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Visualizzazione dei post da 2011

Una parola, un verso: ventiseiesima – desiderio…altrui?

In un giorno che per antonomasia è dedicato ai desideri , da ritrovare, inattesi, sotto un albero o più profondi di quanto si potesse immaginare (spinti a forza dietro ai nostri occhi), gli altri (dal latino altĕr, ossia opposto, diverso, contrario) sono sempre e comunque “ qualcosa ” di lontano, di diverso, “ qualcosa ” che vuole essere ascoltato ma che noi non vogliamo ascoltare, perché ci sono i nostri desideri da inseguire, possedere, superare e sostituire con nuovi desideri in cui noi siamo sempre, inesorabilmente, al centro. E gli altri? Fanno lo stesso e aspettano e sperano che i loro desideri siano più veloci e rapaci dei nostri, per riuscire a strattonarli e magari a farli propri, in una corsa al possesso che ci assorbe e ci sgretola, impedendoci, obbligandoci a non fermarci a guardare, ad ascoltare questi maledetti altri che insistono a seguirci dappertutto senza mai parlare. Muovono la bocca, emettono dei suoni muti e noi con loro, ma dove finiscono? Sotto i pie

92 giorni di Larry Brown – Provare a salvare la verità, più che se stessi.

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Una sedia a dondolo vuota che si riposa e aspetta, riparata da uno dei tanti porticati di legno bianco di cui sono disseminati gli States. È questa l’immagine che l’editore Mattioli 1885 ha scelto per regalarci 92 giorni , un’opera di Larry Brown che è difficile definire, forse perché sembra essere stata trasferita sulla carta direttamente dall’anima dello scrittore, senza passare per i filtri della mente, senza sporcarsi delle paure che in essi risiedono, senza mediazione o ripensamenti. Il lettore sarà turbato e avvinto a questo flusso di parole, depurate di ogni orpello sintattico e di qualsiasi aspirazione a dimostrarsi migliore (tentazione in cui molti scrittori cadono). Si troverà probabilmente a sottolineare frasi non più lunghe di un rigo che spezzeranno il fiato, costringendo il lettore a confrontarsi con Leon Barlow (protagonista e alter ego dell’autore) e con la sua atroce sincerità. Leon Barlow è uno scrittore che non riesce a farsi pubblicare e racconta 92 giorni de

In-comprensione e patatine. Una parola, un verso: venticinquesima

Sebbene possa far pensare alla possibilità di entrarci dentro (alla comprensione) e quindi di rafforzarla, magari per la propensione all’inglesismo che ormai dilaga (pensiamo ad in  e subito la mente va all’ in di inside ,   di within o   di involved ) questo in   (in questo caso prefisso e non preposizione) risiede nel moribondo latino a cui molti vorrebbero dare il colpo di grazia, a meno di usarlo in sregolate (in entrambi i significati che la nostra lingua concede a questo aggettivo) citazioni, senza accorgersi che rappresenta passato e presente nella sottotraccia semantica del nostro linguaggio. Anche voi sarete stati spesso alle prese con questo particolare in. Forse anche in questo ultimo fine settimana.   Soprattutto se vi sarete aggrappati con caparbietà a questi (oramai sempre più rari) ultimi giorni di festività, che vi guardavano languidi e goduriosi dai bordi di un giovedì di dicembre ancora troppo lontano dalle feste natalizie. Sarete partiti. Lontano. Dalle man

La violenta frenata dell’editoria, Amazon e la speranza eBook.

