La quinta edizione di BookCity (a Milano dal 17 al 20 novembre) parte dalla Turchia di Elif Shafak
Con l’arrivo di
novembre, Milano si prepara ad ospitare la quinta edizione della festa dei
lettori BookCity che si aprirà al
Teatro Dal Verme il 17 novembre con l’incontro con Elif Shafak. Il nome potrà
risultare sconosciuto a molti lettori (sebbene abbia una pagina twitter con quasi due
milioni di followers sparsi per il mondo), ma è un’occasione da non perdere per
conoscere una delle scrittrici più interessanti e politicamente impegnate della
Turchia contemporanea. A vederla sembrerebbe un’indossatrice, con la sua
fisicità statuaria e i grandi occhi verdi che cercano sempre qualcosa di
diverso da quello che hanno davanti, distratti, scontenti. Ma chi ha avuto la
possibilità di conoscerla, ha scoperto una donna volitiva e con le idee chiare
su come dovrebbe essere la ‘sua’ Turchia: aperta alla diversità di pensiero, di
cultura e di scrittura.
Nata a
Strasburgo agli inizi degli anni ’70, da un padre filosofo e una madre
diplomatica, Elif ora vive a Londra dopo anni di nomadismo al seguito della
madre che l’hanno portata ad Ankara, Madrid e Colonia, per poi farle conoscere
la terra della sue radici (entrambi i genitori sono turchi) a vent’anni, quando
è andata a vivere a Istanbul per studiare Relazioni Internazionali. Il suo
viaggio però non si è fermato a Istanbul, ma da lì è partita per studiare e
lavorare in USA e in UK, senza dimenticare mai la Turchia, luogo che ricorre in
tutti i suoi romanzi, a cominciare dal primo (Pinhan del 1994), scritto all’età di 24 anni e
diventato subito un best seller in Turchia.
I
n prima linea nella lotta a qualsiasi forma
di xenofobia e dittatura, Elif Shafak presenta a Milano il suo ultimo romanzo (Le
tre figlie di Eva edito
in Italia da Rizzoli) storia di tre giovani donne mussulmane che si
incontrano all’Università di Oxford nel 2000. Per tutte e tre l’impatto con la
cultura occidentale sarà fatale, con paradossali dietrofront rispetto al
livello di inebriante libertà che scopriranno in Europa. «Lo stesso dietrofront
che sta attuando ora la Turchia – racconta l’autrice in un’intervista a
Repubblica – […] La Turchia sta precipitando pericolosamente indietro e questo
è molto triste. Io condanno il colpo di stato che c’è stato. Come quelli
precedenti negli anni ’60, ’70 e ’80, ha creato violazioni gigantesche dei
diritti umani. Migliaia di persone hanno perso il lavoro, sono detenute in
carcere. […] Ho molti amici in prigione, scrittori e accademici».
In una Turchia ancora imprigionata dall’idea
di aver bisogno di uno stato ‘forte’ che guidi i suoi cittadini e possa mettere
in discussione la parità fra uomo e donna, come fra religioni, idee e culture,
Elif Shafak prova a diffondere un punto di vista diverso, facendo conoscere
agli occidentali cosa si nasconde dietro ai sostenitori di questo sogno ‘neo-ottomano’:
persone che parlano inglese, che viaggiano, che hanno contatti internazionali e
lavori all’estero, ma che ciononostante sono fortemente nazionaliste. Persone che
hanno visto in molte nazioni europee non dei possibili alleati, ma dei Paesi
che diffidavano della Turchia, utilizzandola spesso come feticcio per le loro
campagne altrettanto nazionaliste. «Questo ha portato la Turchia a scivolare a
est, diventando più autoritaria […] tanto che oggi parlare della membership
turca (l’ingresso nella UE) è diventato un sogno quasi impossibile, eppure è
necessario tenerlo vivo».
Appuntamento allora al 17
novembre al Teatro Dal Verme a Milano per ascoltare Elif Shafak e la sana voce
di dissenso di cui è portatrice.
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