQQ7Ll1fdhkXNKIxkFW8xtBak-O-7Xuzs_yX7asKEJQQhPuiV3O-UARvS8v8Eh_GleIU86WYlrrMyJngy1p-wah_tkTsO-kYZRwAXCWD65kdeLwObp_IpqI1eW4CNl_MAE/s848/l'ultimo%20atto.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: verdana;"><img border="0" data-original-height="848" data-original-width="600" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIRbm6O3Vz_JbK5M8pZx_AoXcQo-9SHQbk97b6O0Ab5LjOKRPQbxCPvCKQQ7Ll1fdhkXNKIxkFW8xtBak-O-7Xuzs_yX7asKEJQQhPuiV3O-UARvS8v8Eh_GleIU86WYlrrMyJngy1p-wah_tkTsO-kYZRwAXCWD65kdeLwObp_IpqI1eW4CNl_MAE/s320/l'ultimo%20atto.jpeg" width="226" /></span></a></div><span style="font-family: verdana;"><br /></span><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Per questo, quando la giornalista francese <a href="https://www.theguardian.com/books/2022/jun/16/yell-sam-if-you-still-can-by-maylis-besserie-review-samuel-beckett-paris-nursing-home" style="color: #954f72;">Maylis Besserie</a> ha esordito con il romanzo <i>L’ultimo atto del signor Beckett </i>(pubblicato in Italia da <a href="https://www.voland.it/libro/9788862434768">Voland</a> nella collana <i>Amazzoni</i> e tradotto da Daniele Petruccioli), in cui racconta <b>gli ultimi giorni di Samuel Beckett</b> nella casa di riposo Tiers-Temps a Parigi, città che ha amato e in cui ha vissuto in esilio dalla sua Irlanda per cinquant’anni, non ho potuto sottrarmi a questa lettura. Vincitore del Premio Goncourt 2020 opera prima, <i>L’ultimo atto del signor Beckett</i>, ci fa entrare nella testa del grande scrittore e drammaturgo irlandese, premio Nobel per la letteratura nel 1969, mentre la sua vivida immaginazione danza con la memoria, infischiandosene delle proteste di un corpo ormai allo stremo. <o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAXFftab6dW9UQ7hnh1ZwXCH1On-NsWMiqeeO32CZkN4MCh2CCZKfzlcgQN-jpnVvO9jdCbSuDNUt-ALTioL9IMH1sgHly8qWMTO6P-bPsvsto7TOcKmYgXQdTq02ZsLytT51xxvkuXnkLktH0JeFbKCp5_cY-Bhdbo5NBJwgXT4sjzwDjD4V61ZUz/s238/Giorni%20felici.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Adriana Asti inGiorni Felici di Bob Wilson" border="0" data-original-height="238" data-original-width="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAXFftab6dW9UQ7hnh1ZwXCH1On-NsWMiqeeO32CZkN4MCh2CCZKfzlcgQN-jpnVvO9jdCbSuDNUt-ALTioL9IMH1sgHly8qWMTO6P-bPsvsto7TOcKmYgXQdTq02ZsLytT51xxvkuXnkLktH0JeFbKCp5_cY-Bhdbo5NBJwgXT4sjzwDjD4V61ZUz/s16000/Giorni%20felici.jpeg" /></a></span></div></div><span style="font-family: verdana;"><br />È così che Maylis Besserie, mescolando abilmente realtà e finzione, ci fa correre insieme a Beckett fra le strade della sua Irlanda, dietro i monti di Wicklow, mentre “scavalca la notte” nei suoi scarponi, riempendosi le tasche di sassolini. Ci fa sedere dietro di lui nella casa di Parigi o di Ussy ad ascoltare ciò che scrive. “Un’orecchia grande, insieme a una bocca, bellissima che mi ascoltava. Ascoltava le parole uscirmi dalla testa a mano a mano che le scrivevo, dopodiché mi dava il suo parere”. Ci fa navigare fra i suoi ricordi al volante della Due Cavalli grigia con la capote “bucherellata dagli astri e dalle intemperie, attraverso cui l’aria passava come un alito di libertà” che lo sospinge fino a casa.<o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Ci ricorda che <b>le parole vanno scelte e usate con cura perché che si usurano</b>, “si consumano. Come il culo dei pantaloni. Come il cuore”, per non doversi svegliare un giorno in un letto bianco, circondato da altri letti pallidi in una casa di gesso a fissare un foglio vuoto.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">E le visite mediche, l’alimentazione forzata, la fisioterapia con cui un nugolo di camici azzurri cerca di prolungare la vita di un uomo “finito nella vita per errore e rimasto al mondo per negligenza” è osservata da Beckett con stupore per chi tenta l’impossibile per salvare una vecchia carcassa, quando è la brodaglia di pensieri che vi ribolle dentro a preoccuparlo. Terrore dagli occhi di felce che ronza instancabile nelle orecchie. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"></p><div style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-biaqNydT56kTTtLpNqV9XdVYq8TMd8B0xnNqLRZvdE04JPd3V6P__oTKzZVBnqNLBsAVOWLYwSFb-rIPk85lGGPqSYZMUxbLYxl2K9OCAaPdWXM_NbjS29NHfIEHW56xpfsTUKidfhJfLpsCRNPGGz5b9qe5kh2GJN5i8auMbTpI-l01PacfAGik/s1500/SB%20fondazione%20fendi.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: verdana;"><img alt="Fonte: Fondazione Alda Fendi" border="0" data-original-height="1500" data-original-width="1000" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-biaqNydT56kTTtLpNqV9XdVYq8TMd8B0xnNqLRZvdE04JPd3V6P__oTKzZVBnqNLBsAVOWLYwSFb-rIPk85lGGPqSYZMUxbLYxl2K9OCAaPdWXM_NbjS29NHfIEHW56xpfsTUKidfhJfLpsCRNPGGz5b9qe5kh2GJN5i8auMbTpI-l01PacfAGik/w213-h320/SB%20fondazione%20fendi.jpeg" title="https://fondazionealdafendi-esperimenti.it/index.php/gli-esperimenti/2019-exp/?lang=en" width="213" /></span></a></div><span style="font-family: verdana;"><br /></span><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Maylis Besserie ci offre un balcone privilegiato da cui osservare <b>l’elettricità che percorre senza sosta una delle menti più brillanti e innovative del XX secolo</b>, senza risparmiarci gli errori, le ipocrisie, le debolezze e i rimpianti dell’uomo che di quella mente è il proprietario. Ed è qui la forza di questo testo, che diventa una raccolta di esercizi per l’immaginazione alla portata di chiunque sia disposto a sbaragliare sé stesso. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana; text-align: left;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGGAXc91V56nLrKXEcfuzi4SOex7Sm2wvie-A0RUwXI0E05TaYKNQhN6l-S05PbevruKQ6MbfqLtuM59pSuuS72lvvRhv6fnVWsb155TJucg9609aGpcqtUx0IcIRRL7ojGSTZqMBt49VWla5fYnAckkL9iria8Yukfl_coQ_5ePd1Xy2F757O7kVM/s3902/estratto_signor%20beckett.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: verdana;"><img border="0" data-original-height="2219" data-original-width="3902" height="182" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGGAXc91V56nLrKXEcfuzi4SOex7Sm2wvie-A0RUwXI0E05TaYKNQhN6l-S05PbevruKQ6MbfqLtuM59pSuuS72lvvRhv6fnVWsb155TJucg9609aGpcqtUx0IcIRRL7ojGSTZqMBt49VWla5fYnAckkL9iria8Yukfl_coQ_5ePd1Xy2F757O7kVM/s320/estratto_signor%20beckett.jpg" width="320" /></span></a></div><span style="font-family: verdana;"><br />Con la giusta dose di empatia, ammirazione e tenerezza, Maylis Besserie, trasforma un reportage in un atto di amore per l’uomo Beckett, ancor prima che per il drammaturgo, ricordandoci che <b>è dall’errore che nasce l’illuminazione</b>.</span><p></p><p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 13px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><br /></p>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-86622522122358943302022-07-24T07:30:00.013+02:002022-07-24T07:30:00.170+02:00La pericolosa casa di marzapane di Jennifer Egan in cui siamo immersi fino al collo<p style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><span style="color: #454545; text-align: justify;">“La collettività è come la gravità, quasi nessuno può resistervi”.</span><span class="Apple-converted-space" style="color: #454545; text-align: justify;"> </span></span></p><p class="p1" style="color: #454545; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhi_DXLowy9p9EkEnIKZbR2LorDbVONHVShfyAbSulv9LfDdYoxMXQBrELyYhHvea-M8UCs1ugIKLkLT7-jxKNTiRWTMRWOvfkfQrE5CUSwueHaclu-OS4IlNWx-dhPwug2cL2DuIG5_ymzXfY0Fl5AqBatoCNxMxPZjQdGeu7G7R7lHWQYNMI-E_1x/s658/Schermata%202022-07-23%20alle%2018.55.23.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="658" data-original-width="448" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhi_DXLowy9p9EkEnIKZbR2LorDbVONHVShfyAbSulv9LfDdYoxMXQBrELyYhHvea-M8UCs1ugIKLkLT7-jxKNTiRWTMRWOvfkfQrE5CUSwueHaclu-OS4IlNWx-dhPwug2cL2DuIG5_ymzXfY0Fl5AqBatoCNxMxPZjQdGeu7G7R7lHWQYNMI-E_1x/s320/Schermata%202022-07-23%20alle%2018.55.23.png" width="218" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />È da questa frase di Jennifer Egan che vorrei partire per muovere i primi passi alla scoperta del suo ultimo romanzo <a href="https://www.theguardian.com/books/2022/apr/28/the-candy-house-by-jennifer-egan-review-new-tech-old-wounds"><span class="s1" style="color: #e4af0a;"><i>La casa di marzapane</i></span></a><i> </i>(edito in Italia da Mondadori, traduzione di Gianni Pannofino), sentiero di storie intrecciate che assomiglia più a una raccolta di racconti finemente sovrapposti che a un romanzo, in cui riemergono alcuni personaggi del libro più famoso della Egan, <a href="https://jenniferegan.com/books/a-visit-from-the-goon-squad/"><span class="s1" style="color: #e4af0a;"><i>Il tempo è un bastardo</i></span></a><i>, </i>premiato con il Premio Pulitzer e il National Book Award nel 2011<i>,</i> in cui l’autrice raccontava la storia di Bennie Salazar ex musicista e discografico di successo e della sua assistente Sasha, passando rapidamente dagli anni ’70 alla prima decade del XXI secolo. Muovendosi in un’ottica circolare più che lineare, Jennifer Egan dava vita a decine di storie che creavano un mondo totalmente indipendente e affascinante in cui immergersi e scoprire come la tecnologia e i social avrebbero influenzato non solo la nostra vita, ma la lingua che avremmo usato per comunicare e scrivere.<span class="Apple-converted-space"> </span></span><p></p><p class="p2" style="color: #454545; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="p1" style="color: #454545; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCvrr_0T_oBLe8OMaiS1sAeULz1KtNIT0mDoW0TXUu44M9_VMusNzKnKJcpfsjXAS0HoVABfbWLz-OoyJFN60mzxp1OQ6a-BH80xpA5UaXrqxH-Rjs8ohF5DoybSiHjmbAogVBO3-z4zrVtHT8c9zejVz9c_ViTtVaB0rf3oY-bzgsNijmRakx_bJh/s412/Schermata%202022-07-23%20alle%2019.00.33.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="412" data-original-width="334" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCvrr_0T_oBLe8OMaiS1sAeULz1KtNIT0mDoW0TXUu44M9_VMusNzKnKJcpfsjXAS0HoVABfbWLz-OoyJFN60mzxp1OQ6a-BH80xpA5UaXrqxH-Rjs8ohF5DoybSiHjmbAogVBO3-z4zrVtHT8c9zejVz9c_ViTtVaB0rf3oY-bzgsNijmRakx_bJh/s320/Schermata%202022-07-23%20alle%2019.00.33.png" width="259" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />La logica sottesa a <i>La casa di marzapane </i>è simile, qui abbiamo Bix Bouton, novello Steve Jobs, che nel 2010 ha dato il via a quello che sarebbe diventata la prima forma di coscienza collettiva. La piattaforma di Bouton permette infatti di creare un back-up dei propri ricordi in cloud e di accedere, in cambio della loro condivisione, alla memoria collettiva formata dai ricordi di tutti gli utenti. Questo permette ai protagonisti delle storie cesellate dalla Egan di crogiolarsi nei loro ricordi aumentati dalle memorie di chi ha partecipato a crearli. Così i figli possono finalmente sapere cosa pensasse il padre quando gli ha fatto quel regalo inaspettato o come la propria sorella non abbia capito la loro sofferenza quando li ha traditi o perché i loro amici sono riusciti a superare un ricordo traumatico che li accomuna. Ma le aspettative, si sa, nascondono una propria idea soggettiva di giustizia che si scontra con quella altrui e scoprire cosa avessero in mente le persone quando hanno compiuto un’azione per noi fondamentale è assai rischioso. E se per gli altri quel momento fosse stato insignificante? Reggeremmo all’impatto?<span class="Apple-converted-space"> </span></span><p></p><p class="p2" style="color: #454545; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="p1" style="color: #454545; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtYkLcqCElCZtLsFudHL5EXr_q71LwXKzHB7sQnUhCBT4mm7M9wJHMlcoJetlUUSvpngX8hFudyqkzNEFiSBQk5k15-1REYt3NVfsikyTgBv3OUwnk-2R2Eo4jxgrxM2gvo6EfC1BkW-_0kponY_03bS5_Y9155FonGY52pbds6uPPMTOl2UYudyyv/s426/Schermata%202022-07-23%20alle%2018.57.36.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="426" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtYkLcqCElCZtLsFudHL5EXr_q71LwXKzHB7sQnUhCBT4mm7M9wJHMlcoJetlUUSvpngX8hFudyqkzNEFiSBQk5k15-1REYt3NVfsikyTgBv3OUwnk-2R2Eo4jxgrxM2gvo6EfC1BkW-_0kponY_03bS5_Y9155FonGY52pbds6uPPMTOl2UYudyyv/s320/Schermata%202022-07-23%20alle%2018.57.36.png" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Legati da questi scottanti segreti (che non sono più tali), i personaggi delle storie della Egan racchiuse ne <i>La casa di marzapane </i>non sanno nemmeno chi incolpare per il loro dolore, poiché la memoria creata da Bouton è collettiva e come tale senza responsabilità. Il lettore segue le singole aspettative infrante, ritrovandosi in esse e sperando fino alla fine che qualcosa cambi, sconvolgendo la certezza di aver creato una bolla di collettività che sa tutto di noi pur non provando per il nostro destino alcuna emozione.</span><p></p><p class="p1" style="color: #454545; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><div style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Influenzati dalle immaginifiche e acute storie di <a href="https://www.sulromanzo.it/blog/la-mirabile-mano-sinistra-del-buio-di-ursula-k-le-guin"><span class="s1" style="color: #e4af0a;">Ursula K. Le Guin</span></a> avremmo sperato in un approfondimento maggiore dell’idea delle due correnti che si fronteggiano: i contatori (che tracciano e sfruttano le aspettative delle persone a fine commerciali) e gli elusori (che hanno capito quanto costi affidare a una collettività senza nome i propri ricordi), ma lo spunto della Egan viene riassorbito dalle storie dei singoli personaggi non lasciando traccia, allo stesso modo alcune storie ci sono sembrate cariche di possibilità inesplorate, come se l’autrice avesse voluto condensare in un romanzo troppe buone idee narrative, sacrificandone così il respiro.</span></div><p></p><p class="p3" style="color: #454545; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="p3" style="color: #454545; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-E79XrYvoNYQYNSU6ABB15GQXkS1kiEMnCXN11pCVyLD0sEG_0HTTYBldA70P69HwzOapU8N8fB2NAXJDmiAKK4oFDjxpnERWo2IVJRklrOZR3vdDc5euHoobjOowhiSoMATDPNGEyky_SlreBz_Dp5V16f_Dmm415Hs8cEiQ5ubpLSfg8WOJ4LMH/s651/Schermata%202022-07-23%20alle%2019.03.04.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="492" data-original-width="651" height="242" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-E79XrYvoNYQYNSU6ABB15GQXkS1kiEMnCXN11pCVyLD0sEG_0HTTYBldA70P69HwzOapU8N8fB2NAXJDmiAKK4oFDjxpnERWo2IVJRklrOZR3vdDc5euHoobjOowhiSoMATDPNGEyky_SlreBz_Dp5V16f_Dmm415Hs8cEiQ5ubpLSfg8WOJ4LMH/s320/Schermata%202022-07-23%20alle%2019.03.04.png" width="320" /></a></span></div><div style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span><span style="font-family: verdana;">In questa casa di marzapane virtuale in cui abbiamo fatto di ognuno di noi il protagonista, il regista, lo sceneggiatore e lo scenografo della propria vita, stiamo scoprendo, ci ricorda Jennifer Egan, che ogni morso che diamo alla casetta ci avvicina un po’ di più al pentolone del tempo che ci bollirà, non per mangiarci come la strega di Hansel e Gretel, ma solo per fare spazio ad altre comparse convinte che il valore della propria vita risieda nella possibilità di raccontarsi a prescindere dalla presenza di qualcuno disposto ad ascoltarle.</span></div><p></p><p><br /></p>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-47309669914541279932022-06-26T13:58:00.023+02:002022-07-11T18:04:31.318+02:00Il lettore con la penna e gli ultimi americani<p><span style="font-family: verdana;"><span style="color: #454545; text-align: justify;"><b>Ci sono diversi tipi di lettori, io sono quello con la penna</b>.</span></span></p><p><span style="font-family: verdana;">Come un cane da tartufo, mi immergo nel prato di parole offerte dall’autore del libro che ho in mano e mi metto alla ricerca di una gemma nascosta fra le migliaia di segni neri che per convenzione mirabile il nostro cervello traduce in azioni, emozioni e ideali, in poche parole in storie.</span> </p><p></p><p class="p1" style="color: #454545; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Ci sono diversi tipi di <b>gemme: narrative</b>, quando la storia raccontata è così ben costruita da sorprenderti e soddisfarti al contempo; <b>emotive</b>, quando un personaggio ti trafigge cuore e mente con le sue scelte e i suoi errori così a fondo che non vorresti più staccartene; <b>linguistich</b>e, quando le parole messe in fila dall’autore sono scelte con tale perizia stilistica o oratoria da conficcarsi fra i reticoli neuronali del lettore per sempre. Quando il mio naso da <b>lettore-segugio</b> s’imbatte in una di queste gemme, sguaina una penna o una matita per sottolineare o riscrivere le frasi che più lo hanno colpito sui bordi delle pagine, unite a uno scroscio di domande. Più domande ci sono sui bordi delle pagine di un romanzo, più quella storia si è guadagnata un posto nella libreria delle riletture.<span class="Apple-converted-space"> </span></span></p><p class="p2" style="color: #454545; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="p1" style="color: #454545; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6IU3PNPh4J5eFFtOOgBLtgGkhCZctggNST7dw4YoYdvN-YNHWicQ7KnrETI4CkwyIdPfbwP7pYRBHzW0jRR_1X8BlD9uEhObk7LkT0euahoAlQzq17JXvVvOe5n7xU8_Pix01fPGAKL7AFnEhL7dMQzyH3AITzra4kaEPch_lBWLD5LKN3j3l-bE8/s623/Schermata%202022-07-04%20alle%2013.03.40.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="623" data-original-width="411" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6IU3PNPh4J5eFFtOOgBLtgGkhCZctggNST7dw4YoYdvN-YNHWicQ7KnrETI4CkwyIdPfbwP7pYRBHzW0jRR_1X8BlD9uEhObk7LkT0euahoAlQzq17JXvVvOe5n7xU8_Pix01fPGAKL7AFnEhL7dMQzyH3AITzra4kaEPch_lBWLD5LKN3j3l-bE8/s320/Schermata%202022-07-04%20alle%2013.03.40.png" width="211" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Il nuovo romanzo di Arianna Farinelli (<a href="https://www.mondadori.it/libri/gli-ultimi-americani-arianna-farinelli/"><span class="s1" style="color: #e4af0a;"><i>Gli ultimi americani</i></span></a><i> </i>– edito da Mondadori) è decisamente un romanzo da lettore con la penna, perché ha scatenato la mia libidine scrittoria più di una volta, soprattutto per il linguaggio che utilizza, in cui <b>l’amore dell’autrice per la letteratura e i suoi protagonisti (lo scrittore e il lettore) permea l’intera narrazione</b>. Da lettore onnivoro e insaziabile, soprattutto di storie che uniscono l’urgenza della narrazione a una sapiente costruzione della trama, non posso che scoprire in Arianna Farinelli un mio simile. Innumerevoli sono le citazioni, a cominciare dal titolo del romanzo che si riferisce alla raccolta di poesie della beat generation curata dalla grande Fernando Pivano (<a href="https://www.lafeltrinelli.it/poesia-degli-ultimi-americani-testo-libro-vari/e/9788807813450"><span class="s1" style="color: #e4af0a;"><i>Poesia degli ultimi americani</i></span></a><i>)</i>, che si trovano in questo romanzo (da autori come Sartre, Borges, Márquez, Lee Masters, Majakovskij, fino a registi<span class="Apple-converted-space"> </span>come Bergman, Godard e Wertmüller) disseminati dall’autrice nella storia di Alma, Lola e il loro comune amore (lo <i>Scrittore</i> senza nome)<i>, </i>facendo di queste coprotagoniste lo specchio perfetto in cui il lettore si può riconoscere.<span class="Apple-converted-space"> </span></span><p></p><p class="p2" style="color: #454545; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="p1" style="color: #454545; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7EWRHDf-KWtreq8ItRDopuSoCX8P9F57NJ08AHTaO1CAqGNMkNL9PsZjYgd-ikumtz0KEfqnqi2pYQJPTlTVr3v0SIF-lY-XacNqnZ0B1Do9vbDhh7W4OVifi6LCY-X9eFx32x3-MBZ5auyoMM7FF6oBJjr2Po5GUsjv5NaPzrMn2dD1kytj67GCO/s509/Schermata%202022-07-04%20alle%2013.05.41.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="509" data-original-width="314" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7EWRHDf-KWtreq8ItRDopuSoCX8P9F57NJ08AHTaO1CAqGNMkNL9PsZjYgd-ikumtz0KEfqnqi2pYQJPTlTVr3v0SIF-lY-XacNqnZ0B1Do9vbDhh7W4OVifi6LCY-X9eFx32x3-MBZ5auyoMM7FF6oBJjr2Po5GUsjv5NaPzrMn2dD1kytj67GCO/s320/Schermata%202022-07-04%20alle%2013.05.41.png" width="197" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Attraverso le loro sofferenze, i loro ideali granitici eppure traditi, il loro amore al limite dell’ammirazione priva di giudizio per il ‘loro’ <i>Scrittore</i>, entriamo nelle loro vite, quelle delle <i>ultime americane</i>, “necessarie all’economia del Paese e poi improvvisamente inutili”, poiché mai come in questo periodo storico (la storia è ambientata ai nostri giorni fra Stati Uniti, Colombia e Italia) <b>il sistema democratico che ha promesso per secoli la possibilità di riscatto </b>(o almeno di sopravvivenza) agli immigrati provenienti da tutto il mondo (gli Stati Uniti) <b>sembra essere entrato in una crisi profonda da cui non è capace di uscire</b>, facendo sentire la maggioranza degli americani e degli occidentali sperduti di fronte a questa debolezza.<span class="Apple-converted-space"> </span></span><p></p><p class="p1" style="color: #454545; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">E se lo <i>Scrittore</i> ci ricorda che non è mai stato facile distinguere fra bene e male e che spesso “il meglio e il peggio dell’umanità” si mescola come affluenti dello stesso fiume di anime in cerca di un senso per continuare a lottare, <b>usciamo dalla lettura di questo romanzo con un sano senso di angoscia che ci porta a dubitare delle nostre convinzioni</b>, già messe a dura prova da pandemie e guerre, domandandoci se potremmo ancora contare su coscienze vivide e capaci di mettersi in discussione come i personaggi di questo romanzo. Soprattutto <b>le due donne attorno a cui ruota <i>Gli ultimi americani</i></b>, Lola e Alma, <b>sono capaci di mettersi in discussione continuamente e a esporsi per i loro ideali</b>.<span class="Apple-converted-space"> </span></span></p><p class="p2" style="color: #454545; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="p1" style="color: #454545; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEigqnq7GH2AmBddGavJ_y4nx52UB5OQH8QGpiHuX1LCisv7IjIWW2RVMXoqXb8pU9yArt5UjIS2HVxFE1_8jbcemOqIcD-5NpL6BJvTzGDSa5rdV-2djvzwNLzVBj2bM2_IMJkLjWgtDOtJ7Bt7EYDes_QtOp2drTXdPNKa9h55aP4j0egUobxQteoO/s494/Schermata%202022-07-04%20alle%2013.13.47.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="418" data-original-width="494" height="271" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEigqnq7GH2AmBddGavJ_y4nx52UB5OQH8QGpiHuX1LCisv7IjIWW2RVMXoqXb8pU9yArt5UjIS2HVxFE1_8jbcemOqIcD-5NpL6BJvTzGDSa5rdV-2djvzwNLzVBj2bM2_IMJkLjWgtDOtJ7Bt7EYDes_QtOp2drTXdPNKa9h55aP4j0egUobxQteoO/s320/Schermata%202022-07-04%20alle%2013.13.47.png" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Riusciremmo anche noi a fare lo stesso? Metteremo in discussione quel piccolo giaciglio di benessere che abbiamo conquistato per fare ciò che riteniamo giusto? Domande, fra le migliori che questa storia ha ispirato e che ci fanno dimenticare alcuni rallentamenti del ritmo della storia dovuti alla quantità di subplot che Farinelli innesta nel flusso narrativo e che possono essere bacino fertile per i prossimi romanzi che ci offrirà.<span class="Apple-converted-space"> </span></span><p></p><p class="p1" style="color: #454545; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span class="Apple-converted-space"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></span></p><p class="p1" style="color: #454545; font-family: "Helvetica Neue"; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span class="Apple-converted-space"><br /></span></p><br /><p></p>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-17662247435691675332022-04-24T07:30:00.008+02:002022-04-27T14:25:38.658+02:00La mirabile mano sinistra del buio di Ursula K. Le Guin<p style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><span style="text-align: justify;">Quando si pensa alla fantascienza, la nostra immaginazione va ai viaggi nel tempo, alle guerre tra pianeti lontani e a mondi in cui i robot prendono il potere su esseri umani privi di limiti e prospettiva. Pensiamo insomma a film come</span><span style="text-align: justify;"> </span><i style="text-align: justify;">Blade Runner, Alien, Ritorno al futuro </i><span style="text-align: justify;">e</span><i style="text-align: justify;"> Star Wars</i><span style="text-align: justify;"> </span><span style="text-align: justify;">o ai romanzi di Jules Verne e Philip K. Dick, solo per citare due fra i più famosi autori di science fiction del XIX e XX secolo. Una linea sottile divide questo universo narrativo dal fantasy, storie che non sono ambientate in un futuro profetico e autodistruttivo, ma in un universo parallelo presente in cui magia, draghi e cavalieri dei tempi feudali la fanno da padrone (alcuni esempi per tutti R. R. Tolkien, C. S. Lewis e J. K. Rowling). C’è poi chi ha attraversato più volte questo</span><span style="text-align: justify;"> </span><b style="text-align: justify;">confine</b><span style="text-align: justify;"> </span><span style="text-align: justify;">che, come tutti i suoi simili, è un</span><span style="text-align: justify;"> </span><b style="text-align: justify;">limite artificioso fra due lembi della stessa storia</b><span style="text-align: justify;">, riuscendo a far superare al lettore ogni idea e preconcetto su cosa debba essere un romanzo.</span><span style="text-align: justify;"> </span><span style="text-align: justify;"> </span></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiBOAzq9dHL1PIXrYT8cbLY4K6vDtxlDFgny2gl7m1ojlObGKZgAW_PgtdpKX4Q652bWG3l-u_CT-elSuKnskIvTL0uIYkhrkNgnaC44eEZFEZyt6eS5wOqG_okTW3ukWdjIi3muLfM3HDxJf9wHOM5pBARrxJJaL9EdN7MHwjzYclQvSxPQd6zpANQ/s1535/la%20mano%20sinistra%20del%20buio.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1535" data-original-width="1000" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiBOAzq9dHL1PIXrYT8cbLY4K6vDtxlDFgny2gl7m1ojlObGKZgAW_PgtdpKX4Q652bWG3l-u_CT-elSuKnskIvTL0uIYkhrkNgnaC44eEZFEZyt6eS5wOqG_okTW3ukWdjIi3muLfM3HDxJf9wHOM5pBARrxJJaL9EdN7MHwjzYclQvSxPQd6zpANQ/s320/la%20mano%20sinistra%20del%20buio.jpeg" width="208" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Sto parlando di Ursula K. Le Guin, scrittrice americana, classe 1929, che con il suo <i>La mano sinistra del buio </i>(nella nuova<i> </i>traduzione di Chiara Reali con postfazione di Nicoletta Vallorani – appena riproposto da Mondadori nella collana Oscar Cult)<i> </i>chiarisce fin dalla prefazione cosa intenda per fantascienza: un esperimento immaginifico che permetta all’autore di descrivere la realtà che vede. La sua realtà naturalmente che, come quella di ogni essere vivente, è una bugia. Ma se il lettore crederà in questa bugia, nelle azioni e nei pensieri di persone che non esistono, riuscendo persino a fremere per le loro paure e a esultare per i loro successi, ebbene avremo dimostrato che <b>la realtà non è altro che immaginazione allo stato puro</b>. <o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><o:p><span style="font-family: verdana;"> </span></o:p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6Kz_AYQW6GV2_-8wHDpz9FGXOFNN6bHAM2kxoxubRrJOaLmyko4770YvE3GalpegJ3utqio2yhEoCNXExTags0RO-_ExfWp9mw8hKJRvbx95H3eJjwg5s_Wy0R5nh3r2OYrEtNG9a1olwbTneUcxCpx0e8akQrdN3BmdVqKT6I1GPQ_UG0EErrGLI/s512/ursula%20k%20le%20guin.