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La selezione della specie. È così che Maurizio Costa (Presidente e AD di Arnoldo Mondadori editore dal 2003) definisce uno degli effetti più importanti della rivoluzione digitale in un’intervista apparsa pochi giorni fa su Il Corriere della Sera . La specie ad essere selezionata non sarà quella degli scrittori (a cui dovrebbe essere invece offerta la possibilità di oltrepassare le strette maglie della distribuzione tradizionale, grazie agli incorporei eBook), né tantomeno quella dei lettori, che non potranno che crescere (liberandosi del peso della carta e diventando sempre più centrali e attivi nell’interazione con le case editrici e gli scrittori), ma, udite udite, quella degli editori . Secondo il capo della Mondadori, chiunque lavora nel campo dell’editoria dovrà necessariamente “ripensarsi profondamente” per tentare di resistere in un mercato in contrazione (si parla addirittura di “ violenta frenata ” a partire dall’orrido ottobre 2011). La crisi globale che ha vis

I libri e i motorini - la parola all'editor

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I libri sono come i motorini? E chi fa il motore dei libri, ossia gli scrittori, dovrebbe essere un caparbio meccanico? Sempre a trafficare sotto traccia, con le mani sporche a rubare il mondo, pur di truccare il motore del proprio romanzo e farlo correre più (e meglio) degli altri? Sembrerebbe di sì. Almeno secondo Cristiano Armati , autore del divertente, dissacratorio e utilissimo libro che la Giulio Perrone editore ha appena dato alle stampe: Cose che gli aspiranti scrittori farebbero meglio a non fare ma che invece fanno. In questo piccolo volume (94 pagine) sono racchiuse alcune richieste che Cristiano Armati, editor di professione e attento osservatore dell’ aspirante scrittore per necessità, rivolge a chiunque avesse l’intenzione di cimentarsi con la scrittura con l’idea di veder poi pubblicato il proprio lavoro. Non è un vademecum per scrittori esordienti, quello di Cristiano Armati, non ne ha la pretesa, né tantomeno lo potremmo definire decalogo (e non soltant

LaLettura di Ai Weiwei

Se avete comprato Il Corriere della Sera la settimana scorsa, per l’esattezza domenica 13 novembre, avrete ricevuto, insieme al quotidiano, quello che avrete catalogato come uno degli oramai insopprimibili e prolifici inserti di cui anche Il Corriere si è arricchito negli ultimi anni pur di “aggredire” (chiedo subito venia per il linguaggio marketing oriented) nuovi inconsapevoli “segmenti” di pubblico. Le avrete a stento degnate di uno sguardo quelle cinquanta pagine aggiuntive, che non facevano altro che affaticare il vostro braccio, i più attenti si saranno espressi in una smorfia d’incredulità per l’omone asiatico seduto su una poltroncina al centro del nulla che campeggiava sulla copertina dell’inserto. Ma poco più di questo. Poi avrete lanciato l’inserto (e forse anche il quotidiano) sul sedile posteriore della vostra auto o nel bauletto del motorino, dove sarà probabilmente rimasto per giorni, intonso, nascosto ai vostri occhi, come tutti i buoni propositi infranti del

Un inverno con Baudelaire di Harold Cobert

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Come spiegare ad un bambino perché si susseguono il giorno e la notte? O perché la sera è cosparsa di stelle e l’alba di rugiada? Philippe Lafosse ha la sua idea: tutto dipende da un amore negato, da due giovani, divisi, perché insieme producevano troppa luce.  È così che inizia il romanzo di Harold Cobert Un inverno con Baudelaire ( elliot edizioni ), con una favola narrata dal protagonista (Philippe Lafosse) a sua figlia Claire, con una speranza: ottenere ciò che si desidera, anche se sembra contrario alle più basilari leggi di natura e a tutto ciò che ci circonda, scoprendo che negli altri c’è posto (a volte) anche per un po’ di ascolto . Ma non lasciatevi ingannare da questo incipit, non siamo incappati in un libro per bambini, né in uno dei tanti testi più o meno interessanti e ripetitivi, prodotti sulla scia del Favoloso mondo di Amélie, no, il libro di Cobert   è ben piantato nel contesto sociale in cui viviamo. L’autore ci narra la storia di un uomo qualunque che dopo essere

