Le asimmetrie di Lisa Halliday


Il fato è un amo a cui l’uomo si appende volontariamente per sfuggire alle sue colpe. Cosa ci spinge durante una passeggiata al parco a sederci su una panchina che è già occupata da un uomo, invece di cercarne una tutta per noi, solo pochi passi più in là? E se quell’uomo iniziasse a parlare con noi, chiedendoci cosa stiamo leggendo e qual è il nostro punto di vista sulla scrittura e sull’amore? Resteremmo ad ascoltare incuriositi o scapperemmo via, troppo presi da noi stessi? 



E davanti a questo bivio che ci pone Lisa Halliday con il suo primo romanzo Asimettria (edito da Feltrinelli - traduzione di Federica Aceto): una venticinquenne viene avvicinata da un uomo anziano che si scopre essere un famoso scrittore. Da lì, in poche pagine, oserei dire righe, inizia la loro relazione, descritta dalla Halliday in terza persona con una penna leggiadramente chirurgica, dai toni scanzonati, in cui sono soprattutto i dialoghi scoppiettanti alla Woody Allen (avevo in mente in particolare Basta che funzioni) a costringere il lettore a rimanere incollato alla pagina per sapere chi sarà a mandare all’aria per primo questa sconclusionata storia d’amore e allo stesso tempo a sperare segretamente che un modo per andare avanti esista. E se la stampa internazionale ne ha fatto un best seller ancora prima della sua pubblicazione, lavorando sulla relazione che l’autrice, oggi quarantenne, ha avuto venti anni fa con Philip Roth e sul fatto che indiscutibilmente lo scrittore descritto dalla Halliday (Ezra Blazer) ha moltissimi punti in comune con Roth (dall’esperienza in guerra all’umorismo tagliente, dai dolori alla schiena che lo torturavano al suo ateismo religioso, dalla fede incrollabile per il mondo del baseball alla vittoria, con il suo primo romanzo, del National Book Award), va detto che questo romanzo ha alcuni elementi interessanti su cui riflettere che prescindono dall’ansia da gossip letterario che ne ha decretato il successo di vendite.



Il principale è insieme la sua forza e la sua debolezza: il romanzo è diviso in due parti più un epilogo. La prima parte ‘Follia’ racconta in terza persona la storia d’amore newyorkese fra la giovane Alice e Ezra Blazer, la seconda ‘Pazzia’ narra invece, in prima persona, le disavventure di Amar, un economista iracheno di nazionalità americana che, partendo da Los Angeles, cerca di andare in Iraq attraverso la Turchia. Per farlo deve fare scalo a Londra dove viene preso in custodia nella zona transiti dell’aeroporto di Heathrow. Il totale isolamento a cui è costretto per giorni, senza alcuna notizia sul perché sia trattenuto, fa scattare il rullo dei ricordi e Amar aprirà al lettore le caverne più profonde della sua mente, fatte di guerra, esilii e verità difficili da accettare, che metteranno in discussione la sua idea di ‘giusto‘ e di ‘sbagliato’. Le due storie non hanno nulla che le unisca, se non che entrambe ci raccontano delle asimmetrie, crepe nel sistema di regole che l’uomo insiste a fissare per tentare di controllare l’incontrollabile (la sua vita). L’idea è suggestiva, lo stile pulito, ma ricercato, i riferimenti musicali e letterari sono così tanti e precisi da consumare un taccuino per prenderne nota, eppure alla fine della lettura si rimane con la sensazione che in Asimmetria siano stati messi assieme due romanzi o meglio due racconti lunghi che potevano forse evolverete e diventare due romanzi completi e autonomi anche se interconnessi. E se è vero che sia Alice e Amar sono accumunati dalla paura di fare ciò che dentro di loro sanno di voler fare, indecisi su tutte le scelte compiute e da compiere, li avremmo voluti vedere con maggior possibilità di esprimersi e sorprenderci. 



Asimmetria resta un libro da leggere e di cui parlare, che cerca di smuovere le attese del lettore, disattendendole e riformulandole, provando quindi a proporre un modo diverso di costruire la struttura di un romanzo. Un tentativo coraggioso per il primo romanzo di un autore. 




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