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="512" data-original-width="430" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6Kz_AYQW6GV2_-8wHDpz9FGXOFNN6bHAM2kxoxubRrJOaLmyko4770YvE3GalpegJ3utqio2yhEoCNXExTags0RO-_ExfWp9mw8hKJRvbx95H3eJjwg5s_Wy0R5nh3r2OYrEtNG9a1olwbTneUcxCpx0e8akQrdN3BmdVqKT6I1GPQ_UG0EErrGLI/s320/ursula%20k%20le%20guin.png" width="269" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Partendo da questo presupposto, Ursula K. Le Guin ci porta a conoscere un possibile mondo futuro, in cui una federazione di pianeti (l’Ecumene) manda suoi emissari a cercare nuove popolazioni da accogliere. È così che sul pianeta Inverno arriva il rappresentante dell’Ecumene Genly Ai deciso a convincere un gruppo di popolazioni litigiose, invidiose e pronte a dichiararsi guerra al più piccolo segno di tradimento a unirsi nel nome di un benessere collettivo che si realizzerà in un futuro lontano. Ritrovandosi in un luogo gelido e inospitale, non soltanto dal punto di vista climatico, l’emissario dell’Ecumene dovrà confrontarsi con differenze culturali, politiche, economiche e sociali sempre più evidenti e divisive in cui la lingua usata per comunicare è l’ultimo dei problemi. <o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Il popolo di Inverno ha scelto diverse forme di governo, dalla monarchia assoluta alle oligarchie, fino alle città stato autogestite, in cui tutti hanno diritto a un lavoro e l’inoperosità è impossibile, nessuna appare però priva di problemi o di corruzione. Genly Ai si trova in difficoltà anche di fronte al concetto di sessualità applicato su Inverno, dove ogni suo abitante è tenuto in uno stato di limbo semi permanente, per evitare le reazioni scomposte e la violenza che genera l’istinto sessuale. Come interagire con esseri umani ermafroditi che possono trasformarsi in uomini o donne, a seconda della convenienza biologica, nel loro periodo di accoppiamento (kemmer)? E se fossero capaci di violenze e gelosie tipiche degli esseri che sono caratterizzati, come l’emissario dell’Ecumene, da una sessualità sempre attiva? <b>Dove sta allora la differenza fra i membri dell’Ecumene e gli abitanti di Inverno?</b><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><o:p><span style="font-family: verdana;"> </span></o:p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTS5NgUicG9P-W5UXwcv3_nrDs6RL8HDAylgYWSM5gyrr4AwSXpAIlGQ73eyaCmj32-ydyv_IESLkTk8OKst7jzTMnqS6q2L4xfDZ-P_YS7Xp2uMzZ4nyN--Bwj_Jy8HHzvevdQqC1G6xBXkYF7-hzBBFUu5qIsiLy8I-Xx09R3SAvsJbT8_NWJkY7/s1548/Fantascienza.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1298" data-original-width="1548" height="268" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTS5NgUicG9P-W5UXwcv3_nrDs6RL8HDAylgYWSM5gyrr4AwSXpAIlGQ73eyaCmj32-ydyv_IESLkTk8OKst7jzTMnqS6q2L4xfDZ-P_YS7Xp2uMzZ4nyN--Bwj_Jy8HHzvevdQqC1G6xBXkYF7-hzBBFUu5qIsiLy8I-Xx09R3SAvsJbT8_NWJkY7/s320/Fantascienza.png" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />E sull’analisi di questo interrogativo che si regge l’intera storia creata con maestria stilistica e narrativa da <a href="https://www.ursulakleguin.com/biography" style="color: #954f72;">Ursula K. Le Guin</a> che ci pone di fronte a scelte di campo sempre più difficili e vitali, man mano che la storia procede, dimostrando quanto questo romanzo, scritto nel 1969 e vincitore del Premio <a href="https://nebulas.sfwa.org/award-year/1969/" style="color: #954f72;">Nebula</a> e <a href="https://www.thehugoawards.org/hugo-history/1970-hugo-awards/" style="color: #954f72;">Hugo</a> (i premi più importanti per i romanzi di fantascienza), sia ancora potentemente attuale. Temi come <b>la diversità di genere</b> e i conflitti di cui è portatrice, la guerra, i <b>regimi autocrati</b> in mano a leader così autocentrati da non vedere ciò che gli accade attorno, <b>il rifiuto degli stranieri</b> alle frontiere, l<b>a predominanza della fama e del sentito dire sulla cultura e la gentilezza, rendono questo romanzo una lettura imprescindibile </b>per chiunque voglia muoversi nella sua bolla di realtà armato di spilli per forarla e scappare nell’immaginazione di qualcun altro. <o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><o:p><span style="font-family: verdana;"> </span></o:p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEicSbc__Q80YsZf2X-_OpVXfU1zGTIGXgV-7Np42ht-MyFxex4ZNzL9C9TkiRFmU4lMbf-pDd8LtKDhR4bjbM7WZ34ancLARpgsm0pipX2TkijVSlnTz0nBaGhy22UG8m9N-IMvGY0Q9eVpLpxSPXsiWHmc2uYO6nMXuYuScELIOj_p4MJ3dMeRhSFi/s1240/Drago%20guardian2121.jpg.webp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="744" data-original-width="1240" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEicSbc__Q80YsZf2X-_OpVXfU1zGTIGXgV-7Np42ht-MyFxex4ZNzL9C9TkiRFmU4lMbf-pDd8LtKDhR4bjbM7WZ34ancLARpgsm0pipX2TkijVSlnTz0nBaGhy22UG8m9N-IMvGY0Q9eVpLpxSPXsiWHmc2uYO6nMXuYuScELIOj_p4MJ3dMeRhSFi/s320/Drago%20guardian2121.jpg.webp" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Grazie alla sua ottima capacità introspettiva, nata anche dalla passione della Le Guin per Virginia Woolf, l’autrice de <i>La mano sinistra del buio </i>ci accompagna nei meandri più oscuri dell’animo umano, costringendo i suoi personaggi (e noi con loro) a guardare al futuro attraverso lo specchio degli errori passati e presenti, trasformando la storia di Genly Ai e del suo nemico-amico Estraven in un romanzo di formazione in cui la meraviglia sta nel diventare consapevoli dei propri preconcetti per iniziare a svuotarli di significato. Non ci sorprende quindi che alla Le Guin si siano ispirati molti autori che hanno fatto dell’incontro fra ‘diversi’ e del romanzo di formazione la loro casa, a cominciare da quella J. K. Rowling che dal romanzo <i style="color: #954f72;"><a href="https://www.ursulakleguin.com/a-wizard-of-earthsea" style="color: #954f72;">Il mago di Earthsea</a> </i><i></i>ha tratto più di <a href="https://www.theguardian.com/books/2003/sep/24/buildingachildrenslibrary.booksforchildrenandteenagers">un’ispirazione per creare il suo <i>Harry Potter</i></a>. </span><span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><o:p></o:p></span><p></p>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-78296646147066923212022-03-27T11:21:00.012+02:002022-04-02T11:41:42.548+02:00I Corpi minori di Jonathan Bazzi<p dir="ltr" style="line-height: 1.2; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">La copertina del nuovo romanzo di Jonathan Bazzi (</span><a href="https://www.raicultura.it/letteratura/articoli/2022/02/Jonathan-Bazzi-Corpi-minori-c4fc3dec-fdbc-409a-9b8e-42fa3e0d997b.html" style="text-decoration: none;"><span style="background-color: transparent; color: #0563c1; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration-skip: none; text-decoration: underline; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Corpi minori</span></a><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">– edito da Mondadori) raffigura una moltitudine di corpi aggrovigliati attorno a quello che a prima vista può sembrare un buco nero, ma che, a uno sguardo più attento, si rivela un cielo stellato, richiamando alla mente il famoso dialogo shakespeariano fra Amleto e Orazio su quanto ci sia per l’essere umano ancora da scoprire del mondo, se si ha l’apertura mentale per accoglierlo. </span></span></p><p><b id="docs-internal-guid-bf8a5e18-7fff-93ba-ec6d-73acd63c5b2f" style="-webkit-text-size-adjust: auto; -webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; orphans: auto; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; word-spacing: 0px;"></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b id="docs-internal-guid-bf8a5e18-7fff-93ba-ec6d-73acd63c5b2f" style="-webkit-text-size-adjust: auto; -webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; orphans: auto; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; word-spacing: 0px;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPUGAYMywA63FXuFeFVLhn7uRvgREcQoCIhy5fo94-mhG_5u26vWUSG-MMMeP-9nl7XHkFqULrhb3o6O62GP8cO7BYAIlCuCTv8UZ4qsE1lTr_BZgR0eXZLXX58-UypzgLoBTzwjWDJyfwoFJV60tRwo_WdS24cFqNBsVEIpjvlNLPpnyZBbfbdzYh/s400/i_corpi_minori_di_jonathan_bazzi_2.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="260" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPUGAYMywA63FXuFeFVLhn7uRvgREcQoCIhy5fo94-mhG_5u26vWUSG-MMMeP-9nl7XHkFqULrhb3o6O62GP8cO7BYAIlCuCTv8UZ4qsE1lTr_BZgR0eXZLXX58-UypzgLoBTzwjWDJyfwoFJV60tRwo_WdS24cFqNBsVEIpjvlNLPpnyZBbfbdzYh/s320/i_corpi_minori_di_jonathan_bazzi_2.jpeg" width="208" /></a></b></div><p></p><p dir="ltr" style="line-height: 1.2; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">È proprio da questo tema che vorrei partire avvicinandomi alla seconda opera di Jonathan Bazzi (dopo il clamore che generato da </span><a href="https://premiostrega.it/PS/jonathan-bazzi/" style="text-decoration: none;"><span style="background-color: transparent; color: #0563c1; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration-skip: none; text-decoration: underline; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">La febbre</span></a><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">e la candidatura al Premio Strega) che narra le relazioni sentimentali di un ventenne nella ‘Rozzangeles’ dei primi anni del XXI secolo (come l’autore chiama Rozzano, comune dell’hinterland milanese). Un luogo pericoloso e inospitale per un ragazzo che non si sa imporre con la forza e si sente fuori posto negli schemi sociali e culturali che la famiglia prima e la società poi tentano di imporgli (sessualità, lavoro, soldi, carriera). Per questo l’eroe queer di questa storia cerca di scappare da quel mondo ordinario per conquistare la scintillante metropoli che si estende oltre la torre di duecento metri di cemento della TIM che presidia Rozzangeles. </span></span></p><p><b style="-webkit-text-size-adjust: auto; -webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; orphans: auto; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; word-spacing: 0px;"></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b style="-webkit-text-size-adjust: auto; -webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; orphans: auto; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; word-spacing: 0px;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRMTvSizzE7Blhd0JtscfE16Mp1lUucM1-0zYJRDqCSkGQeZVIVzXoswVF-VRyDfsM9xrik0XVETrsK1G9PKtvslEWQWv7ajXTfUUToMAiFTFNDT0rHW_coRNVG0LH3br5aiWVS1oIaR76L3-r-gYcr3bTyjKztfbb2Y57tmBKcENwSM4r47IN4tBB/s1736/Human.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1056" data-original-width="1736" height="195" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRMTvSizzE7Blhd0JtscfE16Mp1lUucM1-0zYJRDqCSkGQeZVIVzXoswVF-VRyDfsM9xrik0XVETrsK1G9PKtvslEWQWv7ajXTfUUToMAiFTFNDT0rHW_coRNVG0LH3br5aiWVS1oIaR76L3-r-gYcr3bTyjKztfbb2Y57tmBKcENwSM4r47IN4tBB/s320/Human.jpg" width="320" /></a></b></div><p></p><p dir="ltr" style="line-height: 1.2; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><span style="font-family: verdana;">A Milano spera di trovare un futuro migliore in cui essere se stesso, senza doverne temere le conseguenze e senza dover accettare le etichette che gli altri gli impongono. Agganciato a un’idea di amore totalizzante, il protagonista passa di rapporto in rapporto e di appartamento in appartamento alla ricerca della scintilla eterna che lo farà sentire realizzato, completo, ma come ci dice lo stesso Bazzi uscire dalla propria zona di comfort per entrare in territori emotivamente inesplorati, <b>fare delle scelte “significa omettere, sacrificare. Gli adulti sono tutti amputati”</b>. Non va meglio sul fronte della realizzazione personale. La filosofia, lo yoga, l’insegnamento, ogni futuro possibile si scompone subito in una miriade di possibilità fra cui decidere sembra impossibile. Fluido nei suoi pensieri così come nei suoi obiettivi, il personaggio creato da Jonathan Bazzi si perde nel flusso interminabile di idee e di infiniti se stessi che vorrebbe realizzare senza avere il tempo di metterli a fuoco. </span></span></p><p><b style="-webkit-text-size-adjust: auto; -webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; orphans: auto; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; word-spacing: 0px;"></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b style="-webkit-text-size-adjust: auto; -webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; orphans: auto; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; word-spacing: 0px;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3VoiNT-i-qXtcBLYCD0cyG6PJiZhx0bmk0h6GgIZ7BxI40AhNleXAaXOFfI06P34TWLFp7lmbX3uM1TxstIi9uBIbhSj2nRvhHiLO30cUDrsXYn8zao-jU0YJI6Qxp0VfwtsCN2TM_uJNEn3g1eqYYnttQAWQeX5txTzLC9ScRj87OIP1sKFzH1t6/s424/PS20_Bazzi_Cover.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="424" data-original-width="300" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3VoiNT-i-qXtcBLYCD0cyG6PJiZhx0bmk0h6GgIZ7BxI40AhNleXAaXOFfI06P34TWLFp7lmbX3uM1TxstIi9uBIbhSj2nRvhHiLO30cUDrsXYn8zao-jU0YJI6Qxp0VfwtsCN2TM_uJNEn3g1eqYYnttQAWQeX5txTzLC9ScRj87OIP1sKFzH1t6/s320/PS20_Bazzi_Cover.jpeg" width="226" /></a></b></div><p></p><p dir="ltr" style="line-height: 1.2; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><span style="font-family: verdana;">Tutto scorre davanti agli occhi della voce narrante, mischiandosi con strade e quartieri di una <b>Milano feroce e competitiva</b>, che riserva la sua polvere di stelle a chi è disposto a tutto pur di ottenerla, a chi punta al suo obiettivo con una tenacia granitica in cui il dubbio è un nemico e mettersi in discussione è una forma inutile di debolezza, riservata agli emarginati, a quei corpi minori che arrivano qui dalle periferie italiche e europee alla ricerca di uno spazio senza riuscire a essere accettati da Milano anche se vivono a Milano, riducendosi a “un granello di niente”. </span></span></p><p><b style="-webkit-text-size-adjust: auto; -webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; orphans: auto; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; word-spacing: 0px;"></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b style="-webkit-text-size-adjust: auto; -webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; orphans: auto; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; word-spacing: 0px;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg64O6rzMnkP4KM_LTfCv9DS86kgFpQrEP92Q-Cp1QQvmXwv_lbaUWk0DPfRs9rffg4jSOae2S6aYCCGiKGZroAXRgp95OQlYZj40Vx9gcpoprlR0mVip6YVavulqOv4KNkF-pOyRNJXge2j9Xlds0EE2EuJGhWpR7fmN9-xfDkOL63obfpPonVBLpc/s400/i_corpi_minori_di_jonathan_bazzi_3.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="211" data-original-width="400" height="169" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg64O6rzMnkP4KM_LTfCv9DS86kgFpQrEP92Q-Cp1QQvmXwv_lbaUWk0DPfRs9rffg4jSOae2S6aYCCGiKGZroAXRgp95OQlYZj40Vx9gcpoprlR0mVip6YVavulqOv4KNkF-pOyRNJXge2j9Xlds0EE2EuJGhWpR7fmN9-xfDkOL63obfpPonVBLpc/s320/i_corpi_minori_di_jonathan_bazzi_3.jpeg" width="320" /></a></b></div><span style="font-family: verdana; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; text-align: justify; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><p><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; vertical-align: baseline;">Con una prima persona che trasforma il suo fitto flusso di pensiero in scrittura senza apparenti filtri, ritornando su alcuni temi più e più volte nel corso del romanzo, Jonathan Bazzi rischia, a volte, di ingolfare la mente del lettore, come se volesse aprirgli una vista sul suo multiverso e poi fornirgli una guida per esplorarlo che non lascia spazio a deviazioni. È un peccato perché con questo romanzo Bazzi ci apre una porta sul mondo delle personalità queer, provando a uscire dalla soggettività di chi non si sente né maschio né femmina, mostrando non solo la comunità da proteggere e i soprusi subiti, ma anche le ombre, le contraddizioni e la crudeltà che la rende umana. Con i suoi racconti di voracità sessuale, gelosie, nevrosi, paure e manie, l’autore di </span><span style="font-style: italic; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; vertical-align: baseline;">Corpi minori </span><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; vertical-align: baseline;">tenta di aggiornare il nostro immaginario emozionale dimostrandoci che, come diceva <a href="http://imago2punto0.blogspot.com/2018/07/la-musica-delle-parole-di-emily.html" target="_blank">Emily Dickinson</a>, </span><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; vertical-align: baseline;"><b>la bugia è uno squallido esilio in cui non possiamo continuare a vivere</b></span><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; vertical-align: baseline;">. </span></p></span><p></p><p><br class="Apple-interchange-newline" /></p><p><span style="font-family: verdana;"><a href="https://www.sulromanzo.it/blog/i-corpi-minori-di-jonathan-bazzi" target="_blank">Link a post su sulromanzo</a></span></p>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-60038636028577193432022-02-13T07:30:00.001+01:002022-02-13T07:30:00.205+01:00“Billy Summers”, l’ultimo fossile di Stephen King<p><span style="font-family: verdana;"><span style="text-align: justify;">Le storie sono come fossili sepolti, esistono già, sta all’autore tirarle fuori dalla terra causando il minor danno possibile. Parola di Stephen King che, aprendo la sua sconfinata cassetta degli attrezzi da cercatore di tesori (nel famoso saggio </span><a href="https://www.sperling.it/libri/on-writing-stephen-king" style="color: #954f72; text-align: justify;"><i>On writing</i></a><i style="text-align: justify;">),</i><span style="text-align: justify;"> ci dice che <b>i romanzi nascono dalla combinazione di tre elementi</b> fondanti: il flusso degli eventi che costituiscono la narrazione, la descrizione della realtà in cui si muove la storia e i dialoghi che danno vita ai personaggi. La trama non fa parte di questa lista, poiché la costruzione ex ante di uno schema in cui incardinare la storia, farebbe, secondo l’autore di storie indimenticabili come <i>Misery, La zona morta </i>e<i> Il miglio verde, </i>perdere autenticità ai personaggi e alla voce narrante.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjJcjd5pK4bGkN8QOQbHzfkhH2dPy0LKVsiblukcWGyZaYk-pZttiVmv81zjzBz3F-dOveH0aWA8w9tfyyqrotHCa1kfn_mjlsn4EJBMSKR0X019R3FKuj1SFGHGE_n_0AfIoc_gdW3jzzoHkoxsvi69Q-2h7CYcdkJip5I_rcBL3draU56KC9kZte7=s1390" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1390" data-original-width="946" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjJcjd5pK4bGkN8QOQbHzfkhH2dPy0LKVsiblukcWGyZaYk-pZttiVmv81zjzBz3F-dOveH0aWA8w9tfyyqrotHCa1kfn_mjlsn4EJBMSKR0X019R3FKuj1SFGHGE_n_0AfIoc_gdW3jzzoHkoxsvi69Q-2h7CYcdkJip5I_rcBL3draU56KC9kZte7=s320" width="218" /></a></div><br /><span style="font-family: verdana;">Immaginiamo che Stephen King abbia costruito la sua ultima fatica letteraria (<a href="https://www.theguardian.com/books/2021/aug/04/billy-summers-by-stephen-king-review-his-best-book-in-years" style="color: #954f72;"><i>Billy Summers</i></a><i> </i>– edito da Sperling & Kupfer con la traduzione di Luca Briasco) allo stesso modo. Il flusso degli eventi che porta Billy Summers, sicario dal cuore tenero assoldato – con una cifra milionaria – per uccidere un collega, è potente e vi</span><span style="font-family: verdana;">tale. Fatti, fatti, fatti e ancora fatti, un flusso di eventi strapazza e alla fine sconvolge il piano di Billy che pensava con questo ultimo incarico di ritirarsi. Billy è meticoloso nella preparazione e attento a non mostrare i suoi punti deboli a nessuno.</span><p></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgeI-bgEpQDqHDQCc0QQYw64Gk0QIZWucu6ZKJ_MjN37W6m7TubEaOPzrMwbVQantURV9Zaj9DsybZ9_KNEiCYnxMuwX9QDR0-sgqzwzb2uTK2e-4L0ffJOhsxKaiRLhtafBmpiwHecYhYYw9FObyo7riDWnAyf3itgIkCXV3T4MgUrRv3kwvw7pXAC=s958" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="958" data-original-width="616" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgeI-bgEpQDqHDQCc0QQYw64Gk0QIZWucu6ZKJ_MjN37W6m7TubEaOPzrMwbVQantURV9Zaj9DsybZ9_KNEiCYnxMuwX9QDR0-sgqzwzb2uTK2e-4L0ffJOhsxKaiRLhtafBmpiwHecYhYYw9FObyo7riDWnAyf3itgIkCXV3T4MgUrRv3kwvw7pXAC=s320" width="206" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br /></span><span style="font-family: verdana;">Amante della letteratura e lettore accanito, gira con un fumetto nella tasca dei pantaloni e modifica il suo modo di parlare per corrispondere all’identikit che i suoi clienti hanno in mente (l’ex marine in cerca di un modo veloce per guadagnare tanti soldi). Eppure, con questo incarico, Billy sembra compiere tutti gli errori di un principiante: fa amicizia con i suoi vicini di casa mentre si prepara all’omicidio, affezionandosi ai loro figli; inizia a credere davvero alla copertura che gli viene assegnata, lo scrittore esordiente, scrivendo un libro autobiografico che fa venire allo scoperto tutte le sue ferite; aiuta una ragazza che viene abbandonata davanti alla sua porta in una notte di pioggia, facendo saltare la sua copertura. </span><b style="font-family: verdana;">Più errori fa, più imprevisti gli capitano, più il lettore empatizza con lui.</b><span style="font-family: verdana;"> È così che Stephen King trasforma il prototipo di un cattivo nell’eroe “positivo” della storia, con i fatti.</span><p></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Anche la descrizione della realtà in cui si muove la storia è sempre presente, precisa senza essere didascalica o predominante in perfetto stile King, bravissimo a farci vedere una città, un bosco, un appartamento o il viso di una persona attraverso pochi immediati particolari che ne determinano la funzione e il carattere, lasciando a noi e alla nostra immaginazione il piacevole compito di riempire gli spazi vuoti. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhQxUJAv5RVx-KBcakMtYlKvpwPTPNGiS3J40DfGrJr_UQHHWknR6ps6m62qYBkkoJnECGeydUC0VBp768QsJ6Ab6xQIHneUbhV0mq_gwayVmgi41u-dCBRYUKhn7vj1wamfONxcFBfO5FsuLO4F8JAnI6qf-yCfxiQuzfqTU7LNECO5AN9mjVwNj-j=s1452" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="778" data-original-width="1452" height="171" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhQxUJAv5RVx-KBcakMtYlKvpwPTPNGiS3J40DfGrJr_UQHHWknR6ps6m62qYBkkoJnECGeydUC0VBp768QsJ6Ab6xQIHneUbhV0mq_gwayVmgi41u-dCBRYUKhn7vj1wamfONxcFBfO5FsuLO4F8JAnI6qf-yCfxiQuzfqTU7LNECO5AN9mjVwNj-j=s320" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />E poi ci sono i dialoghi. Stephen King sostiene che <b>non si può mentire con i dialoghi</b>, un lettore capisce subito se sono “veri”, quelli che potrebbe orecchiare per strada fra due persone che litigano, ridono o corrono mano nella mano passandogli accanto. E non possiamo che essere d’accordo con lui. I suoi dialoghi sono i personaggi. Leggendoli capiamo subito chi sta parlando, di che umore è, se è in imbarazzo, arrabbiato, felice, speranzoso. E lo capiamo attraverso un linguaggio dove l’aggettivo si sfila per concedere la strada al sostantivo che da solo identifica e potenzia l’azione. In questo Stephen King è maestro. Potranno non piacere i suoi personaggi o le sue storie, ma difficilmente potremo dire che i suoi dialoghi non siano realistici, facendoci subito immedesimare con i suoi personaggi.<o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">È così che in poche pagine ci siamo già affiliati al clan di Billy Summers, anche se è un assassino a pagamento e frequenta gangster. E tifiamo per lui dall’inizio alla fine, travolti dal flusso di eventi che Stephen King intreccia gli uni negli altri lasciandoci senza fiato. E spesso non sappiamo perché leggiamo questa storia che sin dall’inizio sembra portarci verso una fine precisa, ma non ci interessa, <b>non è la destinazione a premerci, quanto il viaggio</b>, la possibilità di restare in compagnia di Billy e della miriade di personaggi che l’autore ci offre in dono, riuscendo sempre a personalizzarli, a farceli toccare. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Si è scritto molto di questo ultimo libro di Stephen King, che si sia allontanato dalla sua vena horror e pulp per abbracciare un classico thriller alla Grisham, altri hanno visto nel personaggio di Billy Summers lo stesso King che cercherebbe, con questo romanzo, di redimersi agli occhi della critica internazionale che l’ha sempre etichettato come autore di “genere”, come se questa fosse una pecca da cui redimersi.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgFBB8abdKA7pWt_aO7NfPfJTkyasqnICOC9d3M-3McS_9-EkkEM2GILLHn1LrmReFFb1fxmGhSIIrfVkSWUiccRjQNEnDNXu8KCfGPzz2RlnH3PRRH48kViVBHGiiqcD0OhILr2f3YCS_VpnrCoWjdl6Mnhow9czHha0kpa_DYNa10tIZwGV1lT9gz=s1026" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="742" data-original-width="1026" height="231" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgFBB8abdKA7pWt_aO7NfPfJTkyasqnICOC9d3M-3McS_9-EkkEM2GILLHn1LrmReFFb1fxmGhSIIrfVkSWUiccRjQNEnDNXu8KCfGPzz2RlnH3PRRH48kViVBHGiiqcD0OhILr2f3YCS_VpnrCoWjdl6Mnhow9czHha0kpa_DYNa10tIZwGV1lT9gz=s320" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Stephen King è un grande scrittore, <b>capace di divertirsi anche e soprattutto quando crea</b>, di lasciare libero il flusso della storia, senza incatenarsi in generi e aspettative. Potreste dire che se lo può permettere perché famoso, vero, ma penso lo abbia sempre fatto e comunque se lo sia meritato. <o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Io so che questo libro dovevo proprio finirlo e ogni volta che lo mettevo sul comodino perché ormai era notte fonda e il giorno dopo non sarei riuscito ad alzarmi, lo facevo con un senso di colpa, come se le mie poche ore di sonno non valessero la necessità di sapere come andava a finire la storia. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">«La scrittura è sempre al suo meglio se è a metà fra gioco e ispirazione». Beh, Mr. King, obiettivo raggiunto.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="font-family: Calibri, sans-serif; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="font-family: Calibri, sans-serif; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif;"><br /></span></p>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-43693292422918565462021-12-26T15:00:00.003+01:002021-12-26T15:00:00.180+01:00L’estate oltre la siepe di Tiffany McDaniel<p><br /></p><p class="MsoNormal" style="font-family: Calibri, sans-serif; line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><o:p></o:p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><span style="text-align: left;">Ci sono libri che ci accompagnano per anni, compagni silenziosi che, al momento giusto ci risuonano dentro, mettendoci di fronte alle nostre paure, sfidandoci a combatterle per difendere i nostri valori con decisioni che possono cambiare il nostro modo di guardare alla vita.