Weekend di Andrew Haigh al Festival del Cinema di Roma

Non sappiamo dove siamo, né dove finiremo. Non sappiamo cosa riusciremo davvero a guardare, ad ascoltare o a metabolizzare di questo film attorcigliato intorno a un weekend apparentemente inconsistente e troppo rapido; come quelli che spesso ci troviamo a percorrere nervosi e consapevoli del lunedì che incombe e del tempo che preme per viverci senza che la nostra volontà sia presa in considerazione. Fin dal titolo di questo film di Andrew Haigh ( WEEKEND  appunto ), imposto allo spettatore con una barriera di lettere bianche che campeggiano sui primi fotogrammi di una periferia inglese alla fine di un venerdì qualunque, lo spettatore comprende che il regista gli sta aprendo un varco su un territorio così vicino a lui da essere spesso trascurabile o meglio invisibile, uno spazio che lo spettatore potrà visitare, ma che non starà a lui giudicare e forse neanche capire del tutto. Ciò che è probabile è che se avrete avuto la fortuna e l’azzardo di trovarvi a tu per tu, anzi a tu per loro

Un minuto di rivoluzione con Galileo

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“ Ok, adesso facciamo un minuto di rivoluzione .” Silenzio. Buio in sala. Il pubblico comincia a domandarsi se sta accadendo l’impensabile: l’attore sta parlando davvero con loro? Ossia, certo che parla con loro, lo spettacolo lo fa per loro, ma sta davvero attendendo una reazione attiva da parte degli spettatori? Nel buio della sala gli sguardi si cercano invano, i bisbiglii aumentano e finalmente qualcuno parte, un urlo: “ BASTA!!! ” Ma basta cosa? Delle voci si condensano a fine platea, scricchiolii si susseguono sui palchi, qualcuno si alza in piedi, sta per scendere a fare la sua rivoluzione. Il tempo però è passato e l’indecisione, dote cronica nel popolo italiano, ha vinto anche questa volta.   O forse no? Già perché Marco Paolini fa iniziare proprio in questo modo il suo monologo sulla vita e gli errori (alcuni provvidenziali) di Galileo Galilei, con una rivoluzione , riferendosi però a quella che il pianeta Terra compie intorno al Sole e che, eccezionalmente, anche il pubbli

L'arte di comprimere di Tomas Tranströmer

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“ Comprime grandi quantità di significati in spazi angusti ”, così Maria Cristina Lombardi definiva la poesia di Tomas Tranströmer nell’introduzione della raccolta Poesia dal Silenzio edita da Crocetti nel settembre 2001. Quando, qualche mese dopo, sfogliando la rivista Poesia mi trovai di fronte a questo nome con tanto di umlaut (i due puntini sopra la “o” alla tedesca)  la mia attenzione ne fu subito catturata. Sarà stato per la mia vecchia passione per la lingua germanica oppure per la cost ante attrazione che ha sempre esercitato su di me la possente natura dei paesi nordici, da cui proveniva l’autore dei versi, fatto sta che non potei trattenermi e ordinai il libro all’editore.  Mi colpì? Lo lessi in un fiato? Lo diluii nelle mie fughe pomeridiane in cerca di una luce sempre differente? Zero. Bianco. Nulla di nulla .  Fin qui la mia memoria che, come tutte le memorie, chissà perché fissa tanto bene alcuni momenti a discapito di altri, non sempre in ordine di priorità, almeno no

Un déjà-lu con Patti Smith e Doris Lessing

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Vi è mai capitato di imbattervi in un testo che fin dalle prime righe fa scattare in voi una sensazione di déjà-vu anzi di déjà-lu ? A me è capitato con un piccolo mémoire di Patti Smith sull’ultimo numero della rivista New Yorker . Patti, anzi Patricia come insisteva a chiamarla sua madre, ricorda un evento della sua fanciullezza provocato da un’improvvisa sensazione di bisogno che probabilmente ha tormentato ognuno di noi: desiderare così fortemente qualcosa da essere disposti a tutto (o quasi) pur di ottenerla . Tanto che non c’erano sguardi di rimprovero o gesti di diniego dei nostri genitori a spaventarci, perché quel bisogno era improvvisamente divenuto impellente, vitale, assoluto. Fin qui nulla di nuovo direte voi e avreste ragione se non fosse che il bisogno imprescindibile di possesso della piccola Patricia in questione era rivolto ad un libro. E non ad un semplice libro per bambini o meglio ancora ad un album di figurine (l’unico oggetto ante anni ’90 paragonabile per d

