Una famiglia da non perdere di vista


Una donna anziana con i capelli lunghi raccolti in uno chignon malandato è seduta su un letto di fortuna. Un tatami dal colore indefinito su un pavimento di stuoie che sembrano avere più anni di lei. Il collo è incassato nelle spalle, gli occhi bassi a guidare le dita che stringono l’ago con cui deve riparare una pila di vestiti che le fanno da coperta. Ogni tanto solleva lo sguardo, il corpo rimane concentrato sul suo compito, e gli occhi stretti e vivaci scandagliano la stanza. Intorno a lei pareti marroncine di cui si percepisce a stento la presenza, sommerse come sono da ogni genere di oggetti, accumulati non per necessità o desiderio ossessivo, ma perché non hanno ancora trovato un posto dove andare. 
Lo stesso accade per le persone che la circondano, Nei pochi varchi lasciati liberi dagli oggetti, adulti e bambini sorgono attorno alla donna come un grumo di udon freddi conditi con troppa salsa di soia, per cui non basterebbe il più esperto manovratore di bacchette a districarli. Sono lì, appiccicati gli uni agli altri, una famiglia. Una di quelle che sanno soffrire sì, ma anche gioire in un modo tutto loro che avrebbe mandato ai matti Tolstoj. Gioiscono dell’insieme, di essere solo un pezzo del tutto che li rende vivi, anche se non hanno soldi, anche se non hanno lavoro, anche se non possono dire cosa provano a nessuno che non sia parte della famiglia. 


Siamo entrati nel mondo di Kore-eda Hirokazu, regista, sceneggiatore e scrittore giapponese, che ha vinto l’ultimo festival di Cannes con Un affare di famiglia (万引き家族 Manbiki kazoku), storia di una famiglia che sa essere oltraggiosamente felice. Attenzione però a pensare di trovarsi di fronte a un film che inneggia alla bontà di fondo dell’essere umano. Un affare di famiglia sconvolgerà ogni vostra certezza, dimostrando quanto il più saldo dei principi è costruito sulla distanza fra noi e l’oggetto del nostro pre-giudizio. Cosa pensereste se vi dicessi che questa famiglia improntata alla condivisione e al rispetto reciproco, all’ascolto e all’empatia non è altro che una banda di furfanti? Imbroglioni, assassini, truffatori, ladri di oggetti e di bambini, pronti a mettere in pratica morti, resurrezioni, cambi d’identità e ricatti di ogni genere pur di continuare a vivere tutti insieme, nascosti dal mondo. Questi sono i membri della famiglia creata da Kore-eda Hirokazu, ma hanno ottime ragioni per aver fatto ciò che i vostri princìpi bolleranno all’istante come ‘sbagliato’. Si sono trovati al margine di una società (quella giapponese e non solo) che difficilmente dà una seconda chance. Una realtà che preferisce girarsi dall’altra parte quando incontra qualcuno che fa o dice qualcosa di ‘sbagliato’, ‘inappropriato’ o che semplicemente esiste al di fuori delle leggi e dei princìpi che governano la società. Il ‘problema’ è che queste persone, che ci piaccia o no, esistono. Ed è questo che questo film ci costringe a fare: guardare. Guardarci e farci delle domande. 


Se fossimo stati noi al loro posto, di notte, in un vicolo buio e gelido a contare e ricontare quattro crocchette con cui sfamare cinque persone e una bimba abbandonata su un balcone ci avesse guardato, cosa avremmo fatto? Beh, loro l’hanno presa. Non so se l’avrei fatto anch’io. Mi piace pensare che non avrei pensato alla polizia, alla legge, alla mia quota di crocchette e l’avrei presa da quel balcone prima che morisse di freddo, prima che si convincesse di essere ‘sbagliata’. Così avrei potuto conservare dei frammenti di gioia da liberare quando l’insieme dei miei sbagli mi avrebbe sopraffatto. Questo fanno i personaggi del film di Kore-eda Hirokazu (a cominciare dalla perfetta Kirin Kiki che abbiamo già incontrato nel film Le ricette della signora Toku o dallo struggente Lily Franky che abbiamo imparato ad apprezzare nel film Father and son sempre di Hirokazu), capaci di trasformare una busta di plastica in una mongolfiera, un parcheggio abbandonato in un campo di battaglia per un cavaliere e una spiaggia affollata in un luogo perfetto per una rivelazione. 


Kirin Kiki

E quindi andate a vedere questo film, lasciate che vi scorra dentro, tirerà i vostri sensi come una molla. Non resistete, tendetevi, spezzatevi se necessario, vi assicuro che il mondo non sarà più lo stesso per voi e se l’effetto dovesse essere solo temporaneo, beh, non potete sperare che faccia tutto un film.


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