La vendetta di Thomas Middleton


Ci sono giorni oscuri in cui ogni tentativo di far pace con la propria vita diventa insostenibile e rinchiudersi in se stesso a rimuginare diventa naturale come inspirare ossigeno ed espirare rimpianti. È il momento dei 'se solo avessi' e dei 'se solo potessi', è il momento dell'autocommiserazione in cui sguazzare come un novello Shrek nella sua pozza di fango. Ma nemmeno il fango riesce a sopportarvi a lungo e allora vi resta un silenzio di ferro in cui scivolare, in attesa che qualcuno vi ricordi che dovete scuotervi. Qualcuno che potrà godere della vostra spropositata reazione, come se doveste usare in quel momento tutta l'aggressività repressa che avete conservato nello stomaco e nella testa per anni, trasformandovi in un personaggio del teatro elisabettiano, capace di lavare l'offesa subita dal destino con il sangue. 


E sangue sia, ma perché non documentarsi prima di agire? Proprio in questi giorni al Teatro Piccolo di Milano è in scena La tragedia del vendicatore di Thomas Middleton, imperniato proprio sul bisogno di vendetta contro il fato ostile e le persone che esso ha usato per rovinarci la vita, privandoci del successo che avevamo sempre desiderato e meritato. L'opera di Middleton ci narra la storia di Vindice che vuole vendicare la morte ingiusta della sua promessa sposa Gloriana. Ha tutte le ragioni per volerlo fare e il vantaggio di avere Middleton a guidare le sue azioni e le sue parole, uno degli autori più prolifici di thriller e splatter del teatro elisabettiano (insieme a William Shakespeare), così Vindice cambia identità e inizia a portare i personaggi che ruotano intorno alla corte di un duca (responsabile della morte di Gloriana) all'autodistruzione. Ma come tutti i grandi malvagi mossi dalla brama di vendicarsi per il proprio destino infausto, è costretto a compiere azioni più turpi di quelle inflittegli dal fato per realizzare la sua vendetta e non gli restano che le parole, grandiose e avvolgenti parole se è Middleton a scriverle, a cui appigliarsi per dimostrare a se stesso che era inevitabile. L'autoinganno è compiuto sulla scia di Lady Macbeth e Otello e la magniloquenza diventa l'unica arma per placare momentaneamente la coscienza. 


E allora, immersi nel buio salvifico del teatro, possiamo osservare quello che accadrebbe nel nostro animo se dessimo ascolto ai nostri giorni oscuri e possiamo chiederci: ne varrebbe davvero la pena? Se la risposta è ancora sì, beh, dopo aver goduto di questa pièce sublime, la prima messa in scena in italiano di Declan Donnellan, avremo così tanti spunti da rendere la nostra vendetta contro il destino avverso memorabile. 



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