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Visualizzazione dei post da marzo, 2013

Anche il buio è un sole

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Nella vita si può esser sfortunati o fortunati oppure sentirsi tali, ma difficilmente una sfortuna diventa un’opportunità con tanta rapidità com’è accaduto agli spettatori che sabato 23 marzo si sono fatti coraggio e, non contenti della settimana che li aveva appena intinti in una gorgogliante tavolozza di problemi e recriminazioni, hanno deciso di regalare un paio d’ore del loro tempo al teatro. Ma non hanno scelto una commedia, né un luminescente musical, no, queste persone hanno deciso di scendere nel sottosuolo pirandelliano, con una delle sue novelle più oscure e estreme: La trappola . Lo hanno fatto affidandosi ad un Caronte d’eccezione ( Gabriele Lavia ) che ha rivisitato il testo di Pirandello per ricavarne una pièce quanto mai attuale e potente. Ma quello che non si potevano di certo aspettare questi coraggiosi spettatori era che in quella stessa sera il sindacato del personale del teatro Argentina di Roma, dove la rappresentazione era in cartellone, avrebbe indetto un

Lezioni d’equilibrio. Siti e Piperno a confronto.

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C’era una volta un attore che non piaceva al suo regista, per questo provava e riprovava, ma il regista non era mai contento, finché gli fu chiesto se possedeva una bicicletta. L’attore perplesso guardò il suo regista in cerca di un indizio sulla serietà della domanda. Poi si fece forza e disse che sì, aveva una bicicletta. Il regista allora gli chiese di tornare il giorno dopo con la bicicletta e di recitare la scena restando in equilibrio senza usare le gambe. L’attore lo fece e dopo molte prove e molte cadute il regista gli disse che era finalmente pronto a girare la scena senza bicicletta. Ecco, lo stato di equilibrio instabile con cui si è dovuto confrontare l’attore in questione (aneddoto narrato da Bulgakov in cui si riconosce Stanislavskij ), è lo stesso in cui Walter Siti , in un colloquio con Alessandro Piperno sul realismo in letteratura durante l’ultima edizione di Libri Come , ha dichiarato di vivere mentre scrive. Un corpo a corpo fra realtà e realismo, fra riprodu

Dopo sessant’anni c’è ancora bisogno di Nuovi Argomenti in letteratura?

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È la domanda che probabilmente si sono posti i direttori (perché ce ne sono svariati), i redattori e tutti coloro che negli anni hanno collaborato alla rivista Nuovi Argomenti , fondata da Alberto Moravia e Alberto Carocci nel 1953, e che martedì scorso hanno festeggiato alla Casa delle Letterature di Roma questo progetto pluriennale basato sullo scambio e la contaminazione di idee e arti, per il piacere e il dolore di spingersi verso “il diverso” .  Dacia Maraini e Raffaele La Capria, Furio Colombo e Emanuele Trevi, Carola Susani e Chiara Valerio, queste alcune delle “tessere” del puzzle Nuovi Argomenti che hanno ricostruito per i presenti un pezzetto di storia della letteratura in Italia. Diversità a confronto che hanno ricordato, tutte a modo loro, ma tutte all'unisono, uno degli elementi chiave della rivista: la sua apertura a nuove idee , la sua disponibilità a dar voce a punti di vista spesso conflittuali, ma necessari a garantire lo sviluppo delle voci dei futuri narra

Domenica a casa di Praz

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Se vi ritroverete una domenica mattina a svegliarvi molto presto e sentirete la necessità di uscire, fuori, a camminare, per riappropriarvi dei vostri bisogni, ebbene in quella mattina potreste essere così fortunati da ritrovarvi in Piazza Navona, a Roma, accorgendovi che ci siete solo voi, i piccioni, alcune coppie con bambini addormentati e i camerieri della distesa di bar e pizzerie che costeggiano la piazza. Sedie e tavoli da predisporre, ombrelloni da aprire, piatti con cibo di cera da esporre, per far capire senza indugio al turista che lì e solo lì c’è ciò che la sua gola cerca. Allora vi siederete sul piccolo parapetto di ghisa e travertino che fa finta di difendere una delle tre fontane della piazza e osserverete tutto quel movimento silenzioso.  Uomini e donne compressi nei loro grembiali neri, pronti alla battaglia, all'arrivo dell’orda famelica che cercheranno di catturare, muovendosi avanti e indietro davanti al locale dove lavorano, come se si esibissero in un c

Se Tabucchi chiama Pirandello.

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In questi giorni sfilacciati e unti, le parole sul palcoscenico dei media si rinchiudono le une nelle altre, divorandosi a vicenda, lasciando a terra solo carcasse di doveri e prospettive alla mercede di attori falliti (secondo alcuni giornali veri e propri clowns ), che si rincorrono con gesti forti dall’alto delle loro torri, che altro non sono che un filare di sedie accatastate in un manicomio. E saranno anche i capitani eletti, ma di certo rimangono i più pazzi fra i pazzi e i più falliti fra i falliti, se pensano che la loro torre malferma resista al loro ego solo un attimo in più del loro avversario. A questi signori, consiglierei una piccola e solida lettura, che possa far germogliare almeno un larvale e misconosciuto senso di colpa, che possa interrarlo e nutrirlo, affinché diventi il segno di una futura responsabilità, che alla fine qualcuno dovrà pur raccogliere. A questi clowns mezzi matti, offro una rappresentazione teatrale di un altro attore fallito . Sono sicuro