</span><span style="text-align: left;"> </span></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjpEDdysPTcV0IE3DidolGyeHwFvx9kIpdNHy6NILh2GhelobAeMZ2Y4eLSFKOB6tYOf9KqOn3XXE6BCTnd76je1WKFccSFd_WeL2W8AZo8kD7RqKb7Pu4WBqAyEHr3sLWF8N3-hNmP5n27qUgVW52aRW9NL-2MxuvYtlZnGeYIPNgvvLXFF8rbaJxL=s3739" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3739" data-original-width="2804" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjpEDdysPTcV0IE3DidolGyeHwFvx9kIpdNHy6NILh2GhelobAeMZ2Y4eLSFKOB6tYOf9KqOn3XXE6BCTnd76je1WKFccSFd_WeL2W8AZo8kD7RqKb7Pu4WBqAyEHr3sLWF8N3-hNmP5n27qUgVW52aRW9NL-2MxuvYtlZnGeYIPNgvvLXFF8rbaJxL=s320" width="240" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Quando ne incontriamo uno sul nostro cammino (e sono molto pochi) ci sorprendiamo, riscoprendo il potere della parola scritta se chi la padroneggia ha dietro di sé non solo la capacità di costruire una trama solida e dei personaggi tridimensionali, ma un bisbiglío incessante nelle orecchie che pretende di prendere vita. È questa la sensazione che abbiamo leggendo <a href="https://www.tiffanymcdaniel.com/the-heat-1" style="color: #954f72;"><i>L’estate che sciolse ogni cosa</i></a><i> </i>di Tiffany McDaniel (edizioni di Atlantide – traduzione di Lucia Olivieri).</span><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgD1fITMsVXsz-2Hm5HE8jlUR_2X7WIHdHLlNVi95srojUY1TQKNV5n7Mn2jAJ6lDESnMnS3-xoV2Ep_EIGtWPb4htEnJlyQMdDD_CEi6xki_e3EsN0ji9eKDdN0OOusHrsSkpBJd5UHAesQB5k0Fc_v88-e8dyiNokXr_Zovr-_mxoAnGbgkujgPH4=s1344" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="896" data-original-width="1344" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgD1fITMsVXsz-2Hm5HE8jlUR_2X7WIHdHLlNVi95srojUY1TQKNV5n7Mn2jAJ6lDESnMnS3-xoV2Ep_EIGtWPb4htEnJlyQMdDD_CEi6xki_e3EsN0ji9eKDdN0OOusHrsSkpBJd5UHAesQB5k0Fc_v88-e8dyiNokXr_Zovr-_mxoAnGbgkujgPH4=s320" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Autopsy Bliss, avvocato pronto a setacciare il mondo in cerca del male e sicuro di saperlo riconoscere, fa pubblicare una lettera sul giornale locale in cui invita il diavolo a Breathed, paesino dell’Ohio in cui vive insieme alla sua famiglia. <o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Siamo nell’estate del 1984, la famiglia Bliss è attorno al tavolo per la colazione e uno dei figli di Autopsy (Fielding, la voce narrante) legge sul giornale la lettera scritta dal padre. Una delle tante scelte originale di Autopsy per scuotere la comunità, nessuno, ci racconta Fielding, si sarebbe aspettato che il diavolo accettasse quell’invito, presentandosi a casa Bliss con le sembianze di un ragazzino di colore dagli occhi verdi, con delle strane cicatrici vicino alle scapole, come se qualcuno gli avesse tagliato le ali. Affascinante e misterioso, il piccolo Lucifero è pronto a dispensare la sua millenaria esperienza alla famiglia Bliss, che se ne innamora, accogliendolo come membro onorario. Un ragazzo così gentile, triste e maturo non può essere il diavolo, dove sono le corna, gli zoccoli e il forcone? Allora perché insiste nel proclamarsi il principe delle tenebre, salito dall’inferno sulla Terra per trascorrere un po’ di tempo con la famiglia Bliss? Ed è un caso che dal giorno del suo arrivo un’estate rovente abbia avvolto Breathed? <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">I Bliss non sono gli unici a porsi queste domande, l’intero paese è in fibrillazione per l’arrivo del ragazzino-demonio e presto eventi inattesi e drammatici cominciano a manifestarsi a Breathed, come se il male vi avesse fatto il nido.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><o:p><span style="font-family: verdana;"> </span></o:p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: center;"><img alt="Tiffany McDaniel" height="233" src="https://i.guim.co.uk/img/media/f6cf7cd48b531ff6e27a370c0c22305196e4425c/0_960_3648_2118/master/3648.jpg?width=465&quality=45&auto=format&fit=max&dpr=2&s=72b02287d5831775fe0355465c4b00f4" title="Fonte: https://www.theguardian.com/books/2016/sep/22/tiffany-mcdaniel-the-novel-was-there-saying-let-me-out" width="400" /></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Con uno stile che si ispira a Stephen King e Neil Gaiman, <a href="https://www.theguardian.com/books/2016/sep/22/tiffany-mcdaniel-the-novel-was-there-saying-let-me-out" style="color: #954f72;">Tiffany McDaniel</a> prova a incrociare thriller e romanzo gotico, generando un flusso narrativo che avvolge il lettore, accompagnandolo nei meandri più oscuri dell’animo umano, dove la differenza fra bene e male, così apparentemente granitica nella mente di Autopsy Bliss, si sgretola davanti alla possibilità di osservare gli eventi dal punto di vista di chi quel ‘male’ lo ha commesso. Con in mente questo tema, l’autrice de <i>L’estate che sciolse ogni cosa</i> mette i suoi personaggi in difficoltà, costringendoli a capire fino a che punto sono capaci di tener fede alle loro idee anche quando vanno contro il pensiero dominante. Riecheggiano qui due romanzi che fanno da fondale alla storia: <i>Il buio oltre la siepe </i>di Harper Lee e <i>1984</i> di George Orwell, da cui Tiffany McDaniel attinge temi e domande.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><o:p><span style="font-family: verdana;"> </span></o:p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgB__NePDdvQqRoxig_-IA4CDYXwsrqoqpFh746WFW-Hf1Aj4rmGMlsNXp02Wl8_kyPn8baHBThd-e1nxJhC6kvltS8Et_yoebnCWk7r63OioYaJGkWhrkSYUmdKPs55BQS1LhssXqXCIgB9ed-lbOcjnKvhC6-io32KR7y1NAOv6u23g5kqZzxxjg7=s400" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="266" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgB__NePDdvQqRoxig_-IA4CDYXwsrqoqpFh746WFW-Hf1Aj4rmGMlsNXp02Wl8_kyPn8baHBThd-e1nxJhC6kvltS8Et_yoebnCWk7r63OioYaJGkWhrkSYUmdKPs55BQS1LhssXqXCIgB9ed-lbOcjnKvhC6-io32KR7y1NAOv6u23g5kqZzxxjg7=s320" width="213" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />La grande forza di questo romanzo risiede però nella lingua e nel registro utilizzati. Con incipit spiazzanti, micro-racconti nascosti nelle pieghe della storia, metafore ardite e la capacità di illuminare una pagina con frasi che il lettore avrà la necessità di rileggere per gustarne la squisita fattura, Tiffany McDaniel crea una ragnatela emotiva in cui è difficile non impigliarsi. E sebbene a volte si percepisca la voglia dell’autrice di colpire a tutti i costi il lettore, con giravolte linguistiche che spezzano il ritmo narrativo o frasi ad effetto, che sembrano essere urlate dal pulpito della morale puritana, la pagina ne guadagna in qualità e musicalità. Come dimenticare le verande che si trasformano in “orti di chiacchiere” o le voci che si fanno da parte “come briciole trascinate via da un bancone”? Leggere <i>L’estate che sciolse ogni cosa </i>è una caccia al tesoro in cui ogni lettore troverà le sue piccole gemme e, pazienza, se lo scavo sarà stato più laborioso del previsto. <o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="font-family: Calibri, sans-serif; line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><br /></p>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-18878610253814361452021-11-07T07:30:00.009+01:002021-11-07T07:30:00.163+01:00Il colpevole di cui abbiamo bisogno. Passeggiata nel bosco narrativo di Alessandro Piperno.<p><span style="font-family: verdana;"><span style="text-align: justify;">Di chi è la colpa?</span><span style="text-align: justify;"> </span></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">È attorno a una delle nostre domande preferite che <a href="http://imago2punto0.blogspot.com/2017/10/il-manifesto-del-libero-lettore-e.html" style="color: #954f72;">Alessandro Piperno</a> costruisce il suo ultimo romanzo (<i>Di chi è la colpa</i> – Mondadori). Quando qualcosa d’inatteso ci fa deviare dall’idea di noi stessi che vorremmo irradiare, che sia un fallimento professionale o personale, la perdita di uno status, la scomparsa di una persona cara su cui contavamo, questa domanda ci rimbalza nel cervello come una biglia d’acciaio in un flipper, alla spasmodica ricerca di qualcuno (diverso da noi stessi) a cui dare la colpa. Ne abbiamo bisogno per dare un senso alle nostre giornate e continuare a credere che la maschera che abbiamo scelto per presentarci al mondo sia l’unica possibile. </span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /><o:p></o:p></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiA_nIBPImc0J54CAHzmFZMEO-AAgze5C_vfrHbI92oJbDn9HSGJyfY5MsBkuFiNiD7K0-F58P0Csoj04CWw7G6M_FWnEx53JUE7jla5HOrX3ekVhOESClgIdYdcGSxtixG3yR2H2lFydQ/s2048/di+chie+e%25CC%2580+la+colpa.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: verdana;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1887" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiA_nIBPImc0J54CAHzmFZMEO-AAgze5C_vfrHbI92oJbDn9HSGJyfY5MsBkuFiNiD7K0-F58P0Csoj04CWw7G6M_FWnEx53JUE7jla5HOrX3ekVhOESClgIdYdcGSxtixG3yR2H2lFydQ/s320/di+chie+e%25CC%2580+la+colpa.jpeg" width="295" /></span></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><o:p><span style="font-family: verdana;"> </span></o:p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">È ciò che accade anche al protagonista senza nome di questo romanzo che da scrittore affermato ripercorre la sua vita in un mémoire che parte dalla sua infanzia in una qualsiasi famiglia romana piccolo-borghese per trovarsi catapultato, a causa di una serie di improvvidi eventi degni di un romanzo di Dickens, in una ricca ed esclusiva famiglia ebraica. Una tribù di personaggi sopra le righe, convinti che la loro parola sia l’unica degna di essere presa in considerazione, percorrono spavaldamente le giornate alla ricerca del piacere e delle soddisfazioni che soldi e status possono offrire. Una tribù a cui il protagonista vuole disperatamente appartenere, ma che allo stesso tempo sente estranea, perché non si riconosce in quell’assoluta mancanza di curiosità per gli <i>altri</i> che la caratterizza. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><o:p><span style="font-family: verdana;"> </span></o:p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-vrDvTMKvnhs6iWFX8M-98hDsDP3by-gwFgS2UjaAAWGQvxf99GOusqSQ2EYmRMr5dwvgaKwTCcOWJxPXSaG_Cjjxai_29XWJZz3h4lJRU_UzpHcev9B1W91fMdP7aD3QH-J40dJ65Cw/s1210/Immagine+01-11-21+alle+10.00.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="918" data-original-width="1210" height="243" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-vrDvTMKvnhs6iWFX8M-98hDsDP3by-gwFgS2UjaAAWGQvxf99GOusqSQ2EYmRMr5dwvgaKwTCcOWJxPXSaG_Cjjxai_29XWJZz3h4lJRU_UzpHcev9B1W91fMdP7aD3QH-J40dJ65Cw/s320/Immagine+01-11-21+alle+10.00.jpg" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Siamo di fronte a un alto tema che pervade <i>Di chi è la colpa</i>: lo snobismo. L’emblema è il capostipite della famiglia (Gianni Sacerdoti), un mix di virilità, charme, egocentrismo e sicurezza in se stesso che lo porta a ignorare o a disprezzare la massa di umanità che lo circonda. Perdenti che non possono concedersi un pranzo in un ristorante stellato o lo shopping compulsivo sulla Fifth Avenue a New York, umanoidi che parlano a bassa voce e vestono male, rumore di fondo ai margini della strada dorata che spetta alla famiglia Sacerdoti per diritto di nascita. <o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><o:p><span style="font-family: verdana;"> </span></o:p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">E se il protagonista prova a convincersi che questa sia anche la sua strada, godendosi la “girandola di prime volte” che la sua nuova famiglia gli assicura (viaggi, lusso, libertà, spregiudicatezza), nel profondo combatte con l’idea che qualcuno possa sentirsi superiore agli altri, ritrovandosi a pensare “a quanto sarebbe migliore la vita se la gente non sentisse la stramaledetta esigenza di umiliarsi a vicenda”. Questo conflitto interiore, in cui sembra riecheggiare l’idea proustiana dello snobismo (Proust sosteneva l’impossibilità di non essere snob: dai borghesi che snobbano gli aristocratici e la loro superbia, desiderando segretamente di diventare come loro, fino agli aristocratici che snobbano i borghesi perché inferiori, trattandoli con gentilezza che nasconde solo condiscendenza), intrappola anche il protagonista, che continua a trovare nelle colpe altrui continue giustificazioni al suo comportamento. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><o:p><span style="font-family: verdana;"> </span></o:p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhor3At8QXpnUKBP1WQIUa_3_GKKLgMErpbCvi0YSd9e2YmeTOpWIDrOb0XAe30pHshcc-nFDPhphy2fpS3Qx-P_qNPjtYscnRAwnuVYYLFy5J5Bja1V8LsQVKBdik6h0DrVcT_z6e7qPc/s1000/shutterstock_408420874.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="1000" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhor3At8QXpnUKBP1WQIUa_3_GKKLgMErpbCvi0YSd9e2YmeTOpWIDrOb0XAe30pHshcc-nFDPhphy2fpS3Qx-P_qNPjtYscnRAwnuVYYLFy5J5Bja1V8LsQVKBdik6h0DrVcT_z6e7qPc/s320/shutterstock_408420874.jpg" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Un discorso a parte merita la lingua usata da Piperno in questo romanzo. Se ricercatezza e precisione chirurgica sono da sempre gli anfitrioni della scrittura ‘piperniana’, in questo libro l’autore propone una lingua particolarmente ricercata, foriera di atmosfere vittoriane, permettendoci di riscoprire le ricchezze dell’italiano e di sfidare il nostro cervello a calarsi in una dimensione e in un ritmo narrativo diversi da quelli a cui siamo abituati. Settati sulle scelte narrative delle nostre serie Netflix preferite, potremmo trovarci in affanno davanti al flusso creato da Piperno in cui l’attesa per gli eventi viene dilatata dall’autore, ancóra e ancóra, permettendosi il lusso di creare continue giravolte di parentesi pur di offrirci ogni possibile sfaccettatura del pensiero del protagonista. Il consiglio è di non mollare, facendo riscoprire al nostro cervello il piacere di rallentare per gustare il banchetto narrativo che abbiamo a disposizione. E sebbene a volte Piperno si faccia prendere la mano da questo <i>mood</i> (ho trovato una parentesi di ben 6 pagine), godendo flaubertianamente della sonorità di un aggettivo o di un verbo a discapito del ritmo e della tensione narrativa, vi assicuro che arriverete alla fine di questo viaggio con quella sensazione di pienezza e meraviglia che si prova dopo aver scelto il sentiero meno battuto. <o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm; text-align: justify;"><a href="https://www.minimaetmoralia.it/wp/libri/il-colpevole-di-cui-abbiamo-bisogno-passeggiata-nel-bosco-narrativo-di-alessandro-piperno/"><span style="font-family: verdana;">articolo uscito su minima&moralia il 29 ottobre 2021</span></a></p>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-62608844470676265842021-10-10T07:30:00.017+02:002021-10-14T17:21:06.760+02:00Heaven e la scelta di essere diversi di Mieko Kawakami<p><span style="font-family: verdana;"><span style="text-align: justify;">“Un giorno, verso la fine di aprile, trovai un bigliettino nel portapenne. Era infilato tra due matite, dritto come se fosse in piedi. Lo aprii e lo lessi. C’era scritto: ‘Io e te siamo uguali’. Nient’altro”.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg31GWnHfzwngdl5N4s46dtgWbRAINTaJMsIo9zsB_rKSYwUHdCmoAzcefDdo7cPS94FVFXkCmDRegwRg3RIzhAP2Ln8V-d05B7W6V0ChIAxauo2oF3RIPTVEB1Ewi_RqmSN4bVwLC5ueE/s2048/IMG_1467.HEIC" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1437" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg31GWnHfzwngdl5N4s46dtgWbRAINTaJMsIo9zsB_rKSYwUHdCmoAzcefDdo7cPS94FVFXkCmDRegwRg3RIzhAP2Ln8V-d05B7W6V0ChIAxauo2oF3RIPTVEB1Ewi_RqmSN4bVwLC5ueE/s320/IMG_1467.HEIC" width="225" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />È così che inizia <i>Heaven</i>, romanzo di <a href="https://www.nytimes.com/2021/05/25/books/review/mieko-kawakami-heaven.html" style="color: #954f72;">Mieko Kawakami</a> (pubblicato in Italia da edizioni e/o con la traduzione di Gianluca Coci) che ci trasporta nel Giappone degli anni ’90 nel momento esatto in cui nasce l’amicizia fra <i>Occhi storti </i>e Kojima, due adolescenti accumunati dalla loro diversità. <o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Una diversità obbligata per il primo (<i>Occhi storti </i>è affetto da strabismo) e rivendicata dalla seconda (Kojima invece rifiuta di lavarsi o pettinarsi, indossando sempre gli stessi logori vestiti per sentirsi più vicina al padre che vive in povertà, mentre lei, sua madre e il suo patrigno abitano in una opulenta villa). Attorno a loro, una classe di quattordicenni che identificano nei due protagonisti le vittime perfette per scherzi, umiliazioni e violenze quotidiane da cui non è possibile fuggire. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><o:p><span style="font-family: verdana;"> </span></o:p></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><i></i></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><i><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZup3qY_qz124MPH4waosAQi2IoTorzwQS8UzWUvBUdctVY1aC-RZJFmB0shCpbAsx1HI9kzmrFxKTFFrmO2ir6kexCplYMioZxHoIqWgLEfwDSalwK425An27hRLb__sklJ7mSB6SViw/s870/bully+japan+times.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Fonte: The Japan Times" border="0" data-original-height="489" data-original-width="870" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZup3qY_qz124MPH4waosAQi2IoTorzwQS8UzWUvBUdctVY1aC-RZJFmB0shCpbAsx1HI9kzmrFxKTFFrmO2ir6kexCplYMioZxHoIqWgLEfwDSalwK425An27hRLb__sklJ7mSB6SViw/w320-h180/bully+japan+times.jpeg" width="320" /></a></i></span></div><span style="font-family: verdana;"><i><br />Occhi storti </i>e Kojima percorrono le loro giornate chiusi in loro stessi, lo sguardo basso, la bocca serrata, il corpo inerme arrotolato attorno alla loro anima ferita e la consapevolezza che non c’è modo di sfuggire al loro destino. Il gruppo di fedeli aguzzini sembra essere stato creato apposta per fargli del male e tentare di resistere o combattere li renderà solo più feroci. Entrambi i protagonisti si sono abituati a vivere in solitudine, immersi nel loro silenzio, sperando solo di diventare invisibili, semplici oggetti, come un orologio appeso al muro che vede e sente tutto, senza che nessuno lo noti. E se il rapporto epistolare che nasce fra loro, fatto di un continuo scambio di domande taglienti sul senso della vita (Kojima) e dubbi insondabili sulla volontà di continuare a esistere (<i>Occhi storti</i>), li fa sospettare di non essere soli al mondo in quella battaglia per l’invisibilità, la realtà che cuce attorno a loro Mieko Kawakami li riporta all’angolo senza pietà, privandoli gradualmente di ogni spazio di condivisione.<o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><o:p><span style="font-family: verdana;"> </span></o:p></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKjwd4T-i-DYliQDG_ioAy0ycbBe4ZySU2uAe0xTJfP0cIz_clV45VuQQgA22iPNxgxxShFlZ4GFKYL4gocbqaxxnln97fAaORE1VRAlWlfuvlX4WcWiK8CDiYqYKX7ALTtXAFzqhWgdI/s375/Chichi_to_Ran_%2528Kawakami_Mieko%2529.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="375" data-original-width="260" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKjwd4T-i-DYliQDG_ioAy0ycbBe4ZySU2uAe0xTJfP0cIz_clV45VuQQgA22iPNxgxxShFlZ4GFKYL4gocbqaxxnln97fAaORE1VRAlWlfuvlX4WcWiK8CDiYqYKX7ALTtXAFzqhWgdI/s320/Chichi_to_Ran_%2528Kawakami_Mieko%2529.png" width="222" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Non sappiamo quanto di autobiografico ci sia in questa storia narrata in prima persona da Mieko Kawakami (anche lei era una quattordicenne nei primi anni ’90 e come Kojima ha vissuto il distacco forzato dalla figura paterna), ma leggendo le meticolose descrizioni delle violenze fisiche e psicologiche subite dai due protagonisti (spesso ai limiti del reato) e il godurioso distacco con cui i loro persecutori le mettono in atto, sicuri di non subire alcuna conseguenza, possiamo immaginare che, come tanti di noi, l’autrice si sia trovata nel ruolo di vittima almeno una volta nella sua vita di adolescente. E se è naturale, fin dalle prime pagine, tifare per <i>Occhi storti </i>e Kojima, con tutte le loro paure, contraddizioni e nevrosi, desiderando mettere giù il libro e trasformarsi in inchiostro, pur di entrare nella storia e salvarli dall’ennesimo attacco, la figura dei persecutori risulta meno ricca, offrendoci spesso figure bidimensionali il cui unico ruolo sembra quello di aguzzini, scomparendo in una nebbia indefinita non appena perdono funzionalità ai fini della trama. Così è per Ninomiya, il capo dei bulli, il suo seguito incolore e persino per Momose, ‘bullo filosofo’ che offre a <i>Occhi storti </i>la sua idea sulla neutralità della violenza, azione interscambiabile con qualsiasi altra, guidata dal caso e dalla mera possibilità di attuarla, piuttosto che dalla voglia di ferire qualcuno. <o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><o:p><span style="font-family: verdana;"> </span></o:p></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjzWH_XgROpCNHY8-SRXsteaK9sVGwRsZ0IBFAdpZ61QmOeWHM0r_XzyI1prQ6jkcp61ZgF3u337xTIZVJHRxxqZ3tF-dDYydMA775GCY5dodYt0D-giXm5YETuRBPs3JGEYobfNkfvfN0/s2000/Kawakami.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1333" data-original-width="2000" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjzWH_XgROpCNHY8-SRXsteaK9sVGwRsZ0IBFAdpZ61QmOeWHM0r_XzyI1prQ6jkcp61ZgF3u337xTIZVJHRxxqZ3tF-dDYydMA775GCY5dodYt0D-giXm5YETuRBPs3JGEYobfNkfvfN0/s320/Kawakami.jpeg" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Lo stile di Mieko Kawakami (autrice del best seller internazionale <a href="https://www.theguardian.com/books/2020/oct/05/breasts-and-eggs-by-mieko-kawakami-review-strange-and-ruthlessly-honest" style="color: #954f72;"><i>Seni e uova</i></a>)<i> </i>è pulito ed elegante, con un linguaggio che, a tratti, appare troppo ricercato per dei quattordicenni, con tendenze solipsistiche e filosofiche che possono indebolire il ritmo narrativo, congelando l’azione in giravolte di parentesi dall’indubbio gusto letterario, che costringono però il lettore a mettere in stand by il flusso degli eventi. Qualche perplessità anche sul finale (su cui non faremo spoiler), che è sembrato troppo repentino rispetto al ritmo della storia, come se l’autrice, provata dall’alto tasso di emotività delle vicende di <i>Occhi storti </i>e Kojima, abbia avuto bisogno di chiuderle, senza offrire al lettore il tempo per assorbirle. <o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="margin: 0cm; text-align: left;"><o:p><span style="font-family: verdana;"> </span></o:p></p><span style="font-family: verdana;"><i><span style="font-size: 12pt;">Heaven</span></i><span style="font-size: 12pt;"> rimane un libro di grande interesse, non solo perché ci offre una finestra privilegiata sulle dinamiche adolescenziali in un paese come il Giappone, che elegge la performance individuale a retaggio familiare, ma soprattutto perché ci dimostra l’universalità del dolore che l’adolescenza può generare in chi, per scelta o per nascita, non si sottrae alla ‘lettera scarlatta’ della diversità da cui invece tanto si potrebbe imparare.</span></span><div><span style="font-size: 12pt;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></span></div><div><span face="Calibri, sans-serif" style="font-size: 12pt;"><br /></span></div>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0Giappone36.204824 138.2529247.8945901638211566 103.09667400000001 64.51505783617884 173.409174tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-42729103869047794962021-09-05T07:00:00.030+02:002021-09-05T07:00:00.167+02:00Il primo incontro con Dostoevskij? Sanguina ancora, parola di Paolo Nori<p class="MsoNormal" style="line-height: 18.399999618530273px; margin: 0cm; text-align: left;"><br /><span style="font-family: verdana;">Il primo incontro con Dostoevskij non si dimentica, probabilmente per quello che il critico russo Viktor Sklovskij definisce “il procedimento che crea l’arte”, ossia <b>la capacità del grande autore russo di guardare il mondo</b>, la nostra quotidianità, i nostri gesti, le nostre abitudini <b>come se le vedesse e le facesse per la prima volta</b>. È questo forse parte del mistero che si nasconde dietro le storie e i personaggi di Fëdor Michajlovič Dostoevskij: ci prestano i loro occhi per osservare ciò che potremmo scoprire con una normale passeggiata se avessimo lo sguardo giusto per notarlo. Gli occhi dello stupore, gli occhi di un bambino, non per innocenza, ma per capacità di sorprendersi davanti alle ‘piccole cose’. È da qui che parte anche Paolo Nori, scrittore, traduttore e amante appassionato della letteratura russa, con il suo ultimo libro (<i>Sanguina ancora – l’incredibile vita di F</i><i>ë</i><i>dor M. Dostoevskij, </i>edito da Mondadori e finalista al <a href="https://www.premiocampiello.org/confindustria/campiello/istituzionale.nsf/($linkpreview)/86AECD487CA04BD7C12586E600323A10?opendocument" target="_blank">Premio Campiello</a>), ripercorrendo la vita del grande autore russo in occasione del bicentenario della sua nascita. </span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 18.399999618530273px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /><o:p></o:p></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzHtOHWlDkYi40pVRt3zg8lgTlmDfUZ4k32SJqTSPhGnCx-8R73w7iutS6owJEep-4PCO8WfVpWVC0Fs85YnotW30itTxEasxpWtbknNgwQ2XC8PX9SP9UYf8feijmkuc5NiD7jOZAAiI/s743/Immagine+03-09-21+alle+10.37.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: verdana;"><img border="0" data-original-height="743" data-original-width="486" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzHtOHWlDkYi40pVRt3zg8lgTlmDfUZ4k32SJqTSPhGnCx-8R73w7iutS6owJEep-4PCO8WfVpWVC0Fs85YnotW30itTxEasxpWtbknNgwQ2XC8PX9SP9UYf8feijmkuc5NiD7jOZAAiI/s320/Immagine+03-09-21+alle+10.37.png" width="209" /></span></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 18.399999618530273px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 18.399999618530273px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><b>Un incontro fatale, quello fra Dostoevskij e Nori, avvenuto grazie a <i>Delitto e </i>castigo, più di quarant’anni fa</b>, come lo stesso autore ci racconta: “Mi ricordo la stanza dov’ero, la mia stanzetta all’ultimo piano della nostra casa di campagna, mi ricordo com’ero voltato, mi ricordo l’ora del giorno, mi ricordo lo stupore di quello che stava succedendo, mi ricordo che mi chiedevo nella mia testa ‘E io? […] sono come un insetto o come Napoleone?’ Ecco quella domanda, io quindicenne, me la sono rivolta […] E ho avuto, me la ricordo perfettamente, la sensazione che quel libro pubblicato centododici anni prima a tremila chilometri di distanza, mi avesse aperto una ferita che non avrebbe smesso tanto presto di sanguinare. Avevo ragione. Sanguina ancora”. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 18.399999618530273px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 18.399999618530273px; margin: 0cm; text-align: left;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSdv8gzqUTkA7kpT2JS4uFk-L4ztDx66G53KvjkOfOoYfmuxWmEbORPXpEusJw6KWEoHBcj_nDcs7EXIrgJoMJ9UgtsxMfn9gmUSaCIERvHFrsTOfrnlZY0muYIE4d4_oSSExlvs6zuG8/s783/Delitto+e+Castigo+-+fonteWikipedia.