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Visualizzazione dei post da luglio, 2011

Una parola, un verso: ventiduesima - pausa (estiva)

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pàu ṡ a s. f. [dal lat. pausa]. – 1 . In genere, arresto, sosta, fermata; 2 . Intervallo di silenzio che si fa parlando; 3 . In musica, cessazione temporanea del suono; 4 . Nel linguaggio medico, pause del cuore, gli intervalli tra un tono cardiaco e l’altro. imago2.0 vi saluta (eccezionalmente di sabato) e si prende una pausa, solo per l’estate ovviamente. Ritorneremo a disseminare dubbi sul vostro cammino a partire dall’ultima settimana di agosto ( con la consueta uscita domenicale ). Nel frattempo, non vorrete davvero rimanervene sdraiati “ a quattro di bastoni ” ( gergale per “stesi in panciolle senza inibizioni e rimorsi”) in riva ad un mare congestionato da migliaia di nullafacenti, mentre il vostro cervello si annoia? Come? Non riesco a sentirvi…No?! Certo che no, ne ero sicuro. Per questo vi propongo qualche spunto per una passeggiata a base di libri e di scrittori, che come cavallette assetate di lettori , si spostano in estate fra un evento letterario e l’altro, pronti a

L'influenza di Bloom: un libro e un invidiabile stile di vita

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No, non parliamo del Leopold Bloom di Joyce, sebbene i riferimenti al grande scrittore irlandese non mancheranno, né certamente del più (ahimè) famoso attore britannico dal passato picaresco ( Orlando Bloom ). Il post di questa settimana è invece dedicato ad una delle figure più influenti e temute della critica letteraria statunitense. Parliamo di Harold Bloom , un uomo che ha dedicato l’intera esistenza alla lettura, trasformandola nel suo lavoro ed influenzando con le sue opere di critica letteraria (quasi 40 titoli) l’intero panorama letterario mondiale. Ancora oggi negli ambienti letterari si discute sulla validità del suo “ Canone Occidentale ”, la famosa lista stilata da Bloom nel 1994, in cui il critico proponeva un dettagliato, ragionato e ridotto elenco di autori da salvare , partendo ovviamente da Omero, il padre del canone occidentale (ammesso che davvero ne esista uno), muovendosi poi attraverso Dante, Chaucer, Molière, Cervantes, Leopardi, senza dimenticare l’autore che

Libri come palchi di un teatro

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“ Un bosco, scaffali come alberi e libri come foglie, perché i libri non sono corpi morti… ” Qualche settimana fa, su “La Repubblica” è stato pubblicato un articolo su Roberto Roversi, ben due pagine dedicate allo scrittore e poeta italiano, cofondatore della rivista Officina (insieme a Leonetti e Pasolini), nonché creatore di una delle più interessanti librerie storiche d’Italia ( Palmaverde a Bologna) aperta nel 1948 e chiusa nel 2006, anno in cui Roversi ha deciso di ritirarsi a vita privata e vendere tutta la sua incredibile collezione di volumi, quelli che ha desiderato, attaccato, riletto, venduto, sempre con una sensazione di perdita, per chi, amando a tal punto i libri , ne ha fatto amici, tutt’altro che silenti; attenti alla vita che gli si consuma attorno, stretti sugli scaffali, come “ palchi di un teatro ” (è lo stesso Roversi ad utilizzare questa metafora), i libri sono pronti ad attaccare quando l’uomo che si è votato alla loro cura non li soddisfa.  L’idea dei libri

Un giorno questo dolore ti sarà utile

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Mi trovavo nel passato . In un passato caldo e accogliente. Mi trovavo nel mio habitat: una libreria. Mi trovavo con un amico. Una persona con cui ho condiviso momenti molto importanti. E’ stato lui a consigliarmi questo libro. Io non ho dubitato, ricordo ancora quando a distanza di chilometri io e lui abbiamo comprato lo stesso libro nello stesso periodo. Io la chiamai immediatamente simbiosi, lui la chiamò probabilità associativa dovuta agli sconti Feltrinelli.  L’ho riportato nel presente questo libro . E non l’ho letto subito. E’ stato lì ad attendermi per qualche mese, a fissarmi, a domandarmi con fare giudicante cosa mi trattenesse dal leggerlo. Probabilmente la paura o la certezza di trovarci un pezzo di dolore ancora troppo recente. Così è stato. “ Un giorno questo dolore ti sarà utile ” è un romanzo d’iniziazione. Al dolore, s’intende. A quella sensazione di diversità che proviamo e ci spaventa, tanto da venir spesso accantonata, schiacciata dalla ricerca di compiacimento alt

Il percorso del silenzio.

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La mia conoscenza della Transavanguardia italiana, prima di un fortuito incontro con Mimmo Paladino in un infuocato pomeriggio milanese, si limitava ad un vago posizionamento di questo movimento artistico (che teorizzava il ritorno alla manualità e al   gioioso utilizzo dei colori) da qualche parte all'interno degli anni '80 dello scorso secolo.  Poi qualche giorno fa mi sono ritrovato a camminare senza meta per una Milano chiusa in un forno ventilato che, a giudicare dall'odore, sembrava non essere stato pulito da anni. Io ero la portata principale di uno chef   sotto effetto di anfetamine, che aveva deciso fosse una buona idea spellare vivo uno scrittore depresso, mischiando le sue sempre fittissime paturnie con il frusciare di buste e sacchetti che, insieme ad un universo di maniaci dello shopping, affollavano piazza duomo alle 18:30 di un martedì qualsiasi ( nonostante i 34 gradi celsius e il 95% di umidità ). Fu allora che vidi che Palazzo Reale era aperto ed ospit