La clausola di Jonas Hassen Khemiri? Letture pericolose

Di Jonas Hassen Khemiri ricordo un’intervista di qualche anno fa. Con i suoi lunghi capelli lisci, il viso bronzeo e i denti scintillanti, quest’uomo svedese di origine tunisina, divenuto famoso come autore nel 2003 con One eye red (best seller in Svezia con più di 200.000 copie vendute), raccontava il suo rapporto con la lettura. “La lettura deve essere pericolosa” diceva Khemiri, non è un vaccino contro l’ignoranza, né assicura al lettore di diventare una persona migliore. Quello che deve offrire è l’opportunità di partecipare a un gioco creato dall’autore per scuotere il lettore e farlo entrare in luoghi e situazioni in cui non si vorrebbe mai trovare. Nel suo ultimo romanzo (La clausola del padre – pubblicato in Italia da Einaudi e tradotto da Katia De Marco), Khemiri dimostra cosa voglia dire tener fede a un principio.  


Leggendo La clausola del padre si entra infatti in un gioco di specchi rotanti, in cui ogni personaggio racconta il suo pezzetto di vita per poi vederselo smontare e ricostruite dal punto di vista degli altri personaggi. Un nonno che è anche un padre, un padre che è anche un figlio, una mamma che è anche una sorella, l’autore non concede ai personaggi nemmeno l’attenuante di un nome proprio, ma solo il grado di parentela, risucchiandoci in una storia che scorre come un metronomo a scandire l’egoismo di una famiglia. All’inizio il lettore tenterà di entrare in empatia con questo o quel personaggio, forse perché ricopre lo stesso ruolo nel proprio nucleo familiare, ma non è questo l’obiettivo di Khemiri o forse lo è, perché sembra solo aspettare, nascosto dietro una siepe di ordinate parole, che ci affezioniamo a quell’idea di padre, nonno o sorella per dimostrarci che la ‘verità’ è assai diversa da quella che abbiamo immaginato.


Tutti i personaggi de La clausola del padre hanno più di un ruolo e più di una maschera e verranno giudicati in modo diverso dal lettore a seconda di quella che indossano. In questa ambientazione pirandelliana in cui ‘giusto’ e ‘sbagliato’ si fondono fino a scomparire, il lettore dovrà scegliere più volte da che parte stare, domandandosi se ci sono cose che un padre o un nonno non dovrebbero fare. È giusto che un padre consideri un figlio un inetto, elencando a ogni occasione tutti i suoi fallimenti? “In un angolo ci sono un mixer polveroso appoggiato in verticale, un giradischi avvolto nella plastica e una cassetta azzurra piena di vinili, risalenti a quando sognava di fare il musicista. Gli armadi sono pieni di scarpe di arrampicata e corde di sicurezza comprate quando pensava di fare lo scalatore. In cucina ci sono tubi, beccucci, bottiglie di vetro, tappi inutilizzati e un termometro speciale di quando voleva mettere su un birrificio. Ma la cosa peggiore sono i libri. Ce ne sono dappertutto, come insetti infestanti […] Sono libri che il figlio ha comprato quando sperava di diventare uno scrittore”. Ed è giusto che il figlio viva in un’ansia da prestazione continua, non riuscendo a concentrarsi su nessuno che non sia se stesso, compagna e figli compresi? 

In questo intreccio di domande e narrazioni è rinchiusa, come una tigre in gabbia, la storia di una famiglia, delle sue delusioni, ferite, rivendicazioni e sciatterie, compresse nelle menti dei personaggi in cerca di un modo per essere diversi dagli altri, un modo che non sanno nemmeno descrivere. L’unico personaggio centrato e consapevole sembra essere il ‘bambino di un anno che è anche un nipotino e un fratellino’ che muggisce in giro per la casa, senza che nessuno gli presti attenzione, ma sa esattamente cosa desidera e cosa è importante per lui. “Muuu, dice il piccolo. È ora di andare a nanna dice il papà. […] Muuu? State scherzando? Vi sembra che abbia quattro stomaci? Vi sembro capace di scacciare le mosche con la coda? Vi pare che rumini? […] Se solo mi guardaste come guardavate mia sorella quando era piccola, scoprireste che esistono centinaia di varianti di Mu. Un Musignifica: Non ho per niente sonno. Un altro significa: No, mi spiace, non ho visto nessun coccodrillo giallo. Un terzo Musignifica: non sono stato io. Un quarto: ATTENTI, STA ARRIVANDO UN ORSO! E un quinto: Ah no, scusate, avevo visto male”. 


La clausola del padre è un libro che vi resterà dentro, tentando di forzare le vostre paure più nascoste, come un grimaldello in una serratura, non è detto che ci riesca, ma non basterà metterlo sullo scaffale più alto della vostra libreria per smettere di pensarci.   


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