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Visualizzazione dei post da settembre, 2016

Intervista a Howard Jacobson. Shylock, la magnanimità di Shakespeare e lo scrittore rumoroso

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Incontrare Howard Jacobson è come incontrare un pezzo di letteratura inglese , quella che l’autore (si capisce immergendosi nei suoi romanzi) ha letto e riletto fin dagli anni Sessanta quando il giovane Howard frequentava il Downing College all’Università di Cambridge. Mentre mi avvicino al suo ciuffo bianco e al suo volto allungato, quasi fosse stato Jacovitti a disegnarlo, mi viene in mente la prima volta che l’ho incontrato. Festivaletteratura 2011, Mantova.   Mi piacerebbe cominciare questa chiacchierata con Howard Jacobson, in Italia per presentare il suo Il mio nome è Shylock (edito da Rizzoli nella traduzione di L. Pignatti), proprio da questo ricordo. Era un sabato pomeriggio dei primi di settembre, il Festival era alla sua quindicesima edizione e faceva caldo, quel delizioso caldo umido che solo Mantova e il Bormio sanno offrire, quello che ti fa sentire come Willy il coyote quando gli sta per finire in testa l’ennesima incudine e stremato non si sposta di un millimet

Tra le infinite cose di Julia Pierpont

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Il cafè dove incontro Julia Pierpont è un piccolo bar con il bancone di marmo e i tavolini di vimini sul marciapiede, appiccicati gli uni agli altri, come ombrelloni in una spiaggia ferragostana. La temperatura d’altronde è quella: 34 C° con il 90% di umidità mentre si sta trascinando il penultimo giorno del Festivaletteratura di Mantova . Qualcuno lassù sembra schiacciare un palloncino di acqua bollente contro le teste delle persone in attesa che scoppi, ponendo fine alle loro sofferenze. Sono anch’io in mezzo a loro, in piedi davanti all’ingresso del café, tentando inutilmente di sventolarmi con la piantina dei luoghi del Festival, senza rendermi conto che la scrittrice che sono venuto a intervistare è seduta proprio al tavolino cui mi sto appoggiando per non scivolare a terra. Sapevo di dover incontrare una giovanissima, eppur già famosissima, scrittrice (Julia Pierpont ha 28 anni), avevo già visto il suo viso fresco e sperso in fotografia, eppure a trovarsela dav

Un giorno come questo di Peter Stamm

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Ho ‘conosciuto’ Peter Stamm qualche anno fa, quando mi sono imbattuto nel suo romanzo più letto e citato ( Agnes – Neri Pozza 2006) di cui ricordo ancora l’incipit: « Agnes è morta. L’ha uccisa un racconto ». Stamm rivela immediatamente al lettore come andrà a finire la storia, ma lo fa riuscendo a generare, in meno di un rigo, interrogativi da cui il lettore non potrà staccarsi per tutto il flusso della narrazione. Chi è Agnes? Perché è importante per l’io narrante? E soprattutto, com’è possibile essere uccisi per mano di un racconto? Chi ha scritto il racconto? Lo ha fatto per uccidere Agnes? Il lettore è finito nelle ‘grinfie’ di uno dei più interessanti scrittori contemporanei di lingua tedesca e non potrà abbandonare la lettura fino all’anticipato finale. Anche in Un giorno come questo (Neri Pozza 2009), narrato in prima persona da Andreas, professore di tedesco in una Parigi asettica e sospesa, come in un quadro di Camille Pissarro, l’incipit è rivelatore: « Andre

Gli snob del calcio e il popolo del libro: come invertire un punto di vista secondo Ian McEwan

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Siamo arrivati al 17°. Non so se Ian McEwan, scrittore inglese classe’48, sia o meno superstizioso e forse poco importa, visto che per gli anglosassoni è il 13 il numero sfortunato. Fatto sta, che il diciassettesimo romanzo ( Nutshell ) di uno dei più prolifici e amati romanzieri britannici (suoi romanzi come Il giardino di cemento, Cani neri, Espiazione e il mio preferito per ritmo e analisi introspettiva dei personaggi: Sabato ) è pronto a creare parecchio scompiglio fra i suoi lettori e non solo. Il narratore che ha fatto della ricerca sul campo e della documentazione pre-scrittura una meticolosa ossessione (per costruire il personaggio di Henry Perowne, il medico protagonista di Sabato , è diventato l’ombra di un neurochirurgo londinese per due anni), sta per sorprendere tutti con un romanzo scritto dal punto di vista di un feto . Sì, avete capito bene. A memoria, nessuno aveva osato tanto, perché un feto, sebbene capace in fase di sviluppo avanzato di percepire la vi