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: verdana;"><img border="0" data-original-height="783" data-original-width="535" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSdv8gzqUTkA7kpT2JS4uFk-L4ztDx66G53KvjkOfOoYfmuxWmEbORPXpEusJw6KWEoHBcj_nDcs7EXIrgJoMJ9UgtsxMfn9gmUSaCIERvHFrsTOfrnlZY0muYIE4d4_oSSExlvs6zuG8/s320/Delitto+e+Castigo+-+fonteWikipedia.png" width="219" /></span></a></div><span style="font-family: verdana;"><br />Da qui si snoda il racconto, sospeso fra l’analisi degli eventi che segnarono la vita di Dostoevskij e quella delle emozioni che le sue opere hanno fatto germogliare in Nori come lettore. La scelta di questo doppio binario è quanto mai felice, poiché contribuisce a rendere uno dei più grandi autori della letteratura dell’Ottocento più vicino al lettore, che ne assorbe le invenzioni narrative e stilistiche insieme alle esperienze di vita, alle meschinità, ai dolori, alle contraddizioni e alla continua ricerca di un giorno più felice che deve ancora arrivare: “Per me, chissà perché, ricordare equivale a soffrire, e mi succede perfino che più felice è il ricordo suscitato, più forte è la sofferenza. Nello stesso tempo, nonostante tutto quel che ho perduto, la vita mi piace moltissimo: mi piace la vita per la vita e, sono serio, mi preparo, ogni momento, a cominciarla, la mia vita. <b>Presto avrò cinquant’anni, e ancora non sono riuscito a stabilire: sta per finire, la mia vita, o è appena cominciata? Ecco il tratto principale del mio carattere: forse anche della mia attivit</b>à”<a href="applewebdata://09BBBDBA-6574-43D7-9E35-B440BD6EA1A5#_ftn1" name="_ftnref1" title=""><span class="MsoFootnoteReference" style="vertical-align: super;"><span class="MsoFootnoteReference" style="vertical-align: super;">[1]</span></span></a>.<o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 18.399999618530273px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 18.399999618530273px; margin: 0cm; text-align: left;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHzGcceh4stilQihJyeZ1KYDdI0uMSBGR2tToP4D87Ap-eflqfrFbAyG7MdSwJgL8byHwS-eKSBfZ9KEzawRxiuYfXo9BNQJjs7mUMxcXd4dWRaBwbgCOxbgPlxgAofTU3phssmxwBzZ8/s2048/Nori.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: verdana;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1536" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHzGcceh4stilQihJyeZ1KYDdI0uMSBGR2tToP4D87Ap-eflqfrFbAyG7MdSwJgL8byHwS-eKSBfZ9KEzawRxiuYfXo9BNQJjs7mUMxcXd4dWRaBwbgCOxbgPlxgAofTU3phssmxwBzZ8/s320/Nori.png" width="240" /></span></a></div><span style="font-family: verdana;"><br />Ecco la grande forza di Dostoevskij di disegnare il turbinio di speranze contraddittorie che agitano l’animo umano, scavando in quella caverna emotiva per offrirci la ‘polivocità’<a href="applewebdata://09BBBDBA-6574-43D7-9E35-B440BD6EA1A5#_ftn2" name="_ftnref2" title=""><span class="MsoFootnoteReference" style="vertical-align: super;"><span class="MsoFootnoteReference" style="vertical-align: super;">[2]</span></span></a> che lo rende unico, ossia la capacità di rendere ogni personaggio caratteristico e caratterizzato (con la propria voce, cultura, educazione, carattere e stato d’animo), trasformando i suoi romanzi in un concerto a più voci. <i>Sanguina ancora</i> è un libro da consultare e tenere a portata di mano, riempendolo di note a piè pagina, post-it e, per i più selvaggi, decine di orecchie per recuperare senza esitazione l’emozione che ci ha riportato alla mente e con essa la voglia di riprendere in mano una delle opere di Dostoevskij, scoprendo ancora una volta che: <b>“È meglio essere infelici, ma sapere, piuttosto che vivere felici… in una sciocca incoscienza</b>”. <o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 18.399999618530273px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 18.399999618530273px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><i></i></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><i><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrwlI6ood8g7v56Z9Q9q9RdafOOvzhp3arAHZM7RCPxAliK3cN-k52j-Z5YtJI5TvTJFziWIyCfW138I0jENNjEo5pwnGTEtJOyX92UwMuolF7pMLfNHPUnd305Jk1_NukOZDeLYP7Xx8/s480/tolstoeskji.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="373" data-original-width="480" height="249" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrwlI6ood8g7v56Z9Q9q9RdafOOvzhp3arAHZM7RCPxAliK3cN-k52j-Z5YtJI5TvTJFziWIyCfW138I0jENNjEo5pwnGTEtJOyX92UwMuolF7pMLfNHPUnd305Jk1_NukOZDeLYP7Xx8/w320-h249/tolstoeskji.jpg" title="Fonte: paolonori.it" width="320" /></a></i></span></div><span style="font-family: verdana;"><i><br />Ma Sanguina ancora </i>è anche un prezioso strumento per conoscere o approfondire la storia della letteratura russa, che pulsa dietro ogni pagina del racconto di Paolo Nori. E se il lettore amante di Gogol’, Puškin o Tolstoj non si sorprenderà di ritrovare i suoi autori preferiti fra le pagine di un libro dedicato a Dostoevskij, Nori ha il merito di introdurre ai suoi lettori anche autori poco conosciuti in Italia come Chlebnikov, Charms, Dovlatov e Erofeev, ricordandoci di abbeverare le nostre menti non solo alle pagine degli autori più noti o amati, ma anche a quelle dei cosiddetti ‘marginali’, capaci di offrire al lettore punti di vista diversi da quelli dominanti. <o:p></o:p></span><p></p><p class="MsoNormal" style="font-family: Calibri, sans-serif; line-height: 18.399999618530273px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="font-family: Calibri, sans-serif; line-height: 18.399999618530273px; margin: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><a href="https://www.sulromanzo.it/blog/il-primo-incontro-con-dostoevskij-sanguina-ancora-parola-di-paolo-nori" target="_blank"><span style="font-size: x-small;">Link a sulromanzo</span></a></span></p><div><br clear="all" /><hr align="left" size="1" width="33%" /><div id="ftn1"><p class="MsoFootnoteText" style="font-family: Calibri, sans-serif; margin: 0cm;"><span style="font-size: xx-small;"><a href="applewebdata://09BBBDBA-6574-43D7-9E35-B440BD6EA1A5#_ftnref1" name="_ftn1" title=""><span class="MsoFootnoteReference" style="vertical-align: super;"><span class="MsoFootnoteReference" style="vertical-align: super;">[1]</span></span></a> Fëdor M. Dostoevskij – 31 gennaio 1873<o:p></o:p></span></p></div><div id="ftn2"><p class="MsoFootnoteText" style="font-family: Calibri, sans-serif; margin: 0cm;"><span style="font-size: xx-small;"><a href="applewebdata://09BBBDBA-6574-43D7-9E35-B440BD6EA1A5#_ftnref2" name="_ftn2" title=""><span class="MsoFootnoteReference" style="vertical-align: super;"><span class="MsoFootnoteReference" style="vertical-align: super;">[2]</span></span></a> Concetto proposto dal critico Michail Bachtin riferendosi all’opera di Dostoevskij<o:p></o:p></span></p></div></div><div><br /></div>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-57956986377272570552021-07-11T07:30:00.040+02:002021-07-24T19:56:44.205+02:00Klara, Kazuo e l’arte della dilazione<div style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Si dice che un romanziere scriva sempre la stessa storia, scavando nei suoi personaggi, ancóra e ancóra, per avvicinarsi sempre di più a ciò che vogliono dire. Nel caso di Kazuo Ishiguro e del suo ultimo romanzo (<i>Klara e il sole</i> – edito in Italia da Einaudi e tradotto da Susanna Basso) lo scavo è quanto mai accurato, come se l’obiettivo fosse quello di proiettare il lettore al centro dell’anima della narrazione senza spargere nemmeno un granello di dolore in più del necessario.<span class="Apple-converted-space"> </span></span></div><div style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><div style="text-align: left;"><b><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAF7D4yim60c-xIYLvXOjbLX6fi45h9Clss4UYHU8Bd7nAh57IZnMWltIauissrqwl4zsPjASoym55WY8pOlwn95Mclo23z3yqVX0B4KCos2VAYQaQtxM6V80a7ASODXaE-CCJImAt3GA/s1200/Klara+and+the+sun+2.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="970" data-original-width="1200" height="324" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAF7D4yim60c-xIYLvXOjbLX6fi45h9Clss4UYHU8Bd7nAh57IZnMWltIauissrqwl4zsPjASoym55WY8pOlwn95Mclo23z3yqVX0B4KCos2VAYQaQtxM6V80a7ASODXaE-CCJImAt3GA/w400-h324/Klara+and+the+sun+2.png" width="400" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>Nel primo romanzo dopo il premio Nobel per la letteratura del 2017</b>, l’autore giapponese che scrive in inglese (si è trasferito in UK a cinque anni), famoso per romanzi di scavo psicologico come <i>Quel che resta del giorno </i>(con cui aveva vinto il Booker Pize nel 1989 e da cui era stato tratto <a href="https://www.youtube.com/watch?v=3W7mP_P0tCI"><span class="s1"><span style="color: #2b00fe;">l’omonimo film di James Ivory</span></span></a>), <b>torna a solcare il mare dell’animo umano munito di cesello</b>, descrivendo il percorso che compiamo per diventare consapevoli delle nostre emozioni, degli errori realizzati e soprattutto di quelli mancati, che cambiano il destino di una vita. <b>Per farlo, Kazuo Ishiguro sceglie un protagonista non umano, un robot di nome Klara</b>, un’intelligenza artificiale che, in un futuro prossimo e in un luogo imprecisato dell’America, viene acquistato da una ragazzina di nome Josie perché le faccia compagnia e la sostenga nel cammino che sua madre e la società le impone. Ci troviamo così nella mente (dopo aver letto il romanzo di Kazuo Ishiguro non riuscirete a usare nessun’altra parola) di Klara, dall’altra parte di una vetrina da cui si sporge, come farebbe un cucciolo intrappolato in un negozio di animali, con la speranza che il passante di turno lo noti, lo scelga, lo porti fuori dal suo involucro di cristallo e cemento, offrendogli la risorsa più preziosa che un essere vivente possiede: le proprie emozioni. <b>Klara</b>, infatti, <b>è stata creata per osservare, classificare e decodificare le emozioni umane</b>, ma per farlo deve uscire nel mondo esterno, deve vedere in azione ciò che le sue stringhe software gli dicono essere fatto in un certo modo. Osservandolo Klara analizza, comprende e modifica le sue percezioni originali, <b>scoprendo come gli esseri umani imparano ad amare</b>. <span class="Apple-converted-space"> </span></div></span><span style="font-family: verdana;"><div style="text-align: left;"><br /></div></span></div><div style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><div style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5S_tPPrPAklKj6606F9d4WNMShWH28j678NTdZhw_5Fj-6FDM5kg2SJRTBalo9OG2vE6FD-Dnv8neiEJoKK7JE6nCKXAa6uFkpJq_6IfFN16bVAbuM4XDbEKYY61nif5VWkmfQIkM7gw/s960/intelligenza-artificiale-1.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="960" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5S_tPPrPAklKj6606F9d4WNMShWH28j678NTdZhw_5Fj-6FDM5kg2SJRTBalo9OG2vE6FD-Dnv8neiEJoKK7JE6nCKXAa6uFkpJq_6IfFN16bVAbuM4XDbEKYY61nif5VWkmfQIkM7gw/s320/intelligenza-artificiale-1.jpeg" width="320" /></a></div><br /><br /></span></div><div style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Con la meticolosa arte della dilazione controllata a cui ha abituato i suoi lettori fin da </span><i style="font-family: verdana;">Quel che resta del giorno </i><span style="font-family: verdana;">e</span><i style="font-family: verdana;"> Non lasciarmi, </i><span style="font-family: verdana;">Kazuo Ishiguro rallenta gli apprendimenti di Klara, per mostrarci gli strati emotivi che si possono nascondere dietro i gesti più semplici e quotidiani. </span><b style="font-family: verdana;">Klara</b><span style="font-family: verdana;"> è stata costruita per mostrare un’immagine di sé che possa essere gradevole per gli umani, adattandola sempre di più alla persona che le è capitata in sorte come padrone, ma dentro </span><b style="font-family: verdana;">nasconde un universo di sensazioni represse che la fanno quasi immediatamente più umana dei suoi padroni in carne e ossa</b><span style="font-family: verdana;">. Per questo il lettore empatizza con Klara fin dalle prima pagine: soffre con lei quando viene tolta dalla vetrina oppure quando si ritrova in una festa di adolescenti bulli che la usano come scudo per le loro squallide ripicche.</span><span class="Apple-converted-space" style="font-family: verdana;"> </span></div><span style="font-family: verdana;"><div style="text-align: left;"><b>Nata per essere una fiaba, <i>Klara e il sole </i>è divenuta</b>, nei cinque anni necessari all’autore per scrivere e riscrivere questa storia, grazie anche al supporto dei suoi editor principali (moglie e figlia), <a href="https://www.theguardian.com/books/2021/feb/20/kazuo-ishiguro-klara-and-the-sun-interview"><span class="s1"><b><span style="color: #2b00fe;">ciò che lo stesso Kazuo Ishiguro definisce ‘un taglio perfetto’</span></b></span></a>. Quello che imprimerebbe un samurai a un ciuffo d’erba, dopo aver osservato in silenzio e immobile ogni particolare che lo circonda: la lunghezza e lo spessore dell’erba, l’umidità del terreno, la forza del vento e naturalmente l’intensità del sole, lo stesso a cui si espone Klara per ricaricare le sue energie e le sue speranze. Il samurai aspetterebbe e aspetterebbe e poi in un attimo l’erba sarebbe nel palmo della nostra mano, quel palmo che abbiamo sollevato nel momento esatto in cui il samurai ha sferrato il suo colpo perfetto. <span class="Apple-converted-space"> </span></div></span><div style="font-family: verdana; font-weight: 700; text-align: left;"><br /></div></div><div style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><b><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh86_BmnAAOvicSyGQJeaoe-YaVIC4ZdkKJUMdHV3VJw3f1Y377GUW2u0cEaqwprwqnI-leSL0UHLpofLZFWueNyAiqlwTdQHyoWLbijkmdpb2euK-3Ks3YMYKyzE5TdFOEyuX76BsfeaQ/s1280/ishiguro.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh86_BmnAAOvicSyGQJeaoe-YaVIC4ZdkKJUMdHV3VJw3f1Y377GUW2u0cEaqwprwqnI-leSL0UHLpofLZFWueNyAiqlwTdQHyoWLbijkmdpb2euK-3Ks3YMYKyzE5TdFOEyuX76BsfeaQ/s320/ishiguro.jpeg" width="320" /></a></div><br />È così che questo AF</b> (<i>Artificial Friend</i>) <b>si annida nei nostri pensieri, costringendoci a guardare il mondo da un altro punto di vista</b>, confrontandoci con le domande più pericolose a cui possiamo pensare.<span class="Apple-converted-space"> </span>Attenzione però: se siete alla ricerca di un romanzo che vi trascini in una girandola di azioni tenendovi con il fiato sospeso, fate un bel respiro prima di immergervi in questa storia che assomiglia più a una maratona in apnea che a uno scatto da centometrista. L’autore si aspetta che siate voi, con il vostro turbinio interiore, a generare il movimento che il vostro corpo anela e la vostra mente pretende. E se vi ritroverete a un bivio a domandarvi perché Klara non apprende più velocemente e agisce di conseguenza, pensate a cosa avreste fatto voi al suo posto e a quante volte riuscite a esternare quell’emozione che si strugge nella vostra anima senza che nessuno se ne accorga.</span></div><div style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://www.sulromanzo.it/blog/klara-kazuo-e-l-arte-della-dilazione" target="_blank">link a sulromanzo </a></span></div>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-78798330309478433192021-06-06T07:30:00.017+02:002021-06-08T11:01:28.857+02:00Al telefono con Albert Einstein<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Vi è mai capitato di sbagliare numero? </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Certo, oggi con lo smartphone che memorizza tutto e tutti, è un ‘esperienza dal sapore vintage, ma un tempo, quando per chiamare qualcuno bisognava comporre il suo numero di telefono, l’errore era dietro l’angolo, allora scattava l’imbarazzo e l’ansia di chiudere la chiamata al più presto per continuare sui binari di quell’ unica idea di vita che difendiamo con tanto ardore. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b><span style="font-family: verdana;">E se dietro un numero sbagliato si nascondesse un’opportunità? </span></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiblJkFsiBGYtWUkE3PjK4jTpIHL1SC8UwqTnBm6C3IOfWxJrKzOAkToq_lEThkukQUwkOlpB3qJhfTj6CuTWAMgg9G2Twrw9WIjLCVFy7Ey1yMfbE3kbYzCFBBrISSZP2FP3GB2WB_a8c/s1920/Einstein.webp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1920" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiblJkFsiBGYtWUkE3PjK4jTpIHL1SC8UwqTnBm6C3IOfWxJrKzOAkToq_lEThkukQUwkOlpB3qJhfTj6CuTWAMgg9G2Twrw9WIjLCVFy7Ey1yMfbE3kbYzCFBBrISSZP2FP3GB2WB_a8c/s320/Einstein.webp" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br />Ne sa qualcosa Mimi Beaufort che, nel saggio romanzato di R. J. Gadney <i>Al telefono con Einstein</i> (pubblicato in Italia da Salani e tradotto da Laura Serra), si trova a digitare per errore il numero di telefono del grande fisico tedesco. Siamo nel 1954 a Princeton, dove l’ormai stanco e vecchio Einstein (aveva 75 anni all’epoca) riceve la telefonata di Mimi e, partendo dall’idea che <b>la creatività è figlia del tempo ‘sprecato’</b>, non solo la trattiene al telefono, ma inizia a raccontarle la sua storia.</span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEih5Dv-xHkFIs5ytBgfwLPt-DH9rV9c1I-kIchrMI2-bNzjYzMpMqf9bFaCmBVoE1MOhhiedkD3i8PSh-gGjkJuOUYg4i1PTmv4LI_pIDIh3wfmiWPXf7jhgW4myMPJy1vl0XqeFHR72dk/s2048/IMG_0098.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1536" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEih5Dv-xHkFIs5ytBgfwLPt-DH9rV9c1I-kIchrMI2-bNzjYzMpMqf9bFaCmBVoE1MOhhiedkD3i8PSh-gGjkJuOUYg4i1PTmv4LI_pIDIh3wfmiWPXf7jhgW4myMPJy1vl0XqeFHR72dk/s320/IMG_0098.jpeg" /></a></div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Da qui parte la fantasia di Gadney, pittore, scrittore e sceneggiatore britannico (scomparso nel 2018, qualche giorno dopo la prima pubblicazione di questo libro in Inghilterra), per narrarci la storia del fisico più famoso del mondo. Impegnandosi in un importante lavoro di lettura della corrispondenza che Albert Einstein ha scambiato nella sua vita con amici, scienziati e familiari, conservata in gran parte nell’università ebraica di Gerusalemme, Gadney ci offre <b>la possibilità di sbirciare dietro le quinte del palcoscenico che ha visto Einstein diventare un premio Nobel per la fisica</b>, l’inventore della teoria sulla relatività ristretta, nonché della formula più famosa di tutti i tempi (<i>E = mc2</i>), che ha messo per la prima volta in connessione <i>massa</i> e <i>energia</i>. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Entriamo così nello studio di Einstein il giorno del suo compleanno: telegrammi ammucchiati sulla scrivania, sui tavoli, persino sul leggio, al posto degli spartiti dei suoi adorati concerti per violino e pianoforte di Mozart e di Bach, “apre il <i>New York Times </i>e vede che nell’editoriale è citato George Bernard Shaw là dove disse che la storia avrebbe ricordato Albert Einstein come un personaggio della statura di Pitagora, Aristotele, Galileo e Newton”. Attorno a lui, articoli che gli arrivano da ogni parte del mondo, da matematici, fisici, archeologi, astronomi e economisti. Tutti vogliono il suo parere, vogliono entrare in contatto con lui, sfiorare la sua luce, approfittare del suo nome, poter dire che il grande Einstein è d’accordo con loro e così rendere inattaccabili le proprie idee. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSZKJgSyOpP-yzRj_rtmODgnvJipi9V4SkUHD5x_7tRX1GhtKzYzIy0P4fkmsXc1PvmqFKPKHjU6jLC8SKgxS2NNn45llLt2AA-hcwoZDkIu_5vwr1Dzmka2h0cMZf115rblzYX0xJ-to/s1280/emc2.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="804" data-original-width="1280" height="251" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSZKJgSyOpP-yzRj_rtmODgnvJipi9V4SkUHD5x_7tRX1GhtKzYzIy0P4fkmsXc1PvmqFKPKHjU6jLC8SKgxS2NNn45llLt2AA-hcwoZDkIu_5vwr1Dzmka2h0cMZf115rblzYX0xJ-to/w400-h251/emc2.jpeg" width="400" /></a></div><br />Einstein si sente preso d’assalto, un pericolo per la sua altra importante formula <i><b>Pace = Amore + Silenzio</b></i>. Pace che gli serve per pensare, per continuare a domandarsi cosa gli sfugga del funzionamento dell’universo. Einstein non ha tempo per il presente, il passato è così promettente e ricco di formule ancora inespresse da abbandonarvisi completamente, alla continua ricerca di verità contrastanti, perché come diceva il suo amico, il fisico Max Born: “<b>credere in un’unica verità e credere di esserne gli unici custodi è la fonte di tutto il male del mondo</b>”.</span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Chi si aspetta da <i>A telefono con Einstein</i> un viaggio lungo e ricco di colpi di scena non rimarrà deluso, Gadney accompagna il lettore, con scrittura fluida dall’impronta giornalistica più che narrativa, nei luoghi dove il premio Nobel ha vissuto (Germania, Svizzera, Italia, Repubblica Ceca, USA), nelle sue case, fra le braccia delle sue compagne (prime fra tutte Mileva e Elsa) che nulla mai poterono contro il suo unico e vero amore: la ricerca scientifica. Per soddisfare la propria sete di conoscenza, Einstein non esita un secondo a tagliare ogni legame che ne possa rallentare la soddisfazione, moglie e figli sono considerati spesso un intralcio, così come le amicizie, se non sono funzionali a far progredire i suoi studi e i suoi riconoscimenti. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh8B4vQew1UPMlCwLoNXD5d4bZpuD8hkgibKfNNJcrNstAjaew1aXpn05OMPbcHdmvorMIfAu3_jkhYAKkGFU_X1fBVhZRf5JV-8ylKzQIcXA2WNShnp7GxIp4Gcjcv7vX3wFzRi2XA8C8/s2048/IMG_0099.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1030" data-original-width="2048" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh8B4vQew1UPMlCwLoNXD5d4bZpuD8hkgibKfNNJcrNstAjaew1aXpn05OMPbcHdmvorMIfAu3_jkhYAKkGFU_X1fBVhZRf5JV-8ylKzQIcXA2WNShnp7GxIp4Gcjcv7vX3wFzRi2XA8C8/s320/IMG_0099.jpeg" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br />La fotografia che ci offre Gadney dell’essere umano <b>Einstein è </b>di <b>un uomo assetato</b> non solo di scoperte scientifiche, ma anche e a volte soprattutto <b>di fama e di rivalsa</b>: vuole essere riconosciuto un grande innovatore dalla comunità scientifica, vuole una cattedra in un’università prestigiosa, una bella casa silenziosa, tanti soldi da tenere per sé e qualcuno che sia pronto a condividere i suoi successi, ma che si faccia rapidamente da parte quando Albert ha bisogno di silenzio e musica per pensare. E sebbene Gadney offra al grande fisico la possibilità di esserne almeno consapevole: “E in momenti del genere che vediamo a quale misera specie animale apparteniamo”, sarà dura per gli ammiratori del genio, leggere il contratto che Einstein propose alla moglie Mileva per permetterle di vivere ancora con lui, almeno formalmente, mentre costringeva lei e i suoi figli sul treno per Zurigo, in modo che lui potesse vivere tranquillo a Berlino. Eppure Einstein continuerà a cambiare amanti, amici e università con la stessa febbre della vittoria che anima uno scolaretto che scambia figurine nel cortile di una scuola per completare per primo la sua raccolta, piacevolmente e comodamente inconsapevole degli effetti che quel tumulto ha su chi lo circonda. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Il pregio di libri come <i>A telefono con Einstein</i> è quello di riuscire a suscitare ammirazione e disgusto per il medesimo grandioso e contraddittorio personaggio che ha modificato per sempre la nostra visione delle forze che muovono l’universo o almeno di uno di quelli che riusciamo a intercettare.</span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div style="text-align: left;"><br /></div></div><p></p>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0Ulma, Germania48.4010822 9.987607599999998720.090848363821152 -25.168642400000003 76.711316036178843 45.1438576tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-67180851673179527742021-04-12T12:00:00.012+02:002021-04-12T15:54:02.172+02:00A cosa saresti disposto a rinunciare? Le scelte di Christina Dalcher<p><span style="font-family: verdana;">“<i>I bambini sono resilienti, penso. Ed è una buona cosa, in tanti sensi, perché cadono, si rimettono in piedi e ricominciano a fare ciò che stavano facendo. Ma la resilienza porta con sé una sorta d’insensibilità, di accettazione, di tolleranza. Agli occhi di Anne, ciò che accade a chi fallisce è il semplice e normale funzionamento delle cose. Qualunque situazione va affrontata o dimenticata in fretta. Finora</i>”.</span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-Umwm8YynW5Kg95qMwDlaWGdqyehUry37_5p3Lo3mwoVjUn4QdxZjZg_RgARWEvlanqYdTGHZ3vQzO7BdSrLa__rly2Fv8_XwO2k-6x-bpG4M5TKxHYbkiyaY8y7sFh00ZPOSM38EQ9s/s2048/La+classe+Dalcher.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1810" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-Umwm8YynW5Kg95qMwDlaWGdqyehUry37_5p3Lo3mwoVjUn4QdxZjZg_RgARWEvlanqYdTGHZ3vQzO7BdSrLa__rly2Fv8_XwO2k-6x-bpG4M5TKxHYbkiyaY8y7sFh00ZPOSM38EQ9s/s320/La+classe+Dalcher.jpg" /></a></div><br />Molte sono le pagine da sottolineare del nuovo <a href="https://www.spreaker.com/user/lettoredivergente/lettore-div-3" target="_blank">romanzo di Christina Dalcher </a><i><a href="https://www.spreaker.com/user/lettoredivergente/lettore-div-3" target="_blank">La classe</a> </i>(pubblicato in Italia dalla casa editrice Nord – traduzione di Barbara Ronca) e altrettante le domande che il suo libro vi costringerà a porvi. Non saranno domande facili e non vi soddisferà la prima risposta che troverete per azzittirle, ma non potrete smettere di pensarci e questa è una dote rara in un romanzo. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Leggendolo <b>scoprirete che la resilienza</b> di cui ci parla Elena Fairchild (la protagonista di questa storia), quella che ci rende insensibili e allegramente tolleranti verso le difficoltà e le sofferenze altrui, <b>è come un virus che infetta le menti e restringe i cuori</b>, in nome del benessere di pochi fortunati. Nel mondo di Elena, infatti, tutto è demandato a un test che ogni cittadino deve ripetere mensilmente per capire cosa ne sarà della sua vita. Se il punteggio è soddisfacente, si accede al gruppo argento e con esso alle scuole migliori, alle carriere più sfolgoranti, ai partner più intelligenti con cui dare vita a famiglie perfette. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><b><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi67ECwDOQP66fi5K-feW3DWa3maDBZ0wyDSyYB09JMQ0OgetgK6EyKKKDLwW9NP5vYb83STUm3bB1EqK5g7jhfv5NcoA3JcjbBrVfBPNvTZc4FD6WfAGRYKB_Gzrl2DLh193vjosi0r88/s952/disuguaglianza.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="516" data-original-width="952" height="216" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi67ECwDOQP66fi5K-feW3DWa3maDBZ0wyDSyYB09JMQ0OgetgK6EyKKKDLwW9NP5vYb83STUm3bB1EqK5g7jhfv5NcoA3JcjbBrVfBPNvTZc4FD6WfAGRYKB_Gzrl2DLh193vjosi0r88/w400-h216/disuguaglianza.jpeg" title="fonte: https://www.competere.eu/nuove-forme-di-disuguaglianza-in-europa-citta-vs-campagna/" width="400" /></a></div><br />Man mano che si scende nella scala sociale e nelle sue caste</b>, la situazione cambia, la qualità della vita scende, spesso precipita, e <b>dalle scuole di élite si passa ai campi di lavoro</b>. Elena, membro del gruppo argento, non vede questa parte di realtà e vivendo separata dagli altri gruppi, può credere che: “<i>ciò che accade a chi fallisce sia naturale, il semplice e normale funzionamento delle cose</i>”. Almeno fino al giorno in cui sarà lei a trovarsi dall’altra parte della barricata, in una scuola che assomiglia a un campo di lavoro, combattendo per diritti che dava per acquisiti. