La forma è la nostra migliore sostanza?


Seduti in tredicesima fila, al buio. La mente ancora stretta dal flusso d’ipotesi di vita migliore che vi portate dietro, come uno sciame d’api ubriaco che vi annebbia la vista, ma senza il quale non sapreste vedere. Così presi da voi stessi da non avvertire gli sciami altrui che si innervosiscono per il democratico silenzio imposto dall'attesa; da non vedere un immenso talamo dalle fogge sinuose ergersi sulla sinistra del palcoscenico; da non avvertire il bisbiglio degli attori, a pochi passi da voi; da non riuscire a comprendere perché tutta la luce improvvisa e indisponente che vi restituisce a voi stessi, nei primi momenti dello spettacolo, vi turba tanto.
È una premonizione, è un retaggio dell’istinto animale che vi avverte del pericolo, il più temuto di tutti, quello che conferma le certezze. Quello che dimostra che la forma di realtà che vedrete di lì a poco non è altro che la vostra realtà, uguale e inappellabile e non per questo più veritiera. State per assistere a Tutto per Bene di Luigi Pirandello, messo in scena al teatro Argentina di Roma da Gabriele Lavia. Stiamo per assistere ad uno squarcio di vita, dal sapore Carveriano e dall’incombente crudeltà Macbethiana. Stiamo per conoscere Martino Lori e la sua vita, la sua apparenza di vita, la sua forma modesta e triste di vita, ma ciononostante la sua preferita, perché a quella si è assuefatto e con quella ha convissuto per così tanto tempo da affezionarsi al continuo diniego che da quella si dipana nella sua direzione.
E quando scoprirà che no, non è quella la verità, che forse la conchiglia che si è portato per decenni sulle spalle non è la sua corretta forma, urlerà (forse per la prima volta nella sua vita), attaccherà, proporrà vendetta e nuovi inganni perché quella forma non si sgretoli del tutto nelle parole altrui. Perché se la forma deve essere che sia, ma che venga fatto “tutto per bene”.

Se non avete timore di origliare voi stessi, affacciatevi a questa preziosa finestra, avete tempo fino al 10 febbraio. Poi dovrete trovare un altro pericoloso silenzio a cui aggrapparvi.

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