Il labirinto di pensieri di Burhan Sönmez
In un’intervista
dell’inizio del 2019 Burhan Sönmez,
uno fra i più interessanti scrittori turchi contemporanei insieme a Elif
Shafak, nonché avvocato specializzato nella difesa dei diritti
umani, ci ricorda che il suo Paese ha una lunga storia di regimi autoritari (a
cominciare da quello di Erdoğan), ma che è stato proprio questo a garantire
alla Turchia una lunga tradizione di resistenza. Di resistenza non tanto e
soltanto fisica, quanto mentale narra l’ultimo romanzo di Sönmez (Labirinto – tradotto da Nicola Verderame
ed edito da Nottetempo) in cui il musicista blues Boratin Bey si risveglia
nella sua camera da letto non ricordando più nulla di se stesso, se non quello
che gli hanno raccontato gli altri. La sorella, gli amici, gli oggetti
disseminati per casa, le chitarre, i dischi, persino la sua immagine, tutto
sembrerebbe confermare la sua identità. Eppure Boratin non è convinto,
sentendosi estraneo a se stesso e alla ragione apparente della sua amnesia, un
tuffo suicida nel bosforo, da cui ha guadagnato anche una costola rotta.
Il protagonista
di Labirinto inizia così a
scandagliare la mente alla ricerca di un errore che faccia cadere tutta
l’impalcatura che tiene in piedi la propria identità, ma se cercate una trama
‘forte’, ricca di colpi di scena che vi facciano sussultare sulla sedia a ogni
pagina o un protagonista che concluda la sua avventura con una nuova
consapevolezza, questo non è il libro che fa per voi. A sussultare qui sarà la
vostra anima, ma solo se zittirà la mente alla perpetua ricerca di un senso per
tutte le vostre azioni. Rimbalzando dalla prima alla terza persona, mischiando
discorso diretto, indiretto, flusso di coscienza e osservazione asettica degli
oggetti e delle persone che Boratin incontra davanti a sé, Sönmez crea
l’atmosfera rarefatta di una jam session di blues davanti alla quale vorrete
scappare o in cui vorrete lasciarvi risucchiare, ma in mezzo alla quale difficilmente
rimarrete indifferenti.
Le pagine di Labirinto vi ricorderanno Proust mentre
si blocca davanti a una piega delle sue lenzuola per tirarne fuori un serpente
di cristallo, Solzhenitsyn che vi costringe a guardare voi stessi attraverso
uno specchio che non si lascia deformare dalla vostra codardia (l’atmosfera di Padiglione Cancro io l’ho percepita
subito), Virginia Woolf mentre vi racconta di passerotti che parlano greco come
se fosse la cosa più ‘normale’ del mondo. E alla fine vi troverete come
Leonardo Di Caprio in quel curioso film (Inception)
a domandarvi se non sia Boratin ad essersi fermato mentre leggeva di voi che
leggevate di lui.
Vi chiederete se
la luce ha un sapore, se esiste un libro Del
riso infinito, se le parole che state leggendo si stanno scolorendo,
colando via come in un dipinto di Dalì per trasformarsi in una nebbia di
sensazioni altrui, mentre la voce di Bessie Smith vi offre il mondo e voi vi
sarete smarriti “nel tunnel temporale tra vecchio e nuovo”.
La mano di Sönmez
è capace in questo libro di intagliare parole con sapienza, creando bellezza
dove altri vedono solo la vetrina di un centro commerciale (“le vetrine
scorrono senza sosta, come un fiume, e io sogno di essere un componente
dell’acquario. Vetro nel vetro. Acqua nell’acqua. Solo con me, nello stesso
posto”) o il ticchettio di un orologio (“Ho imparato da solo che il suono degli
orologi, come la voce umana, cambia dall’uno all’altro. […] Grazie all’orologio abbiamo conosciuto il
significato del momento presente, e non solo della nascita e della morte.
Nell’orologio non c’erano né passato né futuro. Il passato e il futuro ci
impedivano di vedere la vita reale. L’orologio ce l’aveva mostrata, ma noi non
avevamo ancora sviluppato lo spirito adatto. Non dimenticarti quello che ti
dico, mi disse mio nonno regalandomi il mio primo orologio: sappi riconoscere
il valore dell’attimo, il resto non ti appartiene”) e per questo merita una
lettura attenta e curiosa.
Il labirinto di Sönmez è però fitto e
sebbene avremmo preferito arrivare alla nostra visione del mondo di Boran da
soli, senza la presenza dell’autore attenta a spiegarci la strada da seguire,
come se non si fidasse del tutto del lettore, solo se riusciremo a guardarlo
dall’alto troveremo (forse) ciò che davvero ci appartiene.
link a Sul Romanzo.
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