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Leggendo la storia di Elena e la sua lenta discesa verso gli inferi della divisione in caste, la prima reazione che ho avuto è pensare che io non lo accetterei, non lo permetterei. Poi i dubbi iniziano a sbocciare dalla narrazione e ci si comincia a chiedere: “<i>se fossi fra i privilegiati sarei abbastanza forte per contrastare il sistema?</i>”. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b><span style="font-family: verdana;">E da qui che mi piacerebbe partire con la mia intervista a Christina Dalcher, chiedendole se sarebbe abbastanza forte per combattere il sistema? E quali armi abbiamo, noi, che siamo dei privilegiati, per combattere la nostra resilienza? </span></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">È sempre difficile prevedere cosa farebbe ognuno di noi in uno scenario estremo. Ci piacerebbe poter dire che reagiremmo in maniera eroica e mi piace pensare che lo faremmo. La verità, comunque, è che semplicemente non possiamo saperlo. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b><span style="font-family: verdana;"><i>La classe</i> è una storia di una famiglia preda del miraggio di un sistema che decide cosa sia giusto o sbagliato al posto delle persone, ma i personaggi femminili che lei disegna sembrano avere quell’attitudine al dubbio che invece le loro controparti maschili non posseggono. Come mai questa cesura così netta? </span></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Poche cose nella vita sono così nette! Penso che tutti noi (uomini e donne) abbiamo la capacità di agire giustamente o ingiustamente, di essere comprensivi o indifferenti. Anche ne La Classe ci sono delle linee d’ombra, delle aree di grigio: Madeleine Sinclair (una donna) è la creatrice del distopico sistema di caste su cui si basa il romanzo, mentre Gerhard, il padre della protagonista (Elena), è molto critico verso il sistema. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><b><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDVveuJfPA9zUpKbUp8NUZhDvM6mZTTO7jQKAWnbGYD7zMRVwITkqYlUTTk5_VdM-2FPRLNpI7SVNeUzzPjcBSadFHS-Z5fQv2jnB8wxMFhF7OoY9jda7ENIu26Uo9GVN1pJQTfY251LU/s499/vox.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="499" data-original-width="329" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDVveuJfPA9zUpKbUp8NUZhDvM6mZTTO7jQKAWnbGYD7zMRVwITkqYlUTTk5_VdM-2FPRLNpI7SVNeUzzPjcBSadFHS-Z5fQv2jnB8wxMFhF7OoY9jda7ENIu26Uo9GVN1pJQTfY251LU/s320/vox.jpg" /></a></div><br />La storia di Elena è narrata in prima persona, come accadeva anche nel suo precedente romanzo (<i>Vox</i>, pubblicato in Italia nel 2018 sempre dalla casa editrice Nord), cosa l’ha portata a scegliere questa strada rispetto a una terza persona? E ha in previsione di scrivere un romanzo anche dal punto di vista di un uomo?</b> </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Molto dipende dal tipo di storia che sto scrivendo. Tendo a utilizzare diversi punti di vista. Sia Vox che La Classe hanno alcune caratteristiche che le rendono storie ad alto tasso emotivo, per questo ho pensato che scriverle in prima persona mi avrebbe aiutato a entrare più facilmente nella mente dei personaggi. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Sto lavorando a un libro che è raccontato in parte dal punto di vista di un uomo e nei miei racconti mi è capitato di giocare con tutti i tipi di punti di vista. Una volta ho perfino scritto un testo umoristico dal punto di vista di un gatto!</span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b><span style="font-family: verdana;">Molti sono, nel suo libro, i rimandi all’ideale nazista di una razza pura, un gruppo di ‘migliori’ a cui spetta il dominio del mondo. Un ideale che punta a giustificare azioni turpi per un presunto bene collettivo. Mi viene alla mente la domanda della protagonista: “<i>Nasciamo così? O ci viene insegnato? Entrambe le possibilità, seppure in modo diverso, sono orribili</i>”. </span></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Ah, la questione ‘Natura contro Cultura’, soprattutto quando parliamo della propensione dell’essere umano al male, è una delle mie favorite. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Probabilmente perché la risposta è così sfuggente. Se un innato istinto di sopravvivenza ci permette in qualche modo di giustificare il dominio su altri esseri umani, molti di noi sono in grado si superare questo istinto. E anche se alcuni fattori ambientali ci spingono verso l’astio e la violenza, siamo, per la maggior parte, capaci di superarli. In breve, io penso che la condizione umana sia propensa al bene, ma quando scrivo romanzi distopici, mi focalizzo sul lato oscuro dell’umanità.</span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b><span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2mTvVvckPnUE_lBdu-oaJwIE6ttDhs_xuXzu0qR2TACBPpWt-ptc8eRd5YaghgcgoCiX-caJM135O8xoqfU64iZ616VPPX_4bwf7skXPa_nxWMlzHnaXE0k9V65bW8qVvNI1ad-B_F-s/s2048/Dalcher.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1363" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2mTvVvckPnUE_lBdu-oaJwIE6ttDhs_xuXzu0qR2TACBPpWt-ptc8eRd5YaghgcgoCiX-caJM135O8xoqfU64iZ616VPPX_4bwf7skXPa_nxWMlzHnaXE0k9V65bW8qVvNI1ad-B_F-s/s320/Dalcher.jpeg" /></a></div><br />Lei ha alle spalle un background da linguista con un dottorato in fonetica e studio del linguaggio. La sua tesi di laurea è dedicata alla lingua italiana, per la precisione al fiorentino. Come mai questa scelta e da dove viene la passione per la nostra lingua? </span></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Perché amo la lingua italiana? Mi faccia enumerare le ragioni… forse perché è bella e musicale. Forse perché la storia e la varietà dei suoi dialetti mi affascina. Forse perché, fra tutte le lingue che ho studiato, l’italiano è quella che parlo meglio. E certo, ci sono stati almeno un paio di boyfriend italiani nella mia gioventù…</span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b><span style="font-family: verdana;">So che è una <i>flash fiction addicted</i>, quella forma super concentrata di narrazione che in italiano definiamo ‘racconto breve’. Da dove viene questa passione e perché consiglierebbe a un autore in formazione di cimentarsi con questa forma di scrittura?</span></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">C’è qualcosa di magico nello scrivere o leggere una storia che è lunga solo poche centinaia di caratteri. Il racconto breve costringe lo scrittore a lavorare meglio, ma anche il lettore deve impegnarsi di più nel riempire così tanto spazio vuoto. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Dal punto di vista di uno scrittore, un testo narrativo super-concentrato è il mio preferito. Mi dà l’opportunità di sperimentare senza la pressione imposta da un romanzo. La Flash fiction lascia libero lo scrittore di concentrarsi sulla scrittura, solo sulla scrittura. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b><span style="font-family: verdana;">Prima di salutarla, mi piacerebbe chiederle quali libri teneva sul comodino mentre scriveva <i>La classe</i> e se c’è già un nuovo romanzo a cui sta lavorando.</span></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Mentre stavo scrivendo La Classe, sono certa che ci fossero dei romanzi di Stephen King e Lionel Shriver nelle vicinanze! E sì, sto sempre scrivendo un nuovo romanzo o forse due. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Grazie per la sua disponibilità</span></div><div><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div></div><span style="font-family: verdana;"><br /></span><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;"><a href="https://www.sulromanzo.it/blog/a-cosa-saresti-disposto-a-rinunciare-le-scelte-di-christina-dalcher" target="_blank">Link a sulRomanzo</a></span><p></p>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-14336716858573317402021-02-28T07:00:00.015+01:002021-03-08T15:13:40.056+01:00Lo strano caso della focena di Mark Haddon<p style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihnt9mOPUKk5UWaAKMNBisM3YsR-fAO0kAVmobm0v2CEN7fDIl7_6SeZmUt9G3d-ubuZ0cYfpqDpqZbdjKNEZ8BjPxbx9cfTzThyOGCwoqHxrOcjjqu5atJEPYQlWMQRURUcdCsspK0SA/s500/pericle+shakespeare.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="313" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihnt9mOPUKk5UWaAKMNBisM3YsR-fAO0kAVmobm0v2CEN7fDIl7_6SeZmUt9G3d-ubuZ0cYfpqDpqZbdjKNEZ8BjPxbx9cfTzThyOGCwoqHxrOcjjqu5atJEPYQlWMQRURUcdCsspK0SA/s320/pericle+shakespeare.jpg" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;">In pochi avrebbero osato scrivere un romanzo partendo da un’opera poco conosciuta di Shakespeare (<a href="https://www.illibraio.it/libri/william-shakespeare-pericle-principe-di-tiro-9788811364290/"><i>Pericle, principe di Tiro</i></a>), che a sua volta affonda le sue origini in <a href="https://www.treccani.it/enciclopedia/re-di-tiro-apollonio/">un mediocre romanzo del III secolo d.C. di un autore latino sconosciuto</a>, che (per ricordarci quanto siano circolari le storie nella narrativa dell’umanità) a sua volta strizza l’occhio a una legenda della mitologia greca. Il gruppetto di scrittori coraggiosi si sarebbe ulteriormente assottigliato se gli aveste chiesto di ambientare la loro storia nel XXI secolo, con continui sbalzi temporali all’epoca del mito, passando per il periodo elisabettiano e il rapporto che Shakespeare ebbe con un certo George Wilkins (“taverniere, lenone, furfante, molestatore di donne e autore teatrale”) per scrivere il <i>Pericle, principe di Tiro</i> da cui siamo partiti. </span><p></p><p style="text-align: left;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><span style="font-family: verdana;">Complicato, vero? L’ho pensato anch’io quando ho preso in mano il nuovo romanzo (ma badate che il termine in questo caso è riduttivo) di Mark Haddon (</span><i style="font-family: verdana;">La focena</i><span style="font-family: verdana;"> – tradotto da Monica Pareschi per Einaudi). Cosa era saltato in mente all’autore de </span><i style="font-family: verdana;"><a href="http://imago2punto0.blogspot.com/2017/09/la-voce-dei-numeri-le-emozioni-secondo.html">Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte</a></i><span style="font-family: verdana;">, splendido romanzo del 2003 che apre il mondo dell’Asperger ai lettori, attraverso le mirabolanti avventure del quindicenne Christopher John Francis Boone? </span><p></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMDqHWY8EiLXWDH-qs7wAFPZUzVFg4vGERBSQmsD7Ot5T1U9zCnbQ1W_kwWnZDSecvECSemTtLbTeutPkEpCQxTDKEq_shzQ_ijAi3eQO6VPOhQAh6pPdJ8PUZ4XUSzuHY9sLnTUpIPoQ/s499/lo+strano+caso.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="499" data-original-width="324" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMDqHWY8EiLXWDH-qs7wAFPZUzVFg4vGERBSQmsD7Ot5T1U9zCnbQ1W_kwWnZDSecvECSemTtLbTeutPkEpCQxTDKEq_shzQ_ijAi3eQO6VPOhQAh6pPdJ8PUZ4XUSzuHY9sLnTUpIPoQ/s320/lo+strano+caso.jpg" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;">Se a questo aggiungete che la narrazione è in terza persona esterna e onnisciente, ossia la macchina da presa, che sa tutto e non ne fa mistero, è sempre un passo indietro rispetto ai personaggi, offrendoci un campo largo, quasi asettico, degli innumerevoli conflitti reali e immaginari che in essa si dipanano, capirete che per il 99% degli autori viventi questa scelta equivaleva a un suicidio letterario. E se Haddon salva in parte la storia, facendone un luogo di rivincita per l’eroina femminile, che nell’opera originale scompariva miseramente, <b>per il lettore è molto difficile entrare in empatia con i personaggi o con le sofferenze che devono sopportare</b> (e sono molte), nonostante l’incipit di forte impatto che ha preparato Haddon: un cruento incidente aereo in cui perderà la vita la moglie di Philippe, magnate e collezionista d’arte, novello re Antioco del mito a cui la storia si ispira, che farà di sua figlia Angelica il suo gioiello più prezioso, intessendo con lei una relazione incestuosa, almeno fino all’arrivo di Darius, novello principe di Tiro, che scopre il morboso rapporto fra padre e figlia e per questo dovrà fuggire inseguito dai presagi di morte, nonché dai sicari del re Antioco. </span><p></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsOdf1nylOiwcQsFWRmtclPNNDdVTver7H8V6qOeBKZj0pAJoBC96kEx0D8cnVCQTmUnNN9QD-AEH7gGJZCfe43I5FK_MxoY_t1EWuwekckevxFyBdA5ZbdnWWrS1JG0QtG2mZqZsU5Oc/s1200/mark+haddon+the+guardian.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Mark Haddon" border="0" data-original-height="900" data-original-width="1200" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsOdf1nylOiwcQsFWRmtclPNNDdVTver7H8V6qOeBKZj0pAJoBC96kEx0D8cnVCQTmUnNN9QD-AEH7gGJZCfe43I5FK_MxoY_t1EWuwekckevxFyBdA5ZbdnWWrS1JG0QtG2mZqZsU5Oc/w320-h240/mark+haddon+the+guardian.jpg" title="fonte: the Guardian" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />E sebbene i pericoli nel XXI secolo, quanto al tempo del principe di Tiro elisabettiano, si sprechino, fra pestilenze, tempeste, innamoramenti travagliati, morti repentine e vittorie rocambolesche, questo non basta a conferire a <i>La focena</i> di Haddon un ritmo tale da consentirne l’agile lettura, <b>portando</b> spesso <b>il lettore a chiedersi</b>, perché lo si abbia voluto confinare in un angolo di visuale così lontano dalle ossa e dal sangue della storia o <b>perché l’autore preferisca troppo spesso narrare ciò che accade, piuttosto che farlo vedere o meglio intuire al lettore</b>. </span><p></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZNS-t81BC0DSyM1T9SOlDT2sM4vm-WkV6RMFFK04g4T7EZqS_b9v56Kqlm7EGkesjG9MtsIV00fX3WuJEw_Q1ztcsEwMP_Wnebr-6V7xLEZ3ESFH4rhNluP8xD8N3rpppWFleIqjYjOI/s577/la+focena.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="577" data-original-width="364" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZNS-t81BC0DSyM1T9SOlDT2sM4vm-WkV6RMFFK04g4T7EZqS_b9v56Kqlm7EGkesjG9MtsIV00fX3WuJEw_Q1ztcsEwMP_Wnebr-6V7xLEZ3ESFH4rhNluP8xD8N3rpppWFleIqjYjOI/s320/la+focena.jpeg" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;">Concordiamo con la visione di <a href="https://www.newyorker.com/books/page-turner/mark-haddon-the-porpoise-storytelling-is-an-instrument-of-violence-and-solace">Katy Waldman sul <i>New Yorker</i></a>, quando dice che Mark Haddon prova a sintetizzare più mondi in una trama narrativa, con il risultato di offrire tanti antefatti al lettore, utili per comprendere meglio una storia principale che non sembra arrivare mai. È come trovarsi di fronte a un coro da tragedia greca che cuce eventi che non possono essere mostrati allo spettatore per prepararlo a un gran finale mancante. <b>Haddon costruisce un aeroplano abbastanza impavido per entrare a tutta velocità nelle nebbie più impervie della narrazione, senza riuscire però a farci vedere cosa c’è dall’altra parte</b>. </span><p></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Come direbbe Robert Frost, Mark Haddon non è uomo da sentiero battuto e per questo resta nei nostri cuori come un autore da seguire e leggere, con mente aperta, per aiutarci a mettere in discussione i nostri limiti, perché la narrazione, almeno per lui, sembra non averne, anche se a volte muoversi al suo interno “è come vedere l’abisso che guizza tra le assi di un ponte pericolante”</span></p><div style="text-align: left;"><br /></div>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-85907382941292164652021-01-31T07:30:00.014+01:002021-01-31T17:18:29.350+01:00La versione di Nora e quella di Matt Haig<p><span style="font-family: verdana;">A distanza di tre anni dal suo romanzo <i>Come fermare il tempo</i>, storia di un uomo capace di vivere oltre quattrocento anni, sconfiggendo ogni legge naturale, solo per desiderare di morire in santa pace, <b>Matt Haig ritorna con <i>La biblioteca di mezzanotte</i></b> (pubblicato in Italia da edizioni e/o e tradotto da Paola Novarese), storia<b> </b>altrettanto fantastica e distopica che ci porta a domandarci cosa sarebbe accaduto nella nostra vita se avessimo fatto scelte diverse. </span></p><p><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7BY-TdDIuLK_8dCV_XScaA8eE69v5oM1zau1q7u8i8Jrz9tsa90KVbiw0UUeM3nLI6LB2tKZzxFuMKXuaCy7AsjfZ-ff4mjnSqiXEQqcT11k1Sk9kmpVPDWzyxEzYafaa-uqqx2QywrQ/s499/midnight+library.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="499" data-original-width="331" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7BY-TdDIuLK_8dCV_XScaA8eE69v5oM1zau1q7u8i8Jrz9tsa90KVbiw0UUeM3nLI6LB2tKZzxFuMKXuaCy7AsjfZ-ff4mjnSqiXEQqcT11k1Sk9kmpVPDWzyxEzYafaa-uqqx2QywrQ/s320/midnight+library.jpg" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiVDBTW6-6zodFk19sNqD7VYROYxc2PYVbMjzwfsRP3j-_8vp8aBGDJLHjz2GnbSbcniZ5jz3bXXECD38lw6Ebnppxzr4wdlQBpoCBeMBSdkwnuIgBgk-6JypJo02AsLalkGOLXpMHSnIE/s932/libreria+di+mezzanotte.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="932" data-original-width="600" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiVDBTW6-6zodFk19sNqD7VYROYxc2PYVbMjzwfsRP3j-_8vp8aBGDJLHjz2GnbSbcniZ5jz3bXXECD38lw6Ebnppxzr4wdlQBpoCBeMBSdkwnuIgBgk-6JypJo02AsLalkGOLXpMHSnIE/s320/libreria+di+mezzanotte.jpg" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />La protagonista del romanzo di Haig si chiama Nora Seed, ossia Nora ‘Seme’ (se traduciamo in italiano il cognome scelto dall’autore) e non è casuale. Nora ha infatti in sé, come noi tutti, <b>semi di diversi talenti che sta a lei sviluppare nel corso della sua vita, ma quali scegliere?</b> È questa la domanda che sta alla base di tutta la narrazione. Una domanda a cui spesso ci troviamo a rispondere senza esserci interrogati sui nostri reali bisogni, senza aver osato attraversare la maschera che indossiamo per difenderci da ciò che immaginiamo le persone potrebbero pensare di noi. Nora ne è ossessionata. Per il padre ha tentato di perseguire la carriera sportiva, rinunciando a un passo da un possibile successo olimpico, divorata dalla paura del fallimento; per il fratello ha deciso di provare a suonare prima e a cantare poi, facendo parte di un gruppo che ha abbandonato per paura del responso del pubblico; per il suo fidanzato ha provato a immaginarsi sposata a gestire un vecchio pub nelle campagne vicino a Oxford, abbandonando il malcapitato sull’altare; per un’amica ha deciso di trasferirsi in Australia a studiare le balene, lasciandola partire da sola e rovinando una storica amicizia. È questo che fa <b>Nora, prova a assecondare l’immagine che gli altri hanno di lei</b>, i bisogni che attraverso di lei vogliono soddisfare, <b>ma al momento di sposare quella vita come definitiva, fa un passo indietro</b>, lasciandosi cadere nella depressione e nell’autolesionismo. </span><p></p><p><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhr5-5_FeLMTbOiimUTMVAmKWhz78U2WfSkppJUwkmU4JNFvMV9x6u8CJFPPbkzjd5eihdHP4vpPgOX0bV6AF8sg3zeby3J_y5R1uv108S0LGhDPINeWaTpReAJH_ifdInk2jYSLis5-Wk/s1240/library+guardian.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Library" border="0" data-original-height="744" data-original-width="1240" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhr5-5_FeLMTbOiimUTMVAmKWhz78U2WfSkppJUwkmU4JNFvMV9x6u8CJFPPbkzjd5eihdHP4vpPgOX0bV6AF8sg3zeby3J_y5R1uv108S0LGhDPINeWaTpReAJH_ifdInk2jYSLis5-Wk/w400-h240/library+guardian.jpg" title="Fonte: Guardian" width="400" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Per questo <b>la ritroviamo a 35 anni pronta a suicidarsi</b>, dopo aver perso ogni legame con il mondo. Ed è qui che Matt Haig apre per lei uno spiraglio, anzi infiniti spiragli: Nora non va fino in fondo neanche con il suicidio, rimanendo sospesa in un limbo fra la vita e la morte, un limbo che ha la forma di una biblioteca, il luogo dove più di tutti si sente a casa, in una mezzanotte perenne in cui sceglie di vivere tutte le vite che le sarebbero toccate se avesse deciso di non mollare.</span><p></p><p><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgh2puBt7OoO98YNUNt92w509cqhjkm-seEibR1WAhyi4Y32aUgV9bjXaTTR6uEzjOpQN6e4VlFpPhvLgaJgD9OLUcq7VO2Iz93doo_4k1nA_TvyCUEVZhTsoWetmhJ1zw3t4Fr6AKCH5c/s2048/Midnight+library+by+Evan+N.+cohen+NYT.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1524" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgh2puBt7OoO98YNUNt92w509cqhjkm-seEibR1WAhyi4Y32aUgV9bjXaTTR6uEzjOpQN6e4VlFpPhvLgaJgD9OLUcq7VO2Iz93doo_4k1nA_TvyCUEVZhTsoWetmhJ1zw3t4Fr6AKCH5c/s320/Midnight+library+by+Evan+N.+cohen+NYT.jpg" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Dopo aver consultato <i>il libro dei rimpianti</i> per decidere da quali sliding doors partire per la sua avventura, la protagonista inizia a visitare la ‘<i>Nora nuotatrice olimpica</i>’, la ‘<i>Nora proprietaria di un pub</i>’, la ‘<i>Nora cantante di successo</i>’ e persino l’improbabile ‘<i>Nora glaciologa</i>’ che combatte gli orsi, nessuna però sembra soddisfarla appieno, nessun doppio sembra vincere la paura della vita che spaventa Nora (“Nuotatrice. Musicista. Filosofa. Sposa. Viaggiatrice. Glaciologa. Felice. Amata. Niente. Non era neppure riuscita a essere padrona di un gatto. Oppure insegnante di pianoforte per un’ora a settimana. O essere umano in grado di sostenere una conversazione”).</span><p></p><p><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNW1t_izG1XrdQKhHK5z8MgvNDu9fuc_-6TK2pjnub6ftt4zFG3stOmsvwr0iWb30q13KyZdekSZn2Itf8-bmS_9SIIxhn37J409tcUiYqRTGadh2CfL6TbHVMm7YcusUfGBBHXdU2CmA/s243/Matt+Haig.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Matt Haig" border="0" data-original-height="208" data-original-width="243" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNW1t_izG1XrdQKhHK5z8MgvNDu9fuc_-6TK2pjnub6ftt4zFG3stOmsvwr0iWb30q13KyZdekSZn2Itf8-bmS_9SIIxhn37J409tcUiYqRTGadh2CfL6TbHVMm7YcusUfGBBHXdU2CmA/s16000/Matt+Haig.jpeg" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Tra una citazione di D.H. Thoreau, autore amato da Nora e da Haig, e una riflessione sulla fisica teorica dei multiversi (universi coesistenti fuori dal nostro spazio-tempo che esistono contemporaneamente), Nora si abbandona a un viaggio fra diverse varianti di se stessa che non possono soddisfarla, poiché nate dalla certezza della protagonista di essere una persona di scarso valore. E se l’idea di fondo è interessante ed è piacevolmente necessario, all’inizio, seguire il replicarsi infinito delle dinamiche e delle domande esistenziali di Nora (“<b>Esistono davvero altre vite, o è soltanto l’arredo a cambiare di volta in volta?</b>”), <i>La biblioteca di mezzanotte</i> perde in incisività per il bisogno dell’autore di intromettersi nel flusso narrante pur di dimostrare la propria tesi, come se fosse necessario istruire il lettore sul pensiero che ci si aspetta da lui, facendogli perdere l’opportunità di creare i multiversi che preferisce. E spingendosi oltre: chi ci dice che la ‘nostra’ Nora sia l’originale? Non potrebbe essere lei una delle possibili varianti della Nora felice e scanzonata che governa un universo parallelo? E ancora, chi ci dice che debba esistere una Nora originale? <b>E se gli scenari di passato e di futuro che Haig crea</b>, a volta troppo frettolosamente pur di passare al successivo, <b>diventassero la base per un nuovo tipo di consapevolezza</b>, magari una <b>che si basi su un sistema di valori e regole morali che noi non abbiamo ancora inventato?</b> </span><p></p><p><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEim8krptEQb11gSfUyDaHs-OKqgZmrpQEH7Prh_9N1Ko1KYoCHWDnjolupo2n4ElNyBgxjcEgcAPMPKy0HaXzkxYkTq9NL0igg0O8P9xfjIrM3UVjw_xbk2sjgj-ogBmmhkH1Ccq9mUSD8/s626/futuro.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="417" data-original-width="626" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEim8krptEQb11gSfUyDaHs-OKqgZmrpQEH7Prh_9N1Ko1KYoCHWDnjolupo2n4ElNyBgxjcEgcAPMPKy0HaXzkxYkTq9NL0igg0O8P9xfjIrM3UVjw_xbk2sjgj-ogBmmhkH1Ccq9mUSD8/s320/futuro.jpg" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Ecco, questo tipo di risvolto ci avrebbe messo in difficoltà e per questo ci sarebbe piaciuto, sostituendosi così alla rassicurante prevedibilità delle dinamiche narrative che Haig costruisce con la consueta abilità nel disegnare un protagonista, cui nostro malgrado ci affezioniamo, contornato da una miriade di personaggi satellite, spesso appena abbozzati, che in <i>La biblioteca di mezzanotte</i> divengono quasi un intralcio nel nostro desiderio di salvare la versione di Nora che abbiamo scelto e difendiamo. </span><p></p><div><br /></div>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-90469953433720634512020-12-27T07:30:00.012+01:002020-12-28T14:57:46.643+01:00Ri-Svegliarsi negli anni ’20 insieme a Paolo Di Paolo<p><span style="font-family: verdana;">“<i>Le decadi, dice Hemingway, finiscono ogni dieci anni, mentre le epoche possono finire in qualsiasi momento</i>”. </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZfAJxVMhGbTg3ZUO4q9V4S-Wz5jF5o39qoASIuW2Xsuxn-E-ZsGazNA-koqYgaeycUZ5Paky2M3kpMhfsQMcAqnR2_DzmPn-TBWrvCvfRIiDXQz1uSi0TkzvVZnK1SeLorW1nGuATw7A/s938/Svegliarsi_negli_anni_Venti_-_Paolo_Di_Paolo___Libri_Mondadori.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="938" data-original-width="656" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZfAJxVMhGbTg3ZUO4q9V4S-Wz5jF5o39qoASIuW2Xsuxn-E-ZsGazNA-koqYgaeycUZ5Paky2M3kpMhfsQMcAqnR2_DzmPn-TBWrvCvfRIiDXQz1uSi0TkzvVZnK1SeLorW1nGuATw7A/s320/Svegliarsi_negli_anni_Venti_-_Paolo_Di_Paolo___Libri_Mondadori.png" /></a></div><br />Decidere da dove iniziare a parlare del<b>l’ultimo lavoro di Paolo Di Paolo</b> (<i><a href="https://www.librimondadori.it/libri/svegliarsi-negli-anni-venti-paolo-di-paolo/" target="_blank">Svegliarsi negli anni Venti</a>. Il cambiamento, i sogni e le paure da un secolo all'altro</i> – collana Strade Blu di Mondadori) <b>è una sfida</b> che mi ha costretto a rivedere l’incipit di questa recensione più e più volte, scegliendo prima una frase di Saul Bellow, poi una di Virginia Woolf, sostituita da Paul Valéry, fino alla citazione al quadrato che leggete, estratta direttamente dal ‘Paolo Di Paolo pensiero’. