Una parola, un verso: diciassettesima - "temporeggiare"
temporeggiare v. intr. [lat. mediev. temporizare «passare il tempo», der. di tempus -pŏris «tempo»] (io temporéggio, ecc.; aus. avere). – 1. Indugiare, prendere tempo in attesa che giunga il momento favorevole per agire o che la situazione si risolva da sé. 2. ant. o raro. Comportarsi secondo le circostanze e l’opportunità; destreggiarsi.
Raccattare germogli d’idee fra le parole altrui, i gesti trattenuti, le lacrime socchiuse e poi spezzate in giorni a venire. Ore di cui poter ancora parlare, su cui poter ancora costruire una stagione differente. Migliore o peggiore, spesso non è importante, basta che sia altrove. Lontano.
Lontano da una piccola strada stretta e affollata dove sembriamo esser piantati come limoni in mezzo alle canne. Simili le une alle altre, sembrano immobili e ci bloccano il passo, ma quel loro ondeggiare avanti indietro è un’illusione, lo fanno per farci credere che sia meglio aspettare, temporeggiare, fino a che il vento si sarà calmato, fino a che sarà più semplice uscire dal solco senza dar fastidio a nessuno.
E intanto crescono, rapide e silenziose s’infittiscono, rubandoci la terra, schermandoci la luce, sussurrandoci che dimenticare è l’unico modo per scappare.
Sì, scappare.
Altrove, lontano.
Fra qualche giorno,sì, fra qualche giorno lo facciamo.
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