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La paura di cambiare, l'empatia e la sindrome di James Bond

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In questi giorni di mascherine ostentate e propagande mozzate, un silenzio fatto di parole scalze e davanzali di bandiere si è aggrappato ai nostri occhi, come un pipistrello alle rocce sporgenti della sua caverna. A testa giù ci osserva, sgranocchia paure a buon mercato regalate come caramelle a un pubblico affamato di corse, che siano verso qualcosa o per fuggire da qualcuno, poco importa. Vogliamo correre, a perdifiato, scappare dai ‘noi stessi’ con cui ci siamo dovuti confrontare in questi giorni di quarantena dei piedi e dell’anima. Ma non è possibile scappare dalla consapevolezza che siamo poco più di un impasto di carne e sangue a cui un cuoco distratto ha aggiunto una manciata di neuroni come lievito e un pizzico di bontà per divertirsi un po’ a osservarne gli effetti. Una volta usciti dal forno della vita vogliamo respirare, mangiare, crescere, procreare, occupare, possedere, prevalere. E tutto andrebbe come dovrebbe andare, se non fosse per quel pizzico di bontà ch