La mirabile mano sinistra del buio di Ursula K. Le Guin

Quando si pensa alla fantascienza, la nostra immaginazione va ai viaggi nel tempo, alle guerre tra pianeti lontani e a mondi in cui i robot prendono il potere su esseri umani privi di limiti e prospettiva. Pensiamo insomma a film come Blade Runner, Alien, Ritorno al futuro e Star Wars o ai romanzi di Jules Verne e Philip K. Dick, solo per citare due fra i più famosi autori di science fiction del XIX e XX secolo. Una linea sottile divide questo universo narrativo dal fantasy, storie che non sono ambientate in un futuro profetico e autodistruttivo, ma in un universo parallelo presente in cui magia, draghi e cavalieri dei tempi feudali la fanno da padrone (alcuni esempi per tutti R. R. Tolkien, C. S. Lewis e J. K. Rowling). C’è poi chi ha attraversato più volte questo confine che, come tutti i suoi simili, è un limite artificioso fra due lembi della stessa storia, riuscendo a far superare al lettore ogni idea e preconcetto su cosa debba essere un romanzo.  


Sto parlando di Ursula K. Le Guin, scrittrice americana, classe 1929, che con il suo La mano sinistra del buio (nella nuova traduzione di Chiara Reali con postfazione di Nicoletta Vallorani – appena riproposto da Mondadori nella collana Oscar Cult) chiarisce fin dalla prefazione cosa intenda per fantascienza: un esperimento immaginifico che permetta all’autore di descrivere la realtà che vede. La sua realtà naturalmente che, come quella di ogni essere vivente, è una bugia. Ma se il lettore crederà in questa bugia, nelle azioni e nei pensieri di persone che non esistono, riuscendo persino a fremere per le loro paure e a esultare per i loro successi, ebbene avremo dimostrato che la realtà non è altro che immaginazione allo stato puro

 


Partendo da questo presupposto, Ursula K. Le Guin ci porta a conoscere un possibile mondo futuro, in cui una federazione di pianeti (l’Ecumene) manda suoi emissari a cercare nuove popolazioni da accogliere. È così che sul pianeta Inverno arriva il rappresentante dell’Ecumene Genly Ai deciso a convincere un gruppo di popolazioni litigiose, invidiose e pronte a dichiararsi guerra al più piccolo segno di tradimento a unirsi nel nome di un benessere collettivo che si realizzerà in un futuro lontano. Ritrovandosi in un luogo gelido e inospitale, non soltanto dal punto di vista climatico, l’emissario dell’Ecumene dovrà confrontarsi con differenze culturali, politiche, economiche e sociali sempre più evidenti e divisive in cui la lingua usata per comunicare è l’ultimo dei problemi. 

Il popolo di Inverno ha scelto diverse forme di governo, dalla monarchia assoluta alle oligarchie, fino alle città stato autogestite, in cui tutti hanno diritto a un lavoro e l’inoperosità è impossibile, nessuna appare però priva di problemi o di corruzione. Genly Ai si trova in difficoltà anche di fronte al concetto di sessualità applicato su Inverno, dove ogni suo abitante è tenuto in uno stato di limbo semi permanente, per evitare le reazioni scomposte e la violenza che genera l’istinto sessuale. Come interagire con esseri umani ermafroditi che possono trasformarsi in uomini o donne, a seconda della convenienza biologica, nel loro periodo di accoppiamento (kemmer)?  E se fossero capaci di violenze e gelosie tipiche degli esseri che sono caratterizzati, come l’emissario dell’Ecumene, da una sessualità sempre attiva? Dove sta allora la differenza fra i membri dell’Ecumene e gli abitanti di Inverno?

 


E sull’analisi di questo interrogativo che si regge l’intera storia creata con maestria stilistica e narrativa da Ursula K. Le Guin che ci pone di fronte a scelte di campo sempre più difficili e vitali, man mano che la storia procede, dimostrando quanto questo romanzo, scritto nel 1969 e vincitore del Premio Nebula e Hugo (i premi più importanti per i romanzi di fantascienza), sia ancora potentemente attuale. Temi come la diversità di genere e i conflitti di cui è portatrice, la guerra, i regimi autocrati in mano a leader così autocentrati da non vedere ciò che gli accade attorno, il rifiuto degli stranieri alle frontiere, la predominanza della fama e del sentito dire sulla cultura e la gentilezza, rendono questo romanzo una lettura imprescindibile per chiunque voglia muoversi nella sua bolla di realtà armato di spilli per forarla e scappare nell’immaginazione di qualcun altro. 

 


Grazie alla sua ottima capacità introspettiva, nata anche dalla passione della Le Guin per Virginia Woolf, l’autrice de La mano sinistra del buio ci accompagna nei meandri più oscuri dell’animo umano, costringendo i suoi personaggi (e noi con loro) a guardare al futuro attraverso lo specchio degli errori passati e presenti, trasformando la storia di Genly Ai  e del suo nemico-amico Estraven in un romanzo di formazione in cui la meraviglia sta nel diventare consapevoli dei propri preconcetti per iniziare a svuotarli di significato. Non ci sorprende quindi che alla Le Guin si siano ispirati molti autori che hanno fatto dell’incontro fra ‘diversi’ e del romanzo di formazione la loro casa, a cominciare da quella J. K. Rowling che dal romanzo Il mago di Earthsea ha tratto più di un’ispirazione per creare il suo Harry Potter.  

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