Weekend di Andrew Haigh al Festival del Cinema di Roma

Non sappiamo dove siamo, né dove finiremo. Non sappiamo cosa riusciremo davvero a guardare, ad ascoltare o a metabolizzare di questo film attorcigliato intorno a un weekend apparentemente inconsistente e troppo rapido; come quelli che spesso ci troviamo a percorrere nervosi e consapevoli del lunedì che incombe e del tempo che preme per viverci senza che la nostra volontà sia presa in considerazione.
Fin dal titolo di questo film di Andrew Haigh (WEEKEND appunto), imposto allo spettatore con una barriera di lettere bianche che campeggiano sui primi fotogrammi di una periferia inglese alla fine di un venerdì qualunque, lo spettatore comprende che il regista gli sta aprendo un varco su un territorio così vicino a lui da essere spesso trascurabile o meglio invisibile, uno spazio che lo spettatore potrà visitare, ma che non starà a lui giudicare e forse neanche capire del tutto.
Ciò che è probabile è che se avrete avuto la fortuna e l’azzardo di trovarvi a tu per tu, anzi a tu per loro con i due protagonisti di Weekend, non riuscirete a rimanere indifferenti davanti alla loro storia, al loro annusarsi, incontrarsi, sentirsi diversi per ragioni diverse e ciononostante affini, legati, capaci di parlarsi e soprattutto di ascoltarsi. Non potrete non appassionarvi ai tentativi di Russell di superare la sua timidezza con le sue osservazioni continue di un mondo costellato da urlanti parlatori che poco interesse hanno per la sue idee e tanto meno per la sua scelta di vita, né potrete evitare di invidiare Glen per la sua apparente sicurezza, per avere sempre la risposta giusta al momento giusto, per riuscire a tenersi così lontano dagli altri da evitare il dolore. Ed in questo sta la loro vicinanza, nel tentativo di evitare il dolore chiudendosi agli altri, senza riuscire a smettere di desiderare che qualcosa accada e cambi la loro giornata.
Russell e Glen sono inaccettabilmente veri e il fatto che siano due uomini ad essersi trovati e poi innamorati nel film di Haigh non ha alcun peso, potevano essere due etero o due donne, poco avrebbe cambiato o tolto alla storia, che rimane un inno alla nostra comune e innata diversità, che tentiamo spesso di soffocare per adeguarci ad uno standard che, fortunatamente,  non esiste.


-

Commenti

  1. Spesso ci troviamo in difficoltà davanti alla diversità altrui, probabilmente solo perché e' un riflesso della nostra. Il film di cui parli sembra riuscire a sdoganare la tematica gay, riuscendo a far guardare ai due protagonisti come diversi (per desideri, bisogni, carattere e non per scelta sessuale) in mezzo ad altri diversi convinti di essere uguali
    Luca

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Un giorno come questo di Peter Stamm

L’ansia di fare, sì, ma di chi è la colpa?

Nessuno, nemmeno la pioggia, ha così piccole mani