Il primo incontro con Dostoevskij? Sanguina ancora, parola di Paolo Nori


Il primo incontro con Dostoevskij non si dimentica, probabilmente per quello che il critico russo Viktor Sklovskij definisce “il procedimento che crea l’arte”, ossia la capacità del grande autore russo di guardare il mondo, la nostra quotidianità, i nostri gesti, le nostre abitudini come se le vedesse e le facesse per la prima volta. È questo forse parte del mistero che si nasconde dietro le storie e i personaggi di Fëdor Michajlovič Dostoevskij: ci prestano i loro occhi per osservare ciò che potremmo scoprire con una normale passeggiata se avessimo lo sguardo giusto per notarlo. Gli occhi dello stupore, gli occhi di un bambino, non per innocenza, ma per capacità di sorprendersi davanti alle ‘piccole cose’. È da qui che parte anche Paolo Nori, scrittore, traduttore e amante appassionato della letteratura russa, con il suo ultimo libro (Sanguina ancora – l’incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij, edito da Mondadori e finalista al Premio Campiello), ripercorrendo la vita del grande autore russo in occasione del bicentenario della sua nascita. 


 

Un incontro fatale, quello fra Dostoevskij e Nori, avvenuto grazie a Delitto e castigo, più di quarant’anni fa, come lo stesso autore ci racconta: “Mi ricordo la stanza dov’ero, la mia stanzetta all’ultimo piano della nostra casa di campagna, mi ricordo com’ero voltato, mi ricordo l’ora del giorno, mi ricordo lo stupore di quello che stava succedendo, mi ricordo che mi chiedevo nella mia testa ‘E io? […] sono come un insetto o come Napoleone?’ Ecco quella domanda, io quindicenne, me la sono rivolta […] E ho avuto, me la ricordo perfettamente, la sensazione che quel libro pubblicato centododici anni prima a tremila chilometri di distanza, mi avesse aperto una ferita che non avrebbe smesso tanto presto di sanguinare. Avevo ragione. Sanguina ancora”. 

 


Da qui si snoda il racconto, sospeso fra l’analisi degli eventi che segnarono la vita di Dostoevskij e quella delle emozioni che le sue opere hanno fatto germogliare in Nori come lettore. La scelta di questo doppio binario è quanto mai felice, poiché contribuisce a rendere uno dei più grandi autori della letteratura dell’Ottocento più vicino al lettore, che ne assorbe le invenzioni narrative e stilistiche insieme alle esperienze di vita, alle meschinità, ai dolori, alle contraddizioni e alla continua ricerca di un giorno più felice che deve ancora arrivare: “Per me, chissà perché, ricordare equivale a soffrire, e mi succede perfino che più felice è il ricordo suscitato, più forte è la sofferenza. Nello stesso tempo, nonostante tutto quel che ho perduto, la vita mi piace moltissimo: mi piace la vita per la vita e, sono serio, mi preparo, ogni momento, a cominciarla, la mia vita. Presto avrò cinquant’anni, e ancora non sono riuscito a stabilire: sta per finire, la mia vita, o è appena cominciata? Ecco il tratto principale del mio carattere: forse anche della mia attività”[1].

 


Ecco la grande forza di Dostoevskij di disegnare il turbinio di speranze contraddittorie che agitano l’animo umano, scavando in quella caverna emotiva per offrirci la ‘polivocità’[2] che lo rende unico, ossia la capacità di rendere ogni personaggio caratteristico e caratterizzato (con la propria voce, cultura, educazione, carattere e stato d’animo), trasformando i suoi romanzi in un concerto a più voci. Sanguina ancora è un libro da consultare e tenere a portata di mano, riempendolo di note a piè pagina, post-it e, per i più selvaggi, decine di orecchie per recuperare senza esitazione l’emozione che ci ha riportato alla mente e con essa la voglia di riprendere in mano una delle opere di Dostoevskij, scoprendo ancora una volta che: “È meglio essere infelici, ma sapere, piuttosto che vivere felici… in una sciocca incoscienza”. 

 


Ma Sanguina ancora 
è anche un prezioso strumento per conoscere o approfondire la storia della letteratura russa, che pulsa dietro ogni pagina del racconto di Paolo Nori. E se il lettore amante di Gogol’, Puškin o Tolstoj non si sorprenderà di ritrovare i suoi autori preferiti fra le pagine di un libro dedicato a Dostoevskij, Nori ha il merito di introdurre ai suoi lettori anche autori poco conosciuti in Italia come Chlebnikov, Charms, Dovlatov e Erofeev, ricordandoci di abbeverare le nostre menti non solo alle pagine degli autori più noti o amati, ma anche a quelle dei cosiddetti ‘marginali’, capaci di offrire al lettore punti di vista diversi da quelli dominanti. 


Link a sulromanzo



[1] Fëdor M. Dostoevskij – 31 gennaio 1873

[2] Concetto proposto dal critico Michail Bachtin riferendosi all’opera di Dostoevskij


Commenti

Post popolari in questo blog

Un giorno come questo di Peter Stamm

L’ansia di fare, sì, ma di chi è la colpa?

Nessuno, nemmeno la pioggia, ha così piccole mani