La mela morsicata

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Su chi sia stato Steve Jobs i media di tutto il mondo occidentale si stanno litigando l’ultimo complimento, gli stessi che spesso lo avevano attaccato, criticato, invidiato, accusato di aver trasformato piccoli oggetti di design in una “ mela avvelenata ” per i consumatori che, una volta entrati nel mondo Apple , si rendevano conto di quanto fosse chiuso a qualsiasi altra possibilità “ non Apple ”. Forse per questo manca solo un pezzetto alla mela del logo della famosa azienda di Cupertino? Perché nessuno è mai riuscito ad addentarla fino in fondo? Certo, chi utilizza i suoi prodotti sa che sono innovativi e facili da usare, così innaturalmente immediati per chi si è formato nel funzionale e strutturatissimo mondo Microsoft e soprattutto sono belli a vedersi, racchiudendo in sé uno dei dogmi che la nostra epoca ha esaltato fino allo svilimento: la forma è sostanza . Sì, perché nella mani di Jobs, una delle menti più creative degli ultimi decenni, la mela è diventata il simbolo non

Tanta, tanta, ma tanta RABBIA!

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Più volte ci siamo trovati a parlare dei nostri dubbi su imago2.0 e più volte siamo arrivati alla conclusione che il vero barbaro , in un mondo di granitici difensori di certezze impalpabili, sia colui che dei dubbi pensa di fare a meno. Certo, a nessuno fa piacere palesare i propri dubbi davanti ad estranei, è come mostrarsi in costume da bagno ancora bianchicci e con qualche chilo di troppo, non fa bene alla nostra autostima e ci rende facile preda del sarcasmo di chi, i chili di troppo , se li arrotola intorno alla lingua, pronti ad azzannare le imperfezioni altrui, come se la possibilità di ferire un altro essere umano fosse il balsamo migliore alle proprie insicurezze. Spostare l’attenzione su se stessi, colpendo gli altri e dimostrando così la propria inconsistenza. Questo il pensiero che ho distillato due anni fa, quando mi sono trovato impreparato spettatore davanti al “ Dio della Carneficina ” di Yasmina Reza (commediografa francese di fama internazionale) riadattato in It

Una parola, un verso: ventiquattresima - memoria, il punto di vista del "New Yorker"

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memòria s. f. [dal lat. memoria, der. di memor -ŏris «memore»]. 1. la capacità di ritenere traccia d’informazioni relative a eventi, immagini, sensazioni, idee di cui si sia avuto esperienza e di rievocarle quando lo stimolo originario sia cessato, riconoscendole come stati di coscienza trascorsi; 2. l’atto e il modo con cui la mente ritiene o rievoca singole e determinate immagini, nozioni, persone, avvenimenti; 3. tracce che persone o fatti lasciano nella mente degli uomini; 4. in memoria di, per onorare il ricordo di persone o anche di fatti.   Anche l’edizione della prestigiosa rivista giornalistica dal forte taglio letterario New Yorker del 12 settembre scorso è stata dedicata alla memoria dell’11/9 (anzi del 9/11 come lo ricordano gli americani, invertendo rispetto a noi latini giorno e mese in una data), ossia all’attentato che ha colpito le torri gemelle del World Trade Center a Manhattan dieci anni fa. Fra i tanti, forse troppi giornali che hanno voluto ricordar