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Nessuna però sembra cogliere appieno la chiave di lettura di questo libro, tanto che, alla fine, avevo deciso di eliminare la citazione e iniziare a raccontarvi quanto fosse complesso etichettare questo testo (un romanzo o un saggio?), parlandovi della sua capacità di raccontare il cambiamento che stiamo vivendo in questo tormentato primo ventennio del XXI secolo, del parallelismo con gli stessi due decenni del XX secolo, fino a soffermarmi sulla scelta di <b>usare gli scrittori </b>amati dall’autore (e i loro personaggi) <b>come parafulmini emotivi</b>, rabdomanti di quella lotta continua fra paura e eccitazione che gli esseri umani hanno sempre dovuto combattere alla fine di un’epoca. </span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Tutte soluzioni decorose per uscire dall’empisse, ma se c’è una cosa che questo libro chiede al lettore è quella di <b>mettere e mettersi in discussione</b>, senza accettare la soluzione più scontata o comoda per allontanarsi da una frattura nell’ordine mentale in cui credevamo di vivere. L’improvvisa sensazione di estraneità che Svegliarsi negli anni Venti può far insorgere nei suoi lettori è un effetto collaterale della sua sete di conoscenza. Qualcosa sta cambiando, ci dicono gli imbonitori di presunta modernità futuristica da acquistare in piccole dosi su piattaforme di e-commerce, <b>come se il futuro fosse qualcosa da cui immunizzarsi</b>, come faceva Mitridate, il re del Ponto, assumendo piccole dosi di veleno per essere sicuro di resistere a ogni attacco dei nemici. E se questo cambiamento fossimo noi a realizzarlo con le nostre scelte?</span></div><div style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div><div style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhyzDczeXyepidzLnCPcLa3ugv8AN8npLv4nA6VV7WSSRyHs4NgYdBroSR5QfyZQQTPuxFlJGi-c5zeX6SbftI8AfqCiSLX4S5JUAI_sD8HeZCBPb3H3icyEa7bYwgOhIXg-r7Lrh96-yw/s626/futuro.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="fonte: https://www.francograssorevenueteam.com/" border="0" data-original-height="417" data-original-width="626" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhyzDczeXyepidzLnCPcLa3ugv8AN8npLv4nA6VV7WSSRyHs4NgYdBroSR5QfyZQQTPuxFlJGi-c5zeX6SbftI8AfqCiSLX4S5JUAI_sD8HeZCBPb3H3icyEa7bYwgOhIXg-r7Lrh96-yw/w400-h266/futuro.jpg" width="400" /></a></div><br />È per questo che non userò le soluzioni che ho prospettato per scrivere questa recensione e questo non vi piacerà. Non mi soffermerò sullo stile dell’autore, sulla solidità della narrazione o sulla ricercatezza linguistica che lo contraddistingue, né sull’attenta ricerca letteraria, storica e politica, che caratterizza, da sempre, le opere di questo autore. Se conoscete il lavoro di Paolo Di Paolo sapete già cosa vi potete aspettare, se non lo conoscete, non è per questo che dovreste avvicinarvi a <i>Svegliarsi negli anni Venti</i>.</span></div><div style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Non fraintendetemi, sono motivi validi e non comuni per leggere le opere di Paolo Di Paolo, ma <b>S<i>vegliarsi negli anni Venti</i> andrebbe letto perché materializza le domande che ci palleggiamo nella testa da anni, senza il coraggio di porcele</b>. Ma a quanti intermediari politici, economici o social(i) potremo ricorrere, urlando la nostra rabbia contro l’ignoto (o il noto presunto), prima di capitolare? Quante <i>fake news</i> a buon mercato, offerte per immunizzarci dal cambiamento, potremo ingurgitare, prima di fermarci a prendere fiato? Fino a quando dimenticheremo una delle capacità che nemmeno il COVID è riuscita a togliere a noi esseri umani (l’immaginazione)? Domande come: <i>“Cosa accadrebbe se…?”, “Come mi comporterei se…?”, “Come reagirei a…?”</i>, costeggiano il fiume narrativo di Paolo Di Paolo come argini al contrario, pronti a lanciare addosso al lettore schizzi di scelte passate e presenti che hanno effetti profondi sul nostro futuro, influenzandolo. </span></div><div style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://bookcitymilano.it/eventi/2020/paolo-di-paolo-svegliarsi-negli-anni-venti" target="_blank"></a><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://bookcitymilano.it/eventi/2020/paolo-di-paolo-svegliarsi-negli-anni-venti" target="_blank"></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWOaQbr_QyVJginUNN_IquA-hJnXvsnfuhxNtcM0i7U7tLBHhza-fy5PrjNzBd-2QHwxmF4P75-1uBiizV5gfRsdQOvf4ZvZRBJL9e_3yTpbKJrKLuQlYabk8w58Mo8eBpTE6heytRDfg/s251/paolo+di+paolo.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="200" data-original-width="251" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWOaQbr_QyVJginUNN_IquA-hJnXvsnfuhxNtcM0i7U7tLBHhza-fy5PrjNzBd-2QHwxmF4P75-1uBiizV5gfRsdQOvf4ZvZRBJL9e_3yTpbKJrKLuQlYabk8w58Mo8eBpTE6heytRDfg/s0/paolo+di+paolo.jpeg" /></a></div><br />In un’intervista con Luca Sofri a Bookcity, Di Paolo racconta di una strada di Parigi, Rue Crémieux, famosa per le sue casette basse dalle tinte pastello, in cui si affollano ‘instagrammari’ dell’ultima ora per realizzare la foto più estrema, cliccabile e ‘cuoricinabile’ del XXI secolo. Cos’è che li spinge? La necessità, insita negli esseri umani del XXI secolo (come nei loro predecessori del XX secolo), di lasciare un segno, di partecipare a un “esperimento collettivo inconsapevole di rappresentazione ossessiva e radicale di se stessi”. </span></div><div style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;">Vogliamo dimostrare di esserci e di saperci distinguere. Allora sfruttiamo questa spinta compulsiva al presenzialismo per creare <b>un moto d’orgoglio sociale che ci porti a immaginare e disegnare il futuro in cui stiamo entrando</b>, invece di accettare passivamente quello standardizzato, sottodimensionato e privo di responsabilità che la classe politica ci offre con tanta leggerezza. </span></div></div><div style="text-align: left;"><br /></div></div><p></p>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-91967073382837692912020-11-29T07:30:00.004+01:002020-12-07T11:18:48.931+01:00La famiglia di David James Poissant è un lago profondo in cui è dolce affondare<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgaIYOMEDVTnF7dd_QgGDkRwg51kXpexHDdzN0WIB3exsvVys-Nb4aLPEU4czIQB0CIjk826tb7bxFHHTRAGEVErf5z83EJJq1YsKAkmxjJn1Jn98Ovt1ylBNR9dGkMOG4WEHiV-6Lk3B4/s1650/lago-innacone+matteo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="982" data-original-width="1650" height="381" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgaIYOMEDVTnF7dd_QgGDkRwg51kXpexHDdzN0WIB3exsvVys-Nb4aLPEU4czIQB0CIjk826tb7bxFHHTRAGEVErf5z83EJJq1YsKAkmxjJn1Jn98Ovt1ylBNR9dGkMOG4WEHiV-6Lk3B4/w640-h381/lago-innacone+matteo.jpg" title="fonte: https://www.imfineart.com/2018/04/15/week-end-sul-lago-di-massaciuccoli/" width="640" /></a></div><span id="docs-internal-guid-02bce872-7fff-a661-2bd7-93c4b1a52d6e"><div style="text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><p dir="ltr" style="line-height: 1.8; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">La scrittrice americana Natalie Goldberg sostiene che un autore degno di questo nome debba </span><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; font-weight: 700; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">scrivere ‘fino alle ossa’</span><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">, dando alla carta il colore della propria consapevolezza. Penso che sarebbe stata soddisfatta del lavoro di </span><a href="https://www.davidjamespoissant.com/" style="text-decoration-line: none;"><span style="color: #0563c1; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-decoration-line: underline; text-decoration-skip-ink: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">David James Poissant</span></a><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> e del suo primo romanzo </span><span style="font-style: italic; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">La casa sul lago </span><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">(tradotto con perizia da Gioia Guerzoni ed edito da </span><a href="https://www.nneditore.it/" style="text-decoration-line: none;"><span style="color: #0563c1; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-decoration-line: underline; text-decoration-skip-ink: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">NNEditore</span></a><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">, cui sarò sempre grato per aver portato in Italia </span><a href="https://www.nytimes.com/2015/06/07/books/review/our-souls-at-night-by-kent-haruf.html" style="text-decoration-line: none;"><span style="color: #0563c1; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-decoration-line: underline; text-decoration-skip-ink: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Kent Haruf</span></a><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">), storia della famiglia Starling e del bisogno dei suoi membri di essere ascoltati, ascoltati davvero. </span></span></p><p dir="ltr" style="line-height: 1.8; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><br /></span></span></p><p dir="ltr" style="line-height: 1.8; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGLGRgsgOmlGzXgafXgQsC2OBy89Y4_biogU155rjxHmvZ4bwwZyAvZIVBaQrcPG8UVtQIHX7uKkWyR3QvTG7CMhIvbn35YjckSC5K6Q7tXhag-jDdK0ttScXBerklisg3godrPvBHFmU/s400/la_famiglia_di_david_james_poissant_e_un_lago_profondo_in_cui_e_dolce_affondare_2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="255" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGLGRgsgOmlGzXgafXgQsC2OBy89Y4_biogU155rjxHmvZ4bwwZyAvZIVBaQrcPG8UVtQIHX7uKkWyR3QvTG7CMhIvbn35YjckSC5K6Q7tXhag-jDdK0ttScXBerklisg3godrPvBHFmU/s320/la_famiglia_di_david_james_poissant_e_un_lago_profondo_in_cui_e_dolce_affondare_2.jpg" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />In un periodo come quello in cui stiamo vivendo, dove l’isolamento forzato e la separazione dal ‘resto del mondo’, anche solo attraverso un rettangolo davanti a naso e bocca, rischia di diventare la norma, il bisogno congenito di ascolto dell’essere umano pulsa come un mal di testa cronico sotto la nostra mascherina alla ricerca di una preda su cui scaricare le nostre frustrazioni, i nostri desideri infranti, la paura per quello che ancora deve accadere e </span></span><span style="font-family: verdana;"><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; font-weight: 700; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">il terrore più grande di tutti: essere soli quando l’indefinito si abbatterà su di noi</span><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">. David James Poissant ci offre il salvagente che tutti, spesso nostro malgrado, abbiamo a disposizione: </span><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; font-weight: 700; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">la famiglia</span><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">, persone che abitano sotto lo stesso tetto, anche solo per un fine settimana, come gli Starling. Tre giorni che li porteranno a vuotare il sacco sull’inverno del loro scontento e, sorprendentemente, a riuscire per la prima volta a ascoltarsi. </span></span><p></p><p dir="ltr" style="line-height: 1.8; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><br /></span></span></p><p dir="ltr" style="line-height: 1.8; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUp5XzZyli2cedZrfX4x65N3IkLAkIRKiX3GzngJu8x3-iYjEKhQYacswAvF-UA7yAuSz39HdanTUe52SG4UJ6UgSrpM12KUjE_WQEN3N3pa8Gf6g7tQsi-mXjAXN0o-fmPjoxS0c6kzo/s1746/David_James_Poissant.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1122" data-original-width="1746" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUp5XzZyli2cedZrfX4x65N3IkLAkIRKiX3GzngJu8x3-iYjEKhQYacswAvF-UA7yAuSz39HdanTUe52SG4UJ6UgSrpM12KUjE_WQEN3N3pa8Gf6g7tQsi-mXjAXN0o-fmPjoxS0c6kzo/s320/David_James_Poissant.jpg" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Siamo nel 2018 in North Carolina, in una casa mobile, poi diventata stabile, affacciata su un lago. Una casa che Richard e Lisa hanno deciso di vendere dopo decenni per trasferirsi in Florida a godersi la loro pensione, dopo una lunga carriera alla Cornell University. Nell’ultimo weekend che li separa dalla vendita, i loro due figli Michael e Thad, molto più problematici e meno realizzati dei loro genitori, arrivano con i rispettivi compagni, Diane e Jake, per prendere le loro cose e raccattare i ricordi della loro infanzia. Questo il setting narrativo predisposto da Poissant, che non manca, in perfetto stile Carnage, di offrire un pretesto per la deflagrazione emotiva di una famiglia, pronta, forse per la prima volta, a raccontarsi tutto quello che si è tenuta nascosta per decenni. Come nella migliore tradizione narrativa dei drammi familiari è la replica di una innocua dinamica relazionale a scatenare veri e propri tsunami con cui gli Starling si colpiscono senza pietà (“<span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">è così che funzionano le famiglie: l’insignificante elevato ad imperativo</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">”) e senza alcun rispetto, ma “</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">il rispetto a volte è più difficile da concedere dell’amore</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">”. </span></span><p></p><p dir="ltr" style="line-height: 1.8; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: left;"><b id="docs-internal-guid-0c626275-7fff-354b-8118-79d04621ab54" style="font-weight: normal;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></b></p><p dir="ltr" style="line-height: 1.8; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi0Ap_f98RJgLwYfjqlKoBGl_Il4zTDC9OzLIbHtDOT-K2CrQ7KjRZaahZsbxYxAZTbrdlBdagUDa8L16_oRm5qVPAT5TNDUkWIHfitEudumuojXL57BRCmgG5qUGB5PHOX9F1Yocat7eo/s1892/David_James_Poissant+books.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1002" data-original-width="1892" height="211" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi0Ap_f98RJgLwYfjqlKoBGl_Il4zTDC9OzLIbHtDOT-K2CrQ7KjRZaahZsbxYxAZTbrdlBdagUDa8L16_oRm5qVPAT5TNDUkWIHfitEudumuojXL57BRCmgG5qUGB5PHOX9F1Yocat7eo/w400-h211/David_James_Poissant+books.jpg" width="400" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Come richiesto dalla Goldberg, <span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">questa storia vi porterà fino alle ossa dei personaggi</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> e ancora più in profondità, </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">fino a toccare la loro anima</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> e scoprire che “</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">a volte devi lasciare quello che ami per amare quello che hai</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">”, anche se questa scelta ti fa arrabbiare, anche se ti taglieresti una mano pur di evitarlo. Alcol, droga, silenzio, sesso, niente basterà a placare la paura che gli Starling hanno nascosto così bene in fondo al loro cervello. </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">La casa sul lago</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> costringerà il lettore a guardarsi dentro, scoprendo che ha molte cose in comune con questi personaggi che non sembrano fare alcuno sforzo per piacerci, sventolando i loro difetti con indisponente serenità. Eppure, non sono proprio fatti così i membri di una famiglia? Orgogliosi delle loro nevrosi, create con l’unico scopo di torturare compagni, figli e genitori? </span></span><p></p><p dir="ltr" style="line-height: 1.8; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: left;"></p><p dir="ltr" style="line-height: 1.8; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: left;"><span style="font-family: verdana;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Con uno stile poliedrico, che sa bilanciare la capacità introspettiva con la leggerezza, David James Poissant mette un altro paletto sulla strada della propria carriera letteraria, iniziata con la raccolta di racconti </span><a href="http://www.minimaetmoralia.it/wp/il-paradiso-degli-animali-di-david-james-poissant/" style="text-decoration: none;"><span style="background-color: transparent; color: #0563c1; font-size: 12pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration-skip-ink: none; text-decoration: underline; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Il paradiso degli animali</span></a><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">(pubblicata nel 2015 sempre da NNEditore) e grazie al quale è stato paragonato a autori del calibro di Raymond Carver e Richard Ford, sebbene nella sua casa sul lago si percepissero più echi di </span><a href="http://imago2punto0.blogspot.com/2016/10/eccomi-la-ricerca-della-felicita.html" style="text-decoration: none;"><span style="background-color: transparent; color: #0563c1; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration-skip-ink: none; text-decoration: underline; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Jonathan Safran Foer</span></a><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> e </span><a href="http://imago2punto0.blogspot.com/2011/02/al-limite-della-notte-di-michael.html" style="text-decoration: none;"><span style="background-color: transparent; color: #0563c1; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration-skip-ink: none; text-decoration: underline; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Michael Cunningham</span></a><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">, offrendo al lettore un viaggio che aumenterà la sua consapevolezza, ricordandogli che la “</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">vita è come un’elezione e la nostra anima è il voto</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">”. </span></span></p><div style="text-align: left;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: Calibri,sans-serif; font-size: 12pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap; white-space: pre;"><br /></span></div>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-12654141312249031252020-10-18T07:30:00.002+02:002020-10-25T16:17:38.733+01:00Virginia Woolf secondo Emmanuelle Favier<p class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">C'è una versione tra le tante edizioni de <i>La signora Dalloway</i> che posseggo cui tengo particolarmente.</span></p><p class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">È stata stampata nel 1949 da Mondadori con otto illustrazioni di Luigi Broggini che, con la folle <i>indefinizione</i> dell'acquerello, accompagnano il lettore nelle caverne di personaggi scavati da Virginia Woolf.</span></p><p class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiShJeqGOpVsJi4tjsDJBj4l9u9z-QknDgk-OL-YYsGFUKE_0ey1J45HcqR2-0kX0EXAz9oPF78GQqtuRgnqyYGHKM2rIrbHupo_W94OJGuWpApZ86Ia9PqJOPzvYj5aVmHczJOtCeWp60/s2048/IMG_3790.heic" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1331" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiShJeqGOpVsJi4tjsDJBj4l9u9z-QknDgk-OL-YYsGFUKE_0ey1J45HcqR2-0kX0EXAz9oPF78GQqtuRgnqyYGHKM2rIrbHupo_W94OJGuWpApZ86Ia9PqJOPzvYj5aVmHczJOtCeWp60/w208-h320/IMG_3790.heic" title="Foto di Pierfrancesco Matarazzo" width="208" /></a></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Questo per dimostrarvi che sono un <i>Woolf-addicted</i> e <b>dubito si possa essere un appassionato e vorace lettore della prosa della Woolf senza diventarne dipendente</b>. È una droga che scava nelle tue certezze, facendole implodere su loro stesse, costringendoti a guardare lì dove non vorresti, a soffrire e allo stesso tempo a godere di questa esposizione alle debolezze umane: “<i>una tomba su cui stendersi a piangere, zattera di pietra dove gemere del proprio naufragio</i>”. Sì, <b>per amare la Woolf, bisogna essere un po’ masochisti</b>, vedere il bicchiere mezzo vuoto e concentrarsi almeno una volta al giorno sul senso della propria esistenza. Rispecchiandomi in questo ritratto, sulla carta ero il lettore ideale per il romanzo <i>Virginia </i>di Emmanuelle Favier (edito in Italia da Guanda e tradotto da Alba Bariffi) dedicato all’autrice di <i>Gita al Faro</i>, <i>Orlando</i> e <i>Una stanza tutta per sé</i>. Sapevo che c'era una ricerca approfondita fatta dalla Favier fra le carte, le foto e gli oggetti personali della giovane Virginia e <b>contavo in un sagace romanzo che strizzasse l’occhio alla biografia</b>, riempendo i buchi con l'immaginazione di una scrittrice più <i>Woolf-addicted</i> di me.<span class="Apple-converted-space"> </span></span><p></p><p class="p2" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3_RujzMsWW2zlMG_FMd3JCzTeeDEALm0yR7FhuA9Rf9DkRpBlFDxPUtHZC-4oCrfy_aSzKUxEMa1tseHupjjsLAJmbzgMnDlfVRO51NYPVQc7JBwcTKOpF2zB8sho3I3iCIwwneRz04c/s400/virginia_woolf_secondo_emmanuelle_favier_2.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="267" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3_RujzMsWW2zlMG_FMd3JCzTeeDEALm0yR7FhuA9Rf9DkRpBlFDxPUtHZC-4oCrfy_aSzKUxEMa1tseHupjjsLAJmbzgMnDlfVRO51NYPVQc7JBwcTKOpF2zB8sho3I3iCIwwneRz04c/s320/virginia_woolf_secondo_emmanuelle_favier_2.jpg" /></a></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Purtroppo, <b>la <i>Virginia</i> di Emmanuelle Favier non è un romanzo, ma un saggio</b>. Un saggio di pregevole fattura, scritto con un linguaggio curato, a tratti ricercato ed enfatico, che non riesce però a arrivare al cuore del lettore. </span><div><span style="font-family: verdana;">Non posso che inchinarmi, con un poderoso <i>chapeau,</i> davanti alla <b>cura della ricostruzione dei primi anni di vita di Adeline Virginia Alexandra Stephen</b> (divenuta solo nel 1912 Virginia Woolf, sposando lo scrittore ed editore Leonard Woolf), una delle figlie di sir Leslie Stephen e di Julia Prinsep Jackson, lui famoso critico letterario e autore di numerose biografie, fra cui quella di Jonathan Swift, lei modella per pittori preraffaelliti come Edward Burne-Jones. Purtroppo cresce, a ogni pagina, il rammarico per <b>un’occasione sprecata</b>: trasformare gli anni della fanciullezza e dell’adolescenza di una delle più grandi scrittrici del XX secolo in un romanzo di formazione in cui scoprire la donna dietro l’icona. <span class="Apple-converted-space"> </span></span><p></p><p class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisDkBh5CHPQ8mqdkcOMig_FaITRPrpy6MS4ZmJvnob9ER-Ix_UAWslBrwP2trYm2c5KavYw4phVLfumBrv3CaBj9w_hwtUXO_h1VWmTwB0OV2vhyyKX4qE0zmWxkyqTECaOKyvvUd3WEU/s2048/IMG_3791.heic" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1536" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisDkBh5CHPQ8mqdkcOMig_FaITRPrpy6MS4ZmJvnob9ER-Ix_UAWslBrwP2trYm2c5KavYw4phVLfumBrv3CaBj9w_hwtUXO_h1VWmTwB0OV2vhyyKX4qE0zmWxkyqTECaOKyvvUd3WEU/w240-h320/IMG_3791.heic" title="foto di Pierfrancesco Matarazzo" width="240" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Peccato, perché grazie alla Favier, scopriamo che la <b>famiglia di Virginia poteva diventare la cornice perfetta anche per una saga storica e politica, ambientata nell'Inghilterra vittoriana di fine XIX secolo</b>, dove l'arte regna sovrane e le emozioni vengono controllate e valorizzate in funzione del loro effetto sulle produzioni artistiche dei membri della famiglia Stephen. Una famiglia che ha visto passare dai corridoi della sua casa personaggi come Henry James, T. S. Eliot e James Russell Lowell, padrino di Virginia, artisti che si fermavano a bere una tazza di tè nella stessa dimora londinese di Hyde Park dove la Woolf fonda, con il fratello Thoby, un giornale dedicato alle avventure della famiglia Stephen. Senza considerare ciò che accade attorno alla famiglia Stephen e alla società britannica in quegli anni. È la stessa Favier a ricordare al lettore, capitolo per capitolo, il ribollire delle pubblicazioni scientifiche, poetiche e letterarie che si rincorre sotto l’apparente staticità del modello vittoriano. <b>La percezione del mondo inizia a cambiare e alcune antenne, come Virginia,</b> anticipano questo mutamento, <b>iniziando a mettere in discussione idee e certezze</b>, una per tutte <b>la differenza in termini di diritti fra uomini e donne</b>.<span class="Apple-converted-space"> </span></span><p></p><p class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">E se nel 1897 il giornalista britannico Walter Bagehot scriveva che sarebbero stati necessari duemila anni affinché il gap di sviluppo fra il cervello di un uomo (giunto all’età adulta) e di una donna (ancora nella sua iniziale fase di sviluppo) potesse essere colmato, interpretando così il pensiero comune del tempo, Virginia di lì a pochi decenni avrebbe dimostrato un’acutezza e un’abilità nell’analisi psicologica dei suoi personaggi sconosciuta a molti scrittori maschi del suo tempo.<span class="Apple-converted-space"> </span></span></p><p class="p2" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="p3" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEguNUy5fBvf_UWPz48GZTIMnaYFW2cEuFMPCzrdtBbRPGdqOUluLGRgQrGtrt0iuwWWc3vcL_T3YUBEl1UIOoRk3Iu19JVOlZk-PLMh7piYLkHMeKZjiS6ckGdwH4UaSJtAcCa7UVpcH2U/s400/virginia_woolf_secondo_emmanuelle_favier_3.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="213" data-original-width="400" height="170" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEguNUy5fBvf_UWPz48GZTIMnaYFW2cEuFMPCzrdtBbRPGdqOUluLGRgQrGtrt0iuwWWc3vcL_T3YUBEl1UIOoRk3Iu19JVOlZk-PLMh7piYLkHMeKZjiS6ckGdwH4UaSJtAcCa7UVpcH2U/w320-h170/virginia_woolf_secondo_emmanuelle_favier_3.jpg" title="Fonte immagine - https://www.marche-poesie.com/emmanuelle-favier/" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Per questo, se l'occhio non può che godere nel soffermarsi su alcuni passaggi preziosi dell’opera di Emmanuelle Favier, come un ricamo di rugiada su un prato d'aprile, il cuore palpita infelice per un'occasione perduta, continuando imperterrito a seguire le “grandi falcate divoranti e solitarie” di Virginia Woolf.</span><p></p><div><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><a href="http://www.sulromanzo.it/blog/virginia-woolf-secondo-emmanuelle-favier" target="_blank">Link a sul romanzo</a></span></div></div>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-14208457278662038972020-09-06T07:30:00.000+02:002020-10-07T17:17:58.878+02:00L'arte del racconto di Richard Yates<span style="font-family: verdana;"><b>Avete mai raccontato una storia a un bambino? </b>Di quattro o cinque anni, non così piccolo da essere ammaliato da qualsiasi voce che ripercorra le istruzioni per montare un mobile IKEA e non tanto grande da essere interconnesso a mondi vibranti e bippanti che lo sottrarranno alla vostra narrazione in pochi secondi. </span><div><div><span style="font-family: verdana;">Si metterà steso a pancia a terra, i piedi a fluttuare nell'aria, il collo allungato verso di voi, come quello di E.T., in attesa. Se la storia che avrete scelto sarà appena passabile, la sua immaginazione ipertrofica e affamata farà il resto, sganciandosi dal corpo e realizzando con voi quell'affinità elettiva che gli scrittori cercano con i loro lettori. </span></div><div><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrCnKAoT4dwloqGqjwicBJv-nJDbra0xb3XdK_JsnfDoBCroqNwIxBVgIaMlQh9Q_Z0M2cUR1pMfmbWZb7MSs83L9W6VCSyvXp970wteF4SFQZ8_ulNEPoWnw75lr07Tn5HIk1vffFsjg/s440/empatia.