I migliori libri del 2015? L’opinione del The New York Times.



Mettete insieme Michiko Kakutani, Dwight Garner e Janet Maslin e avrete la pagina della critica letteraria del The New York Times, uno dei giornali più influenti nel mondo anglosassone per decretare o far sfiorire un best seller. 

Lo scorso 10 dicembre il giornale americano ha pubblicato un articolo che, partendo dal lavoro dei tre i critici, prova a esprimere un ‘verdetto’ sulla narrativa del 2015 in lingua inglese (comprese le traduzioni da autori non anglosassoni). Chiaramente i tre non sono d’accordo su tutto (su ben poco in realtà), tanto che lo stesso The New York Times ci dice che «non è stato possibile chiuderli in una stanza e fargli scegliere una loro ‘Top 10 list’ dei migliori libri del 2015», così il prestigioso giornale ha preferito presentare al lettore le preferenze dei tre separatamente. Prima la «temibile» Kakutani, poi Janet Mislen e per finire Dwight Garner.

Scopriamo che il caso Elena Ferrante e il suo inarrestabile successo in UK (definita ‘geniale’ dal Telegraph e addirittura ‘tolstoyana’ dall’Independent, portando alcuni critici britannici a paragonarla a Jane Austen in chiave ‘esplosiva’), ha convinto anche gli USA e la Kakutani, che pone il suo The Story of the Lost Child (Storia della bambina perduta - pubblicato in Italia da edizioni e/o) al top della sua classifica personale del 2015, dimostrando che è possibile creare un best seller seriale italiano che riesca a valicare i confini nazionali

E sebbene il mistero che avvolge l’identità dell’autrice (un uomo, una donna o un gruppo di autori che si alternano nella scrittura?) e il caso che attorno a esso è stato costruito ad arte, abbia aiutato la diffusione dei suoi libri, va detto che, pur non brillando per innovazione e puntando più a cullare il lettore nelle sue certezze che a farlo confrontare con i propri dubbi, il libri della Ferrante sono costruiti molto bene, con un impianto narrativo coeso e capace di mantenere elevata la curiosità del lettore per il ‘seguito’. In più speriamo che i romanzi della Ferrante abbiano l’effetto di aumentare l’attenzione degli autori stranieri sulla fiction made in Italy

Assieme alla Ferrante la Kakutani cita M Train  di Patti Smith (edita da Knopf), mémoire sull’amore e la sua perdita, dedicato al marito della musicista e poetessa americana. Un testo che la Kakutani definisce lirico e ‘pittorico’ nel suo flusso narrativo, che parte dalla fanciullezza della Smith, permettendoci così di entrare in ‘comunione’ con la sua idea di mondo. 

Abbiamo poi City on Fire (in uscita con Mondadori con il titolo Città in fiamme), opera prima mastodontica (1.200 pagine) di Garth Risk Hallberg, ambientata nella New York degli anni ’70, romanzo caleidoscopio che si muove su una miriade di personaggi, offrendo al lettore la possibilità di immergersi in una città dove stava nascendo il movimento punk, una città in fiamme che oggi non esiste più. 

Janet Maslin  si sofferma sul successo The girl on the train di Paula Hawkins (La ragazza del treno - edito in Italia da Piemme) . Il libro ha avuto un successo planetario ed è già in produzione un film tratto dal romanzo. Personalmente ho avuto difficoltà a concluderlo e l’ho trovato ricco di banalità, sapevo esattamente dove l’autrice mi avrebbe portato e che strada avrebbe usato per farlo. Due qualità che non amo in un romanzo, ma Janet Maslin non sarebbe d’accordo con me. Altro libro di cui la critica del NYTimes rimane invaghita è The Cartel di Don Winslow (pubblicato in Italia da Einaudi con il titolo de Il Cartello) che, insieme al precedente The Power of the Dog,  rappresenta la conclusione di un’epopea sullo stile de Il Padrino, che ha come sfondo la guerra della droga in Messico e negli USA nell’arco di quarant’anni.


Dwight Garner ci presenta una top list 2015 che sembra preferire di gran lunga biografie e mémoire, soffermandosi sulla storia di James Merril (James Merrill: Life and Art di Langdon Hammer - edito da A. Knopf), biografia letteraria del figlio del cofondatore della Merrill Lynch che è diventato uno dei più importanti poeti americani del Novecento e sul mémoire della fotografa Sally Mann (Hold still: a memoir with photographs), finalista al National Book Award



Commenti

Post popolari in questo blog

Un giorno come questo di Peter Stamm

L’ansia di fare, sì, ma di chi è la colpa?

Nessuno, nemmeno la pioggia, ha così piccole mani