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Visualizzazione dei post da aprile, 2013

una parola, un verso: trentatreesima - unico...figlio

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Cosa vuol dire essere figli unici? Essere unici perché “speciali” o unici  solo perché appartenenti a una determinata specie? Le opinioni in materia si sprecano e certamente in Italia prevale l’idea che essere figlio unico voglia dire essere viziato, solitario, silenzioso, supponente, introverso. E quest’ultima caratteristica soprattutto è vista con terrore dai genitori, un destino da evitare a qualunque costo, pur di rispettare l’equazione socialità = felicità che ci viene imposta fin dai primi sbilenchi passi nel mondo.  Equazione che si ribalta in altre equivalenze: silenzio/riflessione/pensiero/sensibilità = tristezza , da cui aggressività/chiasso/azione = felicità/intelligenza .  Piccole massime distillate parlando con genitori ansiosi. Sul tema dell’unicità, intesa come diversità, è incentrato il romanzo di Haruki Murakami , appena ripubblicato in Italia con Einaudi (ma edito nel 1992 in Giappone e la prima volta in Italia con Feltrinelli nel 2000) A sud del confi

Galleggiare nel Vapore. Una possibilità che ci offre l’ultimo romanzo di Marco Lodoli.

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Entrare nell'ultimo romanzo di Marco Lodoli è come immergersi in un lago di latte . Mentre leggevo Vapore (Einaudi – 2013) mi è venuto subito alla mente il film di Emanuele Crialese Nuovomondo . Mi riferisco alla scena finale in cui alcuni personaggi entrano in un universo liquido fatto di latte e compiono l’ultimo (o forse il primo, dipende dai punti di vista) passo del loro lungo viaggio verso un nuovo mondo fatto di verità molto diverse da quelle che avevano sognato. Ecco, muovendosi fra le memorie di Maria Salviati , l’anziana signora protagonista di Vapore , si ha l’impressione di essere insieme a lei in mezzo a quel lago, alla fine di un viaggio in solitaria che diventa l’ultima possibilità per lei di osservare con occhio malinconico gli uomini che hanno solcato la sua vita (suo marito e suo figlio), senza mai riuscire a radicarsi davvero nel mondo che lei ha sempre sognato. Un mondo semplice, fatto di «un lavoro utile, un bambino che gioca, un uomo che bada ai conti»

Nessuno, nemmeno la pioggia, ha così piccole mani

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Vi ricordate il film di Woody Allen Hannah and her sisters (Anna e le sue sorelle) ? Fu uno dei più grandi successi del poliedric-nevrotic-affubulator-genial regista, sceneggiatore e attore americano e raccontava la storia di tre sorelle nella Manhattan anni ’80 (il film è del 1986). Hannah, donna praticamente perfetta (“ È duro avere accanto una che dà tanto e ha bisogno di così poco".  Le dirà suo marito Elliott, scaricando sulla solidità e sicurezza della moglie la responsabilità del proprio tradimento), cerca di tenere insieme la sua famiglia, rispondendo alle richieste di tutti, per poi essere accusata di godere delle difficoltà altrui. Uno dei flussi narrativi è incentrato su Elliott che si invaghisce della sorella di Hannan: Lee, spirito libero e irrisolto. In uno dei suoi appostamenti per corteggiarla, Elliott si trova con Lee in una libreria di New York, di quelle che chi ama leggere spesso invidia alla New York alleniana, ossia una di quelle zeppe di libri fino  a

L’orso che bloccava il cambiamento

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La gestione del cambiamento è una capacità che tutti oggi cercano di sintetizzare in ricette alla Dukan, in cui i risultati arrivano subito e con la stessa fretta scivolano via. Per molti gestire bene il cambiamento significa essere sempre pronti a cambiare, ad adattarsi rapidamente e senza troppi traumi al contesto in cui si vive che però (come affermò a suo tempo Zygmunt Bauman ) è diventato liquido . Liquido il lavoro, liquidi gli affetti, liquido il tempo, liquidi quindi anche noi . Veloci, bisogna riadattarsi, resettarsi, rinnovarsi, moto perpetuo, per non diventare il colesterolo di tanta oleosa liquidità, che a volte sommerge per lasciare tutto inalterato. Se però osiamo pensarci, solo per un attimo, non per fermare il cambiamento, ma per contribuire, per capire dove è meglio scorrere via, arriverà subito qualcuno con il probiotico più adatto a farci dissolvere, perché il flusso non si deve fermare, mai. Qualche giorno fa ho riletto per l’ennesima volta a mia figlia un