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="371" data-original-width="440" height="297" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrCnKAoT4dwloqGqjwicBJv-nJDbra0xb3XdK_JsnfDoBCroqNwIxBVgIaMlQh9Q_Z0M2cUR1pMfmbWZb7MSs83L9W6VCSyvXp970wteF4SFQZ8_ulNEPoWnw75lr07Tn5HIk1vffFsjg/w352-h297/empatia.jpg" width="352" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><a href="http://imago2punto0.blogspot.com/2020/05/la-paura-di-cambiare-lempatia-e-la.html" target="_blank">Con l'età adulta purtroppo l'immaginazione perde elasticità</a>, lasciando spesso il suo posto alla <i>razionalizzazione spinta</i>, una sorta di <i>ragionamento-ponte</i> fra noi e il mondo esterno che semplifica e banalizza ogni emozione provata o intercettata con l'obiettivo di farla rientrare in una delle classificazioni che abbiamo creato con tanta solerzia nella nostra vita. Tristezza, Gioia, Paura, Rabbia, Disincanto, Speranza hanno un'unica forma e intensità: la nostra. <b>Le emozioni vengono spellate dalla nostra mente come gli strati di una cipolla</b> (ad effetto soporifero più che lacrimogeno) <b>e perdiamo la capacità di sorprenderci</b> per ciò che accade <b>e di immedesimarci </b>con quello che provano gli altri. </span></div><div><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisvAORZDaoDpRYkTwD3VVGdyV-JOlrq_B12lTQzqadmHx9Gw8SZKjeAkjrlX8ZMNmUaH5SN1cnu1mBTdz8HunnXfBLdJI8AzqbOorPRHGzlfhoQLJ4TAQMMbGPJP8oHNdC_eHRtc_dovQ/s328/emozioni.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="154" data-original-width="328" height="193" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisvAORZDaoDpRYkTwD3VVGdyV-JOlrq_B12lTQzqadmHx9Gw8SZKjeAkjrlX8ZMNmUaH5SN1cnu1mBTdz8HunnXfBLdJI8AzqbOorPRHGzlfhoQLJ4TAQMMbGPJP8oHNdC_eHRtc_dovQ/w410-h193/emozioni.jpg" width="410" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>Se, come me, non avete narratori creativi e illuminati che si presentino in carne e ossa a casa vostra per raccontarvi storie che restituiscano un po' di strati alla vostra cipolla emotiva, avete però la possibilità di usufruirne a distanza, <b>raggiungendo </b>in alcuni casi <b>livelli di consapevolezza e potenza immaginifica vicina a quella di un cinquenne</b>. </span></div><div><span style="font-family: verdana;">Niente paura, non vi propongo meditazioni massive o diete digitali (sebbene vorrete silenziare i vostri device durante questa pratica), ma solo <b>qualche ora a settimana da trascorrere in compagnia di un romanzo</b>. Ognuno si lascerà guidare dal proprio istinto e dalle precedenti letture per scegliere l'autore e il titolo che lo ispira, l'importante è che si generi quell<b>'<i>affezionamento esperienziale'</i> nella mente del lettore che la renda unica</b> per le emozioni e la capacità di immedesimarsi in questo o quel personaggio e nel suo più intimo sentire. Se così non sarà, non avrete incontrato l'autore adatto al vostro viaggio, non desistete però, ne vale sempre la pena. </span></div><div><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiIc-yStkpvtkmCtXhjgZ0R6iS7mqBS8j8XKCFF3mwfDIRNeGyYkWTpiqGdp9d6M2XXGx1XpbTOCENd9Q3EcAvO1323pwhNRVBliknz_8JeuQTAVjOWlQALITBuw5SgKOaO0C2Coyjxmg4/s2048/E07A2D52-9755-4C47-8B91-90A36F3B7494.JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1639" height="410" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiIc-yStkpvtkmCtXhjgZ0R6iS7mqBS8j8XKCFF3mwfDIRNeGyYkWTpiqGdp9d6M2XXGx1XpbTOCENd9Q3EcAvO1323pwhNRVBliknz_8JeuQTAVjOWlQALITBuw5SgKOaO0C2Coyjxmg4/w328-h410/E07A2D52-9755-4C47-8B91-90A36F3B7494.JPG" width="328" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>Nel mio continuo cercare fra le pieghe della narrativa, mi sono imbattuto ne <b><i>Il vento selvaggio che passa</i>, romanzo di Richard Yates</b>, pubblicato per la prima volta in italiano quest'anno da minimum fax grazie alla traduzione di Andreina Lombardi Bom. Penultima opera narrativa dell'autore di <i>Revolutionary Road e Eastern Parade,</i> a cui si sono ispirati molti scrittori del secondo Novecento per ritrarre la lotta continua e perdente che vede le aspirazioni e i talenti dell'uomo comune scontrarsi con le regole della società e del mercato che lui stesso sostiene (uno fra tutti Kurt Vonnegut).<i> I</i></span><span style="font-family: verdana;"><i>l</i></span><i style="font-family: verdana;"> vento selvaggio che passa </i><span style="font-family: verdana;">racconta la storia di Michael e Lucy Davenport, coppia costantemente concentrata sui rispettivi desideri infranti e sul modo in cui, attraverso questi, si legge la vita che hanno attorno, fatta di persone che sembrano ottenere tutto ciò che vogliono o dichiarano di volere. </span></div><div><span style="font-family: verdana;">Con una rara capacità di introspezione dei personaggi, purezza della scrittura e abilità nel costruire dialoghi, Richard Yates mi ha risucchiato nella storia, aiutandomi a ricordare che "</span><b style="font-family: verdana;">la differenza fra persone forti e persone deboli, a un esame attento, finisce sempre per andare in pezzi</b><span style="font-family: verdana;">". È bene tenerlo a mente quando si confronta la propria vita con quella delle persone che ci circondano o quando si valutano le esigenze (proprie o altrui) partendo dal <i>presunto</i> rapporto di forza o di debolezza che lega due individui. </span></div><div><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIgXKhinFhhqZkHfophkjZpjz1luIXJV_8oeNIR5_OgXf3SyKS8PEuiHmjEKeuO399EJKQM5JF4cRL2yrLEMxLU5Ix5W69VW_UElH10WaUuCBX0e8Ho_TA_EG4YySB2LDDQ4MgjPEmhjs/s300/you%2527ve+got+mail.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="168" data-original-width="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIgXKhinFhhqZkHfophkjZpjz1luIXJV_8oeNIR5_OgXf3SyKS8PEuiHmjEKeuO399EJKQM5JF4cRL2yrLEMxLU5Ix5W69VW_UElH10WaUuCBX0e8Ho_TA_EG4YySB2LDDQ4MgjPEmhjs/s0/you%2527ve+got+mail.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>Tom Hanks, nel film <i>You've got mail </i>di Nora Eprhon,</span><span style="font-family: verdana;"> racconta a Meg Ryan che la pellicola di Francis Ford Coppola <i>Il Padrino </i>è una fonte inesauribile di ispirazione dove trovare una risposta valida a ogni domanda che la vita ci pone. Ebbene <i><b>Il</b></i></span><b><span style="font-family: verdana;"><i> </i></span><i style="font-family: verdana;">vento selvaggio che passa </i></b><b style="font-family: verdana;">è appena diventato il mio <i>Padrino</i></b><span style="font-family: verdana;">, non solo perché con i suoi giochi linguistici e ribaltamenti emotivi è una perfetta scuola di scrittura creativa per chiunque ami l'arte della narrazione, ma perché mi ha permesso di osservare la vita che percorro dall'esterno, per poi rientrarvi con occhio generoso e attento ai miei (e altrui) desideri e per questo non potrò mai ringraziare Richard Yates abbastanza. </span></div><div><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div><br /></div><div><div><div><br /></div></div></div></div>PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-40253609426229334162020-07-26T07:30:00.000+02:002020-07-26T07:30:03.244+02:00Quello scarafaggio di un politico e i destini di un Paese<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Per quanto tempo un moscone morto conserva un buon sapore? Come si parla senza avere una </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">bocca? E come ci si sente a avere uno scheletro esterno?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Domande vitali per chi volesse scrivere una storia che ha come protagonista uno dei milioni di </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">scarafaggi con cui conviviamo nelle nostre città. Domande che potremmo girare al primo ministro </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">inglese, vero esperto nel campo, almeno secondo <a href="https://www.nytimes.com/2019/09/25/books/review-cockroach-ian-mcewan.html" target="_blank">Ian McEwan e il suo nuovo romanzo <i>Lo </i></a></span><i style="font-family: Verdana, sans-serif;"><a href="https://www.nytimes.com/2019/09/25/books/review-cockroach-ian-mcewan.html" target="_blank">scarafaggio</a></i><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> (edito da Einaudi e tradotto da Susanna Basso). </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
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<img alt="Ian McEwan, nuovo romanzo: Primo ministro come scarafaggio - Pangea" 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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Una metamorfosi inversa rispetto a </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">quella di <i>Gregor Samsa</i>, personaggio scolpito nella memoria collettiva di noi occidentali grazie alla </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">mente visionaria di Franz Kafka, risvegliatosi una mattina nei panni, anzi nel guscio di uno </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">scarafaggio. Il protagonista della storia di Ian McEwan vive infatti la sorte opposta, <b>Jim Sams</b>, </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">nobile blatta dalla corazza splendente, <b>si sveglierà una mattina in un disgustoso </b></span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><b>corpo umano</b>, provando così l’ebbrezza di sorprendenti altitudini e l’orrore di una massa molliccia </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">di carne che si agita nella sua bocca. Ma questo è solo l’inizio di un giorno di ordinaria follia per il</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">povero scarafaggio. Il corpo che lo ospita e niente di meno che quello del primo ministro inglese </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">alle prese con l’approvazione di una legge epocale, capace di staccare la Gran Bretagna non solo </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">dall’Europa, ma dal mondo intero.</span></div>
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: center;">
<img alt="" height="300" src="https://www.atramento.it/wp-content/uploads/2018/12/48144671_385597962185198_8095160965160501248_o.jpg" title="fonte immagine: https://www.atramento.it/ipilastridellaletteratura-franz-kafka-la-metamorfosi/" width="400" /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Gli scarafaggi hanno dato tempo all’uomo di trovare una scappatoia dal sistema democratico </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">che lo affligge e dalle relative unioni fra stati volte a portare prosperità e a ridurre le </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">disuguaglianze. Il cervello collettivo delle blatte sa che c’è bisogno di sovranismo, di odio, magari </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">di una guerra, così da creare l’habitat ideale per la proliferazione del popolo di Jim. Per questo, </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">contornato da un gabinetto di ministri, anch’essi ex scarafaggi, il capo del governo britannico Sams </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">tenterà di mettere ordine grazie all’Inversionismo, teoria economica che parte dal presupposto di </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">invertire tutti i flussi finanziari. <b>Essere pagati per comprare, non sarebbe bellissimo? </b>Così da avere </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">abbastanza soldi per pagare il datore di lavoro e poter continuare a produrre beni e servizi da </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">offrire ai consumatori insieme a un bel mucchio di contanti. Il padrone di casa diventerebbe un </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">instancabile consumatore di beni e servizi, pur di avere abbastanza soldi per pagare i suoi inquilini </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">e gli albergatori acquisterebbero solo i cibi e le lenzuola migliori pur di avere abbastanza liquidità e </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">pagare così i loro ospiti. </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Un ciclo perfetto che si autoalimenterebbe per l’eternità, almeno secondo </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">l’idea del partito populista che lo ha lanciato e di quello conservatore che si è trovato ad </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">appoggiarlo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: center;">
<img alt="" height="200" src="https://www.liberopensiero.eu/wp-content/uploads/2020/04/5cc1afa7260000530070cfd7.jpeg" title="fonte immagine: huffingtonpost.it " width="400" /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Superando tradimenti di umani non ancora ricondizionati dalle idee ‘blattesche’ e insubordinazioni </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">delle proprie truppe, <b>Jim Sams porterà avanti la sua linea politica con fermezza e assoluta </b></span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><b>indifferenza verso i diritti dei singoli</b>, avendo imparato dalla sua specie che sono solo quelli della </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">massa a essere rilevanti.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Fin qui l’incredibile struttura narrativa che McEwan costruisce attorno a una satira dal sapore </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">settecentesco (fra i tanti echi, forte quello di Jonathan Swift e del suo Gulliver) ispirata al percorso </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">che il governo di Boris Johnson sta completando per portare la Gran Bretagna fuori dall’Europa.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: center;">
<img alt="Ian McEwan, nuovo romanzo: Primo ministro come scarafaggio - Pangea" src="data:image/jpeg;base64,/9j/4AAQSkZJRgABAQAAAQABAAD/2wCEAAkGBxIQEhUSEhIQDxASEhAQEA8QEA8QEBAPFRUWFhUVFRUYHSggGBolGxUVITEhJSkrLi4uFx8zODMsNygtLisBCgoKDg0OFRAQGCsZHR0rKysrLS0rLSstLSstLS0tLS0rLS0tLS0rLSsrKy0rKy0tLSstKy0tKy0tLSstKystK//AABEIAKoBKQMBIgACEQEDEQH/xAAcAAACAwEBAQEAAAAAAAAAAAADBAIFBgEHAAj/xAA6EAACAQMCBAQDBgUEAgMAAAABAgADBBESIQUxQVEGE2FxIjKRFCOBobHBBxVCUtEzYnLhgvA0Q1P/xAAZAQADAQEBAAAAAAAAAAAAAAAAAQIDBAX/xAAhEQEBAAIDAAIDAQEAAAAAAAAAAQIRAxIhEzEEQVEiYf/aAAwDAQACEQMRAD8AJTWMIshTEOggaarDosgoh0EAkqwipPkEMogHyLDKs4ohVECfKsKFnFEIojJ1Vkws+USYEQcCyYWdAkwIgFUWcQQjicWMqKqyHmgnA3xzx3gL+swXSnznr2E+sKWlQvMg4J6k84wa1j1klYGLu4yfTbeToNtn6w0NmdM+xOUmz7wkAjifYk8T4CBoYnCsJicxGQeJErCEThEAA20Vq3IEcrLtKLiSkCKqxmzpuRK68rjMrTWIgrtyy5i20mCwoXI1YzH2rDvMkSQM9pI37DmYoLhtpmqg9YNiO8zJ4ic850cRYdY9l8bQMRI7SgHEjI/zFobLpTdMQ6CVlG8zLBam2ZXVOzSLDIIgt1gxunXhcS2bQQqiK06++I2rRaMVRCqIJHEIjw0BQJMCQDiEVxDRCASYEgHEmrCGgkBJgT5ZMCLQCcQZ2/CHqCV17cDZQdznPtAiX2vNRieQYgew2H6zlXjCUsknBJyM899hM3fcTAfAOwJGM59P8SranWr4CZx1Y8obXMNr658UcyOWcH3lS/jbG2Cdzjc4k6PhhyMFuoJx1MjceBVI/wBRlO5BwCMmT3aTip2z8cjOCMdMjYTWcK8S29UfOFbsf8zye98AXQOadem3odSE/rKypw3iFp8T020jm1M6h+W8cyicuOz9P0PTcNuCD7bwmJ4nwLxPcJhldvVW6e47T1Lw54ip3S4yFqj5k9fSUi+LnE+xJT4iMgyJEiEIkSIEE0rOI6SCI9dHaUtyDFVY/ar8rnOULbKmO06BMcpWuBJa2s3c2xOQItVsSV9Zo3tsZkEtcx6LuyVS0I5yVSgTylvxOjg4g7Rc8+0St+Ka5tSMGR8hpozb5n32UdhAu7KWCNvLmoSEElStMRvyMib3OWufSl1NrHaWtJj+EmtjvmPUrcSrlCkpKixzG0rnrCJbYk3tpO4Yf2kgiNLWgjbcowlvH4HKlxtPqFxnM6bbO0lRtcQ8L1Onc5hadxviDp2u8mLXBzDwenaNWPJEKFPEceoEUsTgAE5meSoS4teimpzjYfnPP+M+Iyr8ht2HTtB+IPESVGLO33YyKaDOXPcyo4ao4jXWmoKpT+Ko3LAzsAfWZ2tMcd1ccI4a1yRUbITJI/3Ama614ciDbp9Ie2pKihVAGkYA7CFK+3rMMsq9Dj4pEQSOUiVz2hNOfefBcepkbban6AKwZRTt+QjZHsP3kCV64jlTl6qL/wANo/xoqo/UgAA+4lfS4SwbKHy667gjIBx0IPSa+lgjn/1Ky/YU2BI2zz32/wCpvjk4eXj/AId8PeIPM+6r4p1xtg7B/bM0JcTEccoJWQOMAjGHB3Vum/rGPDvHWb7mqfvU2z/eO/vNHK1usThYRCpcYg/tXWCup2sMxOpbZM4brM+S5gNaGp2wEkyidWpkRerVgVfPSEHoAgat1icS4zDY0VvbYE5ilG03lncHaKipiB7rvlADEh5U4a8j50C9V1MRhBFbV8jMbHKEAyCHVZTXF+Ek6HFgYbV1XaiFVZUfzMYk6fFwesNjrVwqCESmJW0+IjnmNU70GG02U4KQhFpwC3AMKlcR7LQopCTFODSsIwsNjTi0xMT/ABF4o6J5KnCspaoRz0g4Am5Y4nkf8QLkVLk7/AlMAjPMkkgSacYjilVqhGcAdANh6T1HwNwkW1suR95U+8qN1yRsPwExVjwYvocj5nUn67D6T1CmNKgdNtpnm6vx5NnKX/vSSYxMFh8uGJ+ghHq49e59ZlXfDK+s+1SpueIqmd9+eDvKhvEgLYzudsCTpWl9fXajB2JGceky3iHxalAEDDNtvk7GA40argsucEbiY25sAAalQZIyAp79JWMZctutRqeC+M6tTkmr/ec8vrNLdX7VaLacFgM6WGDjqJ5HX4fduEKlwr/KlI4AG/PB9vzm18M8OurbSXIqr/WucsNuuec1s05JbfDdjxcKdDHKOMqCckb4Kn2M5c3JUrUU/Eh+Fu6jo0hxHgLFsqG0MTUVdwVONxvK61LoSlQZHLPf395Uvjnzx1XqXDn+0UlfuIV7fpKLwFd/C9Hop1L6ek1gAMuTae2lclsZynROZcClmcNKGhsoqRW6XYy00QFWlmBM7UUyVqD+ctqlsDILQxFpXYrdDaVdySMS+rJkRGpQzClKpqtQiD84yyqW28h9kgrcI2A+EfhHSNoraD4RGWcAbxxH7ZjierJg6GR35R56qu+PWO/Zh0kN96V1ANv7RcM3LeaeytVOdukWeyGTtGJlFdb1iVMf4fcHkZKlbBcxdSNe0R/ayW+0nEFW4qVMQq7nnvBikWO8Z9Y1Fhea8d5oLc7TG8IolTNlb/LCMc5qgcWq6aZxzbC/WeJcZbzrkjJwznP/AAU4H6Ge0cfX7v2JP5HE8J87TXAPNc5z6nJj/aY31lQyKYHIVGPrhF5fnNDVOPX0lJwmt8K5PJmx7N/2BGuLVCACDsW3+u0M8WvBdZLWnUx25fSZHxL4jZDhdlycEczjvHry8Kpsdz/iY3itZKSeY5LnGkLjHx5OFHp6zKR253zQScQu65J+FE5A7g/iTJWVowbLHOOxzKy44Bd3DISxOrDFAwFOkpGcYG+Zo+F8INsAGqCo7clAxgesMsYjitXvDaDV0+FvLAyN9zmIX/DTnTVXtuv9QxzBh+CFqTHTkHUPh/b8hNFf0hsTzG4z3kSOi47krNWVanTGAu/IY9O8sbSqWOoqQo6dTJ26U2JxoJ9gp+g/WWdG1LbhSQP6gMLy7mTbTsmg/tPpseW36yq4xZj/AFF2DZWp7nk31l5WpFVydJByAQesr9OcqRqU8x0IjlsYcmEsS8I/dVMHB8xchh3HMTWNXwZhKN0KNwE/oIBXngHM1hqhhqHWdX497blcP5OHXVi8p3AxPjcCZqpeFesit8T1nTeGub5GmNUQZqCZ/wC2mSS8OZF4j7r1oJoO2raoR5lfKsBzBsYpf3OmVScTOZcwtibZFy+IOVzX+YH7fF0p7j6iMQF+xjFOSqUQ0zXL6oLS3Ov8ZpKVvsJC2swpzLBISHllt9bUsSD0I0knpzGUrO36N0iKUyBNNXtczlPho5ydNJmy9rbvryes0tvYBgNt4UWW/KWtrR0iGiy5ClvaaZbUF2kQsIsbO3aN7biqjL3G3vPB/F3Dzb3IJ/qB+o2Invwnm/8AFngZZFuEUtpJDgdARzgJWYtOKaU9V391P/ufwl/Sv1uKWnOHGCN+c80p3mADnDLsR/csm181EB1Y6DurDmp7GVV43Xrf1boYAKu7EjZBk45b9sd4qeHrUrIauNFNdWnn8RO2YDgF1UqotUnSKgGcc8fKDn1/eX9rbqQNX9XP0HQTC+XTvwvabQqX6UgQgGd+Q5mL8KoM7NVfO4IUdhHlsEB5A9usYc4Gwxjfl9Znba6MZojwmonmszMAAc47dBO8T4+rNpQFyxwoAyST0AmM49fPb1Sy/K+xzkeom88CcCCILmsD5zqDSVv/AK0I6j+4j6Q3dDPKTxceHvDIGmrXANQbrTB2Uf7u59JfX/EadFfiIVeWmU17xZ6QI39z0EyfCqNTi9U1KzNTsabEALs10VPU9E2/GS5svv2tBZUPtzl11igrc84VyOiencxvidQUFLJjPLGwGMdzLGpe06NMLT0qqjCquwAHaYdPM4nVbSxS2V8axj7zB3A9M9Y5dfZdr+z1NT5gbbS45Y2B9DLq1tyKWkHVgkau5lVXs9bpQ8zy9JGCm7Adc9s7fSa0WwpoFXkowCeZ9Z0fjzWW3P8Ak5S4yM5cW5HORW0OMiM39JmYYjFFMLiejc/Hna9LfZDjMAw0mO3NYgRBiTJltPxa8PqSxeVdgss2nNyfbWfTO8ZBmcD4aariqzL3FL4szo4r4zznrpY5GOslgxmhSziFwO0LkJiLTMYQxamYwhnG2MIYdIshh1MYMLCrAIYZTACiEWCWFWAFUCEBggZNTADLJqYJZMRAVZ1qYYEEAg7EEZBkAZMGAeK/xF8ENb1GuKC5oMSWQf0N/iYmlS1Yp8snfsAec/Td5RWopRxqVhgg9Z5FxTwotrdnIzSqDKHse0nLLTo4cZldK6pceWadNAVTQqqB/bj/ADLalWYrgZJBwf2/eIPwwVXKA6SigofUneP8MBVyrbHAP4jnM7ezr4sbh4sKTnmTzHLrmWvBBrV2bG40KD17ynuHGMjaay0snpUERAdZGo8vmbc7zKujPL/Onn9bw613epTIJpI3mVT0CLvg+5x+c9Cqhgdt/TsO0Y4fZpbKd9dRzqd+rH/A7ek+K6zjUVzz0j4vwJ5fSErLK7u2U43wFr11ps7KmdVXScAJ1G3U8pcF0oUxRTCqoCjTtgD9JY3GKaaUGkb79T6k9ZmOI06jHSvzOdK/ufwhpH/Slwr3LGgj/CcCpUzgqp5gnue80F1WpWVDQFCqi7YHPA/OVvDrNLGmyhjUqMxZmYjLHt+ERoF7ysF3KUzqfJ2yOQiKz+o8HrszpVbIZ6i5BzspO09QqIDPMvEHG1psuhQPKKkrjYtk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title="fonte immagine: pangeanews" /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">L’autore di <i>Sabato, Espiazione, <a href="https://www.nytimes.com/2019/09/25/books/review-cockroach-ian-mcewan.html" target="_blank">Nel Guscio</a></i> e <i><a href="http://imago2punto0.blogspot.com/2019/09/ian-mcewan-lintelligenza-artificiale-e.html" target="_blank">Macchine come me</a></i> si trova </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">a osservare incredulo</span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">, come egli stesso </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">racconta, la più folle delle <b>akrasie, ossia l’abilità di un soggetto</b> (in questo </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">caso di un popolo) <b>nel decidere di agire in modo da sfavorire al massimo i propri interessi.</b> È </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">questa la scelta che la Gran Bretagna sta portando a compimento: uscire da un sistema europeo </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">che ne aveva garantito la leadership, preservandone peculiarità e identità, per avventurarsi in un </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">mare di pescecani finanziari pronti a farne sicuro attracco per i loro affari.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Da profondo sostenitore dello ‘stay’ nel referendum del 2016 che portò il suo Paese a decidere di </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">staccarsi del resto dell’Europa, <b>Ian MacEwan si trova di fronte alla scelta che tutti dobbiamo </b></span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><b>compiere davanti a una cocente delusione: lamentarsi o reagire</b>. Questo romanzo breve dimostra </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">la preferenza per la seconda e più irta strada del riscatto attraverso la penna tagliente e geniale </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">che contraddistingue l’autore, ricordandoci così che “It is not easy to be Homo sapiens. Their </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">desires are so often in contention with their intelligence”. <span style="font-size: xx-small;">1</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"></span></div>
<a name='more'></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-size: xx-small;">1</span> <span style="font-size: xx-small;">- “Non è facile essere un Homo sapiens. I loro desideri sono spesso in conflitto con la loro intelligenza”.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;"><a href="http://www.sulromanzo.it/blog/lo-scarafaggio-primo-ministro-e-i-destini-di-un-paese" target="_blank">Link a sul romanzo</a></span></div>
PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-24204835534827565582020-06-21T07:30:00.000+02:002020-06-22T10:56:07.200+02:00Salendo sul carro di Olga Tokarczuk <div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">William Blake diceva che <b>coloro che reprimono un desiderio, lo fanno perché è abbastanza debole da essere represso</b>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3m0tM9xWyxYLDh8Z4Exr6CrBLnSiyPJLN_ZYi9KDyqttAeJcH9kq1hE9gz5VjwU9nE6EgybMd7mAOC9zud38ANHFvXqoXjqO_KnBgVAREAlp1WoU_axjIpwOx9zni7ffVhACLcLhB79A/s1600/william+blake+getty.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="611" data-original-width="1000" height="195" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3m0tM9xWyxYLDh8Z4Exr6CrBLnSiyPJLN_ZYi9KDyqttAeJcH9kq1hE9gz5VjwU9nE6EgybMd7mAOC9zud38ANHFvXqoXjqO_KnBgVAREAlp1WoU_axjIpwOx9zni7ffVhACLcLhB79A/s320/william+blake+getty.jpg" title="Proprietà J. Paul Getty Trust" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Se avessi avuto dei dubbi sulla veridicità di questo pensiero, leggere <i>Guida il tuo carro sulle ossa dei morti </i>del <a href="https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2018/08/03/news/parola_e_scritti_di_olga_la_piu_in_voga_in_polonia_temo_il_nuovo_culto_dell_ignoranza_-203335765/" style="color: #954f72;">premio Nobel Olga Tokarczuk</a> (riedito in Italia dalla Bompiani con la traduzione di Silvano De Fanti) li avrebbe dissipati. L’autrice desiderava scrivere questo romanzo, ne aveva un bisogno intenso e insopprimibile, per questo lo ha messo su carta. Allo stesso modo i lettori desidereranno leggerlo, non tanto per la storia (<i>avverto gli amanti di thriller a base di omicidi e colpi di scena che non è questo il fulcro attorno a cui ruota la narrazione</i>), ma per i suoi personaggi e per i temporali di dubbi e idee che da essi Olga Tokarczuk fa fluire attraverso le pagine fino alla mente del lettore. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgi5WT-2VRlKTRWDtjCatLRyBwjEM39u25dsVdaZ7iIv35qzulRs8hIo-rHoYLd6zoUl7AxNvUdZv-rIyp1OoY0TyYNFCDJBjCBO7t1_yfzTSja2HjNCOJW_-IJtWfJMYYsEds9fqvshI4/s1600/salendo_sul_carro_di_olga_tokarczuk_2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="286" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgi5WT-2VRlKTRWDtjCatLRyBwjEM39u25dsVdaZ7iIv35qzulRs8hIo-rHoYLd6zoUl7AxNvUdZv-rIyp1OoY0TyYNFCDJBjCBO7t1_yfzTSja2HjNCOJW_-IJtWfJMYYsEds9fqvshI4/s320/salendo_sul_carro_di_olga_tokarczuk_2.jpg" width="228" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Il romanzo, aspramente criticato nella patria dell’autrice (Polonia) e definito <b>anticristiano e sobillatore di violenza</b>, narra la storia di un’anziana custode (Janina Duszejko) che vive in un paesino di montagna al confine con la Repubblica Ceca. Ex-ingegnere, fondamentalista astrologa e appassionata di William Blake (che traduce dall’inglese al polacco insieme al suo amico Dyzio), si rinchiude in casa per giorni preda di disturbi misteriosi e invalidanti (“<i>la salute è una condizione incerta e non promette nulla di buono, meglio essere tranquillamente malati</i>”), per poi uscire a controllare le case che le sono state affidate in “<i>mattinate invernali fatte d’acciaio, dal sapore metallico e gli orli aguzzi</i>”. Quando la morte inizia a far visita ai suoi vicini, in forme sempre più ardite, facendoli precipitare in una novella e oscura <a href="http://ramhornd.blogspot.com/2016/02/ulro.html" style="color: #954f72;">terra di Ulro</a>, Janina si convince di essere spettatrice di <b>una vendetta del regno animale nei confronti dell’uomo</b> che caccia e uccide in quelle terre per soddisfare il proprio ‘malvagio’ piacere (“<b><i>Il mondo è un carcere pieno di sofferenza, costruito in modo tale che per sopravvivere bisogna procurare dolore agli altri</i></b>”).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRd1V17NuUYYCPf_qa9zFnnWBj8DzOYHa4gSfIO8KWSBsIRgRBWf4CGfW04tF9V1FGkbkAYOYCpBVqWPMJDcQ75otWaECOwVeV2bwCvQJT5VjxUBdDOus51lQZ-i6FNoUBsxTV8SmxuN0/s1600/polonia+neve.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="194" data-original-width="259" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRd1V17NuUYYCPf_qa9zFnnWBj8DzOYHa4gSfIO8KWSBsIRgRBWf4CGfW04tF9V1FGkbkAYOYCpBVqWPMJDcQ75otWaECOwVeV2bwCvQJT5VjxUBdDOus51lQZ-i6FNoUBsxTV8SmxuN0/s1600/polonia+neve.jpg" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Così la protagonista inizia a indagare, come una <a href="https://www.nytimes.com/2019/08/19/arts/television/murder-she-wrote-me.html" style="color: #954f72;">Jessica Fletcher ante litteram</a>, meno acuta e controllata del personaggio interpretato da Angela Lansbury, <b>patteggiando apertamente per l’assassino</b>, tanto che, anticiparne le mosse, sembra diventare solo un modo per testare le proprie abilità astrologiche. Ma <b>scrivere una storia solo per far scoprire al lettore chi è l’assassino è uno spreco di carta</b> e tempo, almeno secondo l’autrice, per questo <i>Guida il tuo carro sulle ossa dei morti </i>non può essere considerato un thriller, né tanto meno un giallo e d'altronde cercare un genere in cui ingabbiare questo romanzo sarebbe uno spreco di tempo ancor maggiore. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJaxBsuq0_rCOHe-OiZGHW_LodUQ5nK9SinqQMqfGmn3o4in6xKEal1fS5uA1fNxH-zLZN6xHtDNwVL9_mX7QpWPCaqUs4g9UcubmtQAL-comgOdihUmNvyuTdp4cM1vTEeEj2Y3sl36w/s1600/olga+il+libraio.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="166" data-original-width="303" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJaxBsuq0_rCOHe-OiZGHW_LodUQ5nK9SinqQMqfGmn3o4in6xKEal1fS5uA1fNxH-zLZN6xHtDNwVL9_mX7QpWPCaqUs4g9UcubmtQAL-comgOdihUmNvyuTdp4cM1vTEeEj2Y3sl36w/s1600/olga+il+libraio.jpg" title="Proprietà illibato.it " /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">È un libro che aprirà infinite finestre percettive per un lettore che vi si abbandonerà senza bisogno di sapere cosa ‘esattamente’ sta leggendo. Ciò che importa con il lavoro della Tokarczuk è ‘sentirlo’ con il corpo e i suoi sensi, ma anche con l’anima, per Blake uno la terminazione dell’altra. Il grande poeta inglese è onnipresente in quest’opera (a partire dal titolo che fa riferimento a uno dei proverbi di <i>Matrimonio del cielo e dell’inferno</i>), come se fosse il nume protettore della storia e il suo regista. Osserva dall’alto le azioni e i pensieri di Janina, tramutandosi in uno dei suoi terribili Dolori psicosomatici quando l’investigatrice delle stelle tarda a comprendere la vendetta della Natura. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Contornata da personaggi affascinanti e nebulosi, <b>la protagonista</b> si muove su una scacchiera infinita che <b>risveglierà paure dimenticate e idee pericolose</b> nella mente del lettore. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXga1iezDDKXsXiU8qXmCeF5d5TtkJQ_IZQRGEokrXcEJGk4f6zuMSu-nqYfRy2XDzh4Oe2CmRsuH1N-3S7DyNMCLQqXKLLvFUQc7KnNMQpupIMAxRDpcgDSRYLTzPEElONQSfhqqbCVc/s1600/foresta+storta.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="166" data-original-width="303" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXga1iezDDKXsXiU8qXmCeF5d5TtkJQ_IZQRGEokrXcEJGk4f6zuMSu-nqYfRy2XDzh4Oe2CmRsuH1N-3S7DyNMCLQqXKLLvFUQc7KnNMQpupIMAxRDpcgDSRYLTzPEElONQSfhqqbCVc/s1600/foresta+storta.jpg" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>Guida il tuo carro sulle ossa dei morti è </i>un libro da leggere con passo lento e mente accesa, mentre si “<i>sente l’erba crescere con un fruscio, l’erba arrampicarsi sui muri, il micelio dilatarsi sottoterra. Dopo la pioggia, quando il Sole si fa strada per un istante tra le nuvole, tutto acquista una tale profondità che gli occhi si riempiono di lacrime</i>”. Approfittatene per un digiuno dalla tecnologia, chissà che la Natura non vi risparmi quando arriverà con il suo carro per camminare sulle vostre ossa. </span><span style="font-family: "calibri" , sans-serif;"> <i> </i><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "calibri" , sans-serif;"><i><br /></i></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "calibri" , sans-serif;"><i></i></span></div>