Cose dell’altro mondo

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Il film di Francesco Patierno, il regista di Benvenuti al Sud per capirci, è appena uscito nelle sale con una soggetto che promette di far vedere “cose dell’altro mondo”, il nostro appunto. La storia è semplice quanto geniale (e non originale, si ispira ad un film di Arau del 2004): scompaiono tutti gli stranieri . Prima dal Veneto, poi dall’Italia intera e con essi si smaterializzano colf, badanti, carpentieri, operai, raccoglitori di frutta e verdura e tutte le persone che spesso (in Veneto sembrerebbe sempre) fanno i lavori che a noi “vecchi” italiani non piace più fare. Le preghiere di un “imprenditur” razzista, qualunquista, volgare e eccezionalmente ignorante (nel senso che ignora tutto ciò che gli sta attorno perché preso solo da se stesso) vengono accontentate e una mattina un piccolo borgo in piena Padania si sveglia in un “day after” di silenzio e incredulità. La domanda che pervade la città è: “E ora come faccio senza il tizio/a che mi stira, lava, pulisce e bada a quei

chi è Howard Jacobson?

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Ma chi è Howard Jacobson? Professore di letteratura inglese nella brumosa Inghilterra, nonché giornalista (columnist per dirla all'anglosassone), documentarista e scrittore. A questo punto la vostra immaginazione, a meno che non siate fra i pochi italiani che hanno avuto l'opportunità di incontrare dal vivo questo distinto sessantenne (o almeno di leggere uno dei suoi libri), sarà già partita, delineando la figura di un distinto signore alla David Niven, con tanto di ombrello e giacca in tweed, magari anche con la pipa, che disserta dell'innegabile influenza shakespeariana su qualsiasi autore abbia osato scrivere dopo, a volte anche prima, del Bardo. Sbagliato! Osate di più, con questo autore è assolutamente necessario. Howard Jacobson si è presentato al Festivaletteratura (www.festivaletteratura.it) di Mantova in camicia di lino e capelli arruffati, invadendo letteralmente i pensieri dei boccheggianti spettatori (la sua presentazione era fissata in un bollente e umidi

Il nome giusto

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Che gioia trovare un romanzo che sobilli continuamente la voracità di un lettore onnivoro per la “parola” . E che gioiosa e inattesa opportunità l’imbattersi in fonemi dimenticati da buona parte degli italiani (“endiade”, “scotomizzare”, “nisofili”, “adorcismo”, “ierofania”, solo per citarvene alcuni dei più interessanti), che sembrano rivendicare il diritto alla vita (e soprattutto all’utilizzo), in ogni pagina de Il nome giusto di Sergio Garufi. Il protagonista del romanzo è un uomo che muore in un incidente e rimane bloccato in una sorta di limbo senza conoscerne il motivo. Inizierà così a seguire le persone che compreranno i libri che amava e collezionava “da vivo”, usando le loro storie per raccontarci la sua di storia, in un caleidoscopico rullare di normali e confortanti (per il lettore che vi si ritroverà) errori che lo hanno portato, per puro caso(?), alla morte. Ma l’interesse per il romanzo di Garufi non nasce dalla trama o dai dubbi e i rimpianti in cui sembra crogiolars

Una parola, un verso: ventitreesima - silenzio.

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silènzio s. m. [dal lat. silentium, der. di silens -entis, part. pres. di silēre «tacere, non fare rumore»]. – a . Assenza di rumori, di suoni, voci e sim. “sovrumani Silenzi, e profondissima quïete Io nel pensier mi fingo (Leopardi); b . zona di silenzio, o zona d’ombra, per analogia con le onde luminose, la zona che non può essere raggiunta da segnali; c . il fatto di non parlare o di smettere di parlare per un certo periodo di tempo; d . il non dare notizia di sé, né per lettera né con altri mezzi di comunicazione. Silenzio . a cui non sarete abituati, a cui deciderete di resistere e a cui sentirete di non poter arrivare. Silenzio , sulle piattaforme di quarzo e granito che disegneranno il suo regno, fra le cime di verde onnipresente, che assalteranno l’occhio e scuoteranno il respiro. Silenzio , accarezzerà i tetti rossi, i mulini squadrati, l’erba che sembra bosco, il sasso che sembra montagna, l’acqua che sembra padrona, il vento, che sembra dissolversi, assorbito da una coste