Fedeli allo scrittore o a ciò che ha scritto?

Quanto è importante tener fede a una promessa fatta all'amico di una vita? Prima di rispondere, provate a immaginare che il vostro amico sia Franz Kafka e che nel suo testamento vi chieda di distruggere tutte le sue opere, privando così il mondo di quelle che voi (e solo voi) siete certo siano storie che devono essere raccontate. Cosa fareste?

 
Franz Kafka con Felice Bauer

Max Brod, amico di Kafka da quando le loro anime entrarono in collisione all'università Carolina di Praga (la stessa dove hanno studiato Rilke e Kundera), si trovò nella terribile situazione di scegliere se rispettare il volere di un amico o di tradirlo, pur di far arrivare ai posteri opere come Il processo o La metamorfosi. Sappiamo quale fu la sua scelta e gli siamo grati per essere stato fedeler alle storie più che al loro creatore. Quello che forse non sappiamo è che Brod, costretto a lasciare Praga nel 1939 prima dell'arrivo dei nazisti, si rifugiò a Tel Aviv, dove si dedicò alla pubblicazione delle opere dell'amico. Alla sua morte Brod ha lasciato tutti i manoscritti di Kafka - incluse alcune lettere inedite fra Franz e il suo amore Felice Bauer - alla sua assistente Esther Hoffe. È così iniziato un altro dilemma, un po' meno etico e un po' più economico. Non avendo dato specifiche istruzioni alla sua assistente, Brod lasciava libera la Hoffe di disporre dei manoscritti come voleva. La National Library israeliana, sosteneva che Brod avrebbe voluto che l'opera di Kafka andasse alla più importante biblioteca del Paese che lo aveva accolto, ma la Hoffe ha preferito vendere parte della sua eredità (il manoscritto de Il processo) alla German Literature Archive per un milione sterline. Il resto dell'eredità è rimasta bloccata nella sua casa di Tel Aviv per anni, stimolando la creatività di molti scrittori, a cominciare dal coraggioso romanzo di Nicole Krauss Selva oscuraQuando la Hoffe è morta, all'età di 101 anni, la questione sembrava ormai risolta, lasciando campo libero alla biblioteca israeliana.


Esther Hoffe con Max Brod


Ma in perfetto stile kafkiano, la burocrazia dell'uomo ha voluto imporre ancora il suo giogo sull'arte. La Hoffe aveva infatti due figlie (Ruth e Eva) che hanno iniziato una battaglia legale per rivendicare il possesso dei manoscritti del grande narratore praghese. Ed è proprio da qui che parte una nuova narrazione dedicata alle 'sudate carte' di Kafka, ci riferiamo alla storia di Benjamin Balint che, con il suo Kafka's last trial, appena pubblicato dalla Picador in UK, racconta l'ultimo (?) atto di un processo iniziato quasi cento anni prima con la morte di Kafka nel 1924. Un processo che come direbbe Joseph K, sembra essere perso in partenza, eppure ancora ci accompagna, riproponendoci il quesito con cui abbiamo iniziato questo post.

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