<a name='more'></a><i><br /></i>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "calibri" , sans-serif;"><i><a href="http://www.sulromanzo.it/blog/salendo-sul-carro-di-olga-tokarczuk" target="_blank">Link a sul romanzo</a></i></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "calibri" , sans-serif;"><i><br /></i></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-family: Calibri, sans-serif; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<i><br /></i></div>
<div class="MsoNormal" style="font-family: Calibri, sans-serif; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<i><br /></i></div>
PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-38900327833203223972020-05-03T07:30:00.000+02:002020-05-03T11:23:46.551+02:00La paura di cambiare, l'empatia e la sindrome di James Bond<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqKnKLK3JPxKlNoxsp4TAkVbAowgy0FQcDc7XeMdEPR8b72p3KUsv9j3kc06DdgscTMiT1P__X3hGYuNg242_vVqCeO684zyty-Cj6bGg58w9mdCur1HaN3fxLGgUq86MoEAtwwIKd-R0/s1600/emphaty.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="552" data-original-width="744" height="237" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqKnKLK3JPxKlNoxsp4TAkVbAowgy0FQcDc7XeMdEPR8b72p3KUsv9j3kc06DdgscTMiT1P__X3hGYuNg242_vVqCeO684zyty-Cj6bGg58w9mdCur1HaN3fxLGgUq86MoEAtwwIKd-R0/s320/emphaty.png" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">In questi giorni di mascherine ostentate e propagande mozzate, un silenzio fatto di parole scalze e davanzali di bandiere si è aggrappato ai nostri occhi, come un pipistrello alle rocce sporgenti della sua caverna.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">A testa giù ci osserva, sgranocchia paure a buon mercato regalate come caramelle a un pubblico affamato di corse, che siano verso qualcosa o per fuggire da qualcuno, poco importa.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Vogliamo correre, a perdifiato, scappare dai ‘noi stessi’ con cui ci siamo dovuti confrontare in questi giorni di quarantena dei piedi e dell’anima. Ma non è possibile scappare dalla consapevolezza che siamo poco più di un impasto di carne e sangue a cui un cuoco distratto ha aggiunto una manciata di neuroni come lievito e un pizzico di bontà per divertirsi un po’ a osservarne gli effetti.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Una volta usciti dal forno della vita vogliamo respirare, mangiare, crescere, procreare, occupare, possedere, prevalere. E tutto andrebbe come dovrebbe andare, se non fosse per quel pizzico di bontà che ci obbliga a rallentare, deviare, aiutare, persino ascoltare, sacrificando un pezzetto della nostra anima per capire e soddisfare bisogni altrui.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSCPm4IczZG6dzPMX4mnkrEXf93fDeS8AHXRG3NqiRp5CBCUUJcL26BJufdUuIpJ39MKFh7Wxcy9p1jLdA9kt6SeEyB85Hd-2YXFFwtjuJHlbjKrVTcApvM1ndiYLcnv7jR6DmMC2Cm8U/s1600/correre_liberta%25CC%2580.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1410" data-original-width="1306" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSCPm4IczZG6dzPMX4mnkrEXf93fDeS8AHXRG3NqiRp5CBCUUJcL26BJufdUuIpJ39MKFh7Wxcy9p1jLdA9kt6SeEyB85Hd-2YXFFwtjuJHlbjKrVTcApvM1ndiYLcnv7jR6DmMC2Cm8U/s320/correre_liberta%25CC%2580.png" width="296" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Poche settimane prima che scoppiasse la pandemia e che il pipistrello arrivasse nella nostra caverna ero a Barcellona per un seminario. Per l’orologio una manciata di mesi, un’eternità per la mente. Un mondo in cui potevamo raggiungere un amico senza autocertificazione, la mascherina era un vezzo asiatico, la distanza di sicurezza era solo quella che (non) rispettavamo sulle strade e l’Amuchina non era ancora un bene rifugio.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Seduto in una sala rettangolare dove il bianco regnava da padrone e il vento si infiltrava da ogni finestra, ricordandomi che il mare era a quattro vicoli di distanza, l’oratore parlava per metà in inglese e per metà in spagnolo del tema del giorno: <b><i>il cambiamento non cercato</i></b>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Il cambiamento imposto da eventi esogeni improvvisi e apparentemente imprevedibili (quelli che i futuristi chiamano <a href="https://www.agi.it/cronaca/news/2020-02-27/coronavirus-cigno-nero-7231022/" style="color: #954f72;"><i>cigni neri</i></a>), ha bisogno – ricordava l’oratore - di un periodo di transizione per essere accettato. Fin qui nulla di nuovo. Il mio cervello, come tutti i cervelli, ha cercato di incasellare lo stimolo ricevuto in classificazioni già presenti fra le sue sinapsi. Si è detto: ‘adesso tirerà fuori il <a href="https://wmbridges.com/about/what-is-transition/" style="color: #954f72;"><i>Bridges Transition Model</i></a><i> </i>e le tre fasi della transizione necessarie a fare proprio un cambiamento. Le conosco già. Forse avrei potuto fare una passeggiata per la città invece di rinchiudermi in questa stanza’.<o:p></o:p></span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjr6j4wHgA9rf_8qrGaaXsYJFJcBoapVAVUKgQF27QZgI00vtuk7Q_sk8bEIC3dNfOfhCMKbC_h__uofAzGHls4Omylc-mcJZq6z4stQLFYSYoH7-hWDs11iTlPqSgs3OXUUqWEsLfPuII/s1600/007+connery.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="566" data-original-width="968" height="187" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjr6j4wHgA9rf_8qrGaaXsYJFJcBoapVAVUKgQF27QZgI00vtuk7Q_sk8bEIC3dNfOfhCMKbC_h__uofAzGHls4Omylc-mcJZq6z4stQLFYSYoH7-hWDs11iTlPqSgs3OXUUqWEsLfPuII/s320/007+connery.png" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b>Il cervello umano è affetto</b> <b>dalla <i>sindrome di James Bond</i></b>. Vuole dimostrare di avere tutto sotto controllo (soprattutto quando non lo è), ostentando disinteresse per l’esperienza che sta vivendo. Eppure, quella mattina ventosa gli avrebbe riservato una sorpresa racchiusa in una frase dell’oratore: “La vita è un incessante fila di atti eroici, possiamo compierli o passare la mano, ma essi sono lì ad attenderci”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Le sinapsi iniziarono a rincorrersi per inquadrare quel filo di parole e archiviarlo nell’idea preconcetta che mi ero fatto. La voce dello speaker non me ne avrebbe dato il tempo, rivolgendosi al ragazzo seduto vicino a me per chiedergli quale fosse il suo ultimo atto eroico.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Scese un silenzio compatto, come la nebbia che c’era a Milano prima della quarantena. Tutti i partecipanti si girarono a fissare il <i>prescelto</i>, mentre lui guardava a terra con i suoi occhi da husky, rigirandosi fra le dita un braccialetto da cui pendeva una tartaruga d’argento. Il panico, ossia la paura della paura, spingeva la parte rettiliana del suo cervello a scegliere l’immobilità e il silenzio.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">“Direi che il suo momento di eroismo è ora, giusto, professore?” Risate. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlVpxUHkGwXT9nP9M-tucxaS7Og_XWaGVFN8hOxsuzfCNgVv5wxrLm5XTCAfeDo_4PaVWBrgg6nhjqjNL27M9NLhnlZs5ICM_9ar24bH1hcrDGKENCc5x8h4CZDvZZDzMvR2ZMe8eb1dU/s1600/empatia_.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1498" data-original-width="1442" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlVpxUHkGwXT9nP9M-tucxaS7Og_XWaGVFN8hOxsuzfCNgVv5wxrLm5XTCAfeDo_4PaVWBrgg6nhjqjNL27M9NLhnlZs5ICM_9ar24bH1hcrDGKENCc5x8h4CZDvZZDzMvR2ZMe8eb1dU/s320/empatia_.png" width="308" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Non avevo tenuto conto del mio pizzico di bontà e quella frase si era allontanata dalle mie labbra senza permesso. Si chiama <b>empatia</b>, la capacità di comprendere lo stato d’animo e la situazione emotiva di un’altra persona, in modo immediato, senza ricorso alla comunicazione verbale. E potremmo chiamare impropriamente ‘bontà’ la decisione di esporsi per aiutare la persona di cui abbiamo così abilmente compreso lo stato emotivo. <b>Quest’ultimo passaggio non è scontato</b>, ma in questi giorni è possibile osservarlo con maggiore frequenza fra gli esseri umani che ci circondano, come se il cuoco di turno avesse rotto il sacchetto della bontà mentre impastava gli italiani reclusi dalla quarantena per farne degli esperti di empatia.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Fortunatamente (altrimenti io rimarrei senza lavoro) non è così.<b> Non siamo diventati tutti più buoni</b>, né abbiamo scoperto scorte di zuccherosi sentimenti nascosti da Walt Disney nella sua nuova piattaforma di contenuti in streaming. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Una spiegazione può arrivare dal filosofo Aldo Masullo. <a href="https://www.napoliflash24.it/lunica-arma-che-rimane-e-quella-del-coraggio-di-resistere-il-prof-aldo-masullo-sullattuale-pandemia/" style="color: #954f72;">Nella sua ultima intervista</a> prima di lasciarci, ci racconta che <b>non siamo solo di fronte a una pandemia, ma anche a una <i>panpatia</i></b>, ossia a un dolore emotivo che da individuale e diventato improvvisamente collettivo. Così, non solo il virus è una presenza che riguarda tutti, ma anche <b>le emozioni</b> che provoca <b>sono diventate trasversali e collettive</b>. Per questo è più facile capirle, immedesimarsi e (perché no) essere pronti a fare piccoli e grandi gesti eroici per aiutare i compagni di isolamento.<i><o:p></o:p></i></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<b><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Finirà tutto quando il 4 maggio ricominceremo a correre?<o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Forse, ma se ritorneremo ad essere dei <i>workaholic,</i> convinti che le organizzazioni in cui lavoriamo e viviamo siano <b>ring darwiniani in cui solo il più forte</b>, pardon aggressivo, <b>ha diritto di parola</b>, potremmo decidere di concentrare il nostro pizzico di bontà per guardare a chi è agli angoli di quel ring. Forse ha <a href="https://www.pierfrancescomatarazzo.com/post/pronti-a-ripartire-ma-per-andare-dove" style="color: #954f72;">idee più interessanti, innovative e temerarie</a> delle nostre.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Facciamo un gesto eroico, perdiamo l’incontro e proviamo a chiederglielo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; line-height: 24px; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><a href="http://www.pierfrancescomatarazzo.com/post/la-sindrome-di-james-bond" target="_blank">link a future practices</a></span></div>
PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7599350128412592615.post-48202548333491470672020-04-12T07:30:00.000+02:002020-04-13T16:38:29.921+02:00Con tutti gli onori. Arriva in Italia l’ultimo capitolo della trilogia di Rachel Cusk <div dir="ltr" style="line-height: 1.7999999999999998; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Trama solida. Personaggi verosimili. Eventi che sorprendono il lettore e mettono in difficoltà i personaggi. Ritmo che tiene incollati alla pagina. </span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<b id="docs-internal-guid-d89da686-7fff-19bf-5c06-ba96be7920ed" style="-webkit-text-size-adjust: auto; -webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; orphans: auto; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; word-spacing: 0px;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></b></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2fceI3FzElwxIaggIPvrGb748UIzfuc4y730LXXW_fX4RHLNguqdkW7izf5ouOLUmDossaZBwFuMiwJ-2fvG-u2-7-mi_DE-Oj5nOFwReaIFOUEziUFi7IuFDFhLXFKBM1ayiZTwUyDA/s1600/Rachel-Cusk_img+the+nation.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1104" data-original-width="1440" height="245" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2fceI3FzElwxIaggIPvrGb748UIzfuc4y730LXXW_fX4RHLNguqdkW7izf5ouOLUmDossaZBwFuMiwJ-2fvG-u2-7-mi_DE-Oj5nOFwReaIFOUEziUFi7IuFDFhLXFKBM1ayiZTwUyDA/s320/Rachel-Cusk_img+the+nation.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.7999999999999998; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Queste alcune delle regole di un buon romanzo (se davvero credete che esistano) che Rachel Cusk ha violato senza paura con </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Onori, </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">ultimo capitolo della sua trilogia (dopo </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Resoconto </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">nel 2018 e </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Transiti </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">nel 2019 – tutti editi da Einaudi) dedicata a </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Faye</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">, scrittrice e io narrante che si mette in viaggio dalla Gran Bretagna (in cui vive sola dopo un divorzio come la Cusk) per raggiungere il continente e partecipare a un convegno letterario. </span></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.7999999999999998; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Fin qui la striminzita trama di </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Onori</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">, che non delude i lettori affezionati della Cusk, offrendo loro un immenso flusso di coscienza di personaggi che appaiono sul palcoscenico della vita di </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Faye</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> quel tanto che basta a narrare la loro storia per poi sparire nei ricordi della protagonista che protagonista non è. Il suo unico scopo sembra quello di ascoltare i racconti che uomini e donne che incontrerà sul suo percorso le elargiranno con una generosità alimentata da un ego gigantesco.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<b style="-webkit-text-size-adjust: auto; -webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; orphans: auto; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; word-spacing: 0px;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></b></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg0ClmaIfODE1EAqySvn2g-NeleTggJwAjE-A64fa8W9gVigPKwBjbdwYzbveDIoPeQdWq_SYyGxGnDps5OvqXZjK0fiKU_CvMhP3Kh8PLb4702UfbOBMQYDAcGFcmb9pFHkoavD45hK_o/s1600/rachel+cusk.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="278" data-original-width="182" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg0ClmaIfODE1EAqySvn2g-NeleTggJwAjE-A64fa8W9gVigPKwBjbdwYzbveDIoPeQdWq_SYyGxGnDps5OvqXZjK0fiKU_CvMhP3Kh8PLb4702UfbOBMQYDAcGFcmb9pFHkoavD45hK_o/s1600/rachel+cusk.jpg" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.7999999999999998; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><a href="https://www.newyorker.com/culture/the-new-yorker-interview/i-dont-think-character-exists-anymore-a-conversation-with-rachel-cusk" style="text-decoration: none;"><span style="background-color: transparent; color: #0563c1; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration-skip: none; text-decoration: underline; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">In un’intervista al N</span><span style="background-color: transparent; color: #0563c1; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration-skip: none; text-decoration: underline; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">ew Yorker </span></a><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> Rachel Cusk racconta che era arrivata a un periodo della sua vita in cui non riusciva più a leggere narrativa perché era stanca di trovare sempre la stessa struttura di storia che si ripeteva dall’età vittoriana ai giorni nostri. Personaggi che dopo un evento imprevisto iniziale dovevano fare un percorso che li avrebbe portati alla redenzione o all’autodistruzione. Così si è messa a pensare a una forma narrativa che prescindesse dai personaggi e dalle loro connessioni, spingendosi a dire che </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">il personaggio</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">, così come lo abbiamo conosciuto e accompagnato nel suo sviluppo dal teatro greco fino a quello elisabettiano, </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">non esiste più</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">. È per questo che ha costruito </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Onori </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">come un flusso di monologhi. </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Faye</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> è solo il tramite, la porta, l’orecchio gigante che permette al lettore di ascoltare quello che una lista interminabile di sconosciuti decide di raccontarle. A cominciare dall’uomo che è seduto accanto a lei sull’aereo, passando per i giornalisti che l’intervistano, gli altri scrittori che la incontrano, gli editor che la accompagnano, i traduttori che correggono, gli editori che la ignorano, gli studenti che la scortano, i figli che chiedono il suo aiuto e infine gli sconosciuti che la sfidano a colpi di getti di urina. </span></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.7999999999999998; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Tutti sono con lei eppure sono distanti, rinchiusi nella loro esigenza di raccontare perché la loro vita è irrisolta, difficile, stantia, inutile, sprecata. E </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Faye</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> è lì pronta ad ascoltarli senza replicare, lasciando il giudizio sospeso ma presente nelle precise stilettate linguistiche che questa campionessa del ricamo semantico offre al lettore provando a influenzarne il punto di vista.</span></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.7999999999999998; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.7999999999999998; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: center;">
<img height="228" src="blob:https://www.blogger.com/86937931-f34f-4a4f-a034-6091a2132522" width="320" /></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.7999999999999998; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><br /></span></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.7999999999999998; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Convinta che </span><a href="https://www.theguardian.com/books/2018/apr/30/kudos-rachel-cusk-review-final-part-trilogy" style="text-decoration: none;"><span style="background-color: transparent; color: #0563c1; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 700; text-decoration-skip: none; text-decoration: underline; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">la libertà non sia mai </span><span style="background-color: transparent; color: #0563c1; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 700; text-decoration-skip: none; text-decoration: underline; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">gratuita</span></a><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">,</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> comportando un sacrificio in termini di obiettivi personali e professionali, </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Rachel Cusk</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">, attraverso il suo braccio armato nella storia (Faye), </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">riprende il tema della disuguaglianza di genere</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">, presentando al lettore uomini logorroici, egoisti, aggressivi, deboli, insignificanti, ma sempre pronti a prevaricare (in maniera consapevole o meno) le donne di cui hanno bisogno e temono. Ci sono anche personaggi femminili egoisti, logorroici e aggressivi, ma l’occhio dell’autrice è diverso, rendendo i loro peccati quasi necessari, effetti collaterali del sistema di disuguaglianza sociale, economico e politico in cui vivono. </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Gli uomini rubano gli </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Onori </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">del titolo alle donne</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> e le donne spesso se lo rubano a vicenda ‘costrette’ a diventare uomini pur di esistere socialmente. </span></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.7999999999999998; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhz9cLgXICidJsBEUY8C431jz07cUbGivq9EgZrmz-Lo5HVbzsQMa_yK7U_iu2ebymyryXR5SSxdn0Hd8rE3SEW6rFgdrypcFqdkNazl3vkioAaiifwF4ZVnsKGa5sAy52wlCWQJtDj2g8/s1600/cusk+Onori.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="179" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhz9cLgXICidJsBEUY8C431jz07cUbGivq9EgZrmz-Lo5HVbzsQMa_yK7U_iu2ebymyryXR5SSxdn0Hd8rE3SEW6rFgdrypcFqdkNazl3vkioAaiifwF4ZVnsKGa5sAy52wlCWQJtDj2g8/s1600/cusk+Onori.jpg" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.7999999999999998; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">La lingua che la Cusk costruisce è una corda di seta stretta attorno al collo del maschio</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> perché molli la presa, lasciando spazio alla donna. Potrebbe essere arrivato il tempo, chissà se la donna saprà farne buon uso. </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">L’essere umano</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> (uomo o donna che sia), come ci racconta la stessa Cusk nella parte finale e più vera del suo romanzo, </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 700; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">è così ansioso di avere ciò che desidera da non riuscire a essere così tenace da aspettarlo</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">. È come per gli abitanti del paese in cui si conclude il giro di </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Faye</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> (un Portogallo maschilista e decadente, mai citato direttamente dall’autrice). Piantano la jacaranda nei loro giardini per godere della sua sorprendente fioritura viola e azzurra, ma non hanno la cura e la pazienza di aspettarla (la jacaranda è una pianta dal ciclo di crescita molto lento, abituato ai tempi dilatati dell’Africa di cui è originaria), così rinunciano, la tagliano, sostituendola con desideri più facili da raggiungere che non li soddisferanno, facendoli sentire rinchiusi in un’idea di se stessi che odiano e da cui non riescono a uscire (“Può darsi che soltanto quando è troppo tardi per fuggire si capisca di essere sempre stati soli”).</span></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.7999999999999998; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><br /></span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2zZ8MwXAqi-Pttd2Vwiq4zJlA51gJjazODO0e_G_6MENmfs0k8j4-sNS3cK4F8DMIq_TYaLB_pQLcOYh3tWwM3mpR90uBPh4Hl65aLpOHb2bSp1iRUVqBsB5Sp_bWFXWafmKi_ee4zRE/s1600/cusk+trilogy+.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="194" data-original-width="259" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2zZ8MwXAqi-Pttd2Vwiq4zJlA51gJjazODO0e_G_6MENmfs0k8j4-sNS3cK4F8DMIq_TYaLB_pQLcOYh3tWwM3mpR90uBPh4Hl65aLpOHb2bSp1iRUVqBsB5Sp_bWFXWafmKi_ee4zRE/s1600/cusk+trilogy+.jpg" /></a></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.7999999999999998; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.7999999999999998; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: italic; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Onori</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-position: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> è un romanzo in cui immergersi con ampie bombole di pazienza e tenacia, a prescindere che abbiate letto i primi due volumi della trilogia, sicuri di trovare numerosi tesori lungo il cammino, non solo linguistici. Armatevi di matite, evidenziatori e ogni altro supporto utilizziate per segnare nella vostra memoria passaggi su cui riflettere. Ne incontrerete davvero tanti, io ho riempito di note a margine la mia copia.</span></span></div>
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"></span><br />
<a name='more'></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><a href="http://www.sulromanzo.it/blog/con-tutti-gli-onori-arriva-in-italia-l-ultimo-capitolo-della-trilogia-di-rachel-cusk" target="_blank">Link a sulromanzo</a></span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Caricatura di Rachel Cusk by <a href="https://www.thenation.com/article/archive/rachel-cusk-kudos/" target="_blank">the nation</a></span><br />
<br />PFMhttp://www.blogger.com/profile/16511710028542939371noreply@blogger.com0