Abbiamo bisogno delle storie ‘difficili’?

Trama solida, personaggi vividi e soprattutto ritmo, tanto, ma tanto ritmo: il lettore deve essere risucchiato dalla pagina, divorato dalla curiosità di sapere cosa accade al protagonista. A questo si unisce una lingua semplice, scorrevole, confezionata in una sequenza di punti ben assortiti che lasciano poco spazio ai flussi di coscienza. Se chiedeste a un agente o a un editor cosa cerca in un romanzo inedito, vi descriverebbero così la loro idea di romanzo. Una storia che scorre via rapida e piacevole, come una birra ghiacciata in una serata estiva, uno svago per il lettore che, grazie al libro, scappa per un po’ dalla propria vita. 

La settimana scorsa mi trovavo a parlare con uno scrittore che fa anche il talent scout per una importante agenzia letteraria italiana e mi diceva quanto fosse difficile trovare inediti del genere, con “storie intriganti e trame semplici, che possano facilmente aggregare intorno a loro un gran numero di lettori”. Ed è qui che il mio amore per la complessità ha dovuto attivare la sua persistente e pretenziosa difesa dei lettori che amano le storie dense in cui affondare lentamente, come sciroppo d’acero in un pancake. Ho fatto notare che lo scorso mese il Man Booker prize, uno dei più importanti premi letterari per gli autori di lingua inglese, è stato assegnato ad Anna Burn, scrittrice nord irlandese che con il suo Milkman racconta la storia di una ragazza senza nome che è risucchiata in una relazione con un uomo sposato (anch’egli senza nome) soprannominato Milkman. Un libro che è stato scelto fra i tanti candidati proprio per la sua complessità, per il suo essere ‘challenging’ (sfidante) per il lettore, sia per la lingua sia per la storia, non offrendogli mai cosa si aspetta e obbligandolo a tornare più volte indietro nella lettura per capire i vari livelli su cui è costruita la storia. Una bella differenza rispetto ai romanzi ‘page-turner’, che guidano il lettore alla fine della storia stando attenti a non dargli troppi scossoni. Qualche giorno fa Sam Leith in un articolo sul The Guardian si soffermava proprio su questo aspetto della scrittura: la ricerca della complessità. Leith parte dal presupposto che i libri possano anche essere difficili e non per questo essere ignorati. Gli esempi eccellenti vanno da complessità evidenti, come in Ulisse di Joyce a più nascoste come ne Il grande Gatsby di F. S. Fitzgerald, passando per il Dottor Faust di Thomas Mann e Gli inconsolabili di Kazuo Ishiguro, ricordandoci che la vita non è semplice, perché allora i romanzi dovrebbero esserlo?  

Vi svelerò subito che lo scrittore/talent scout mi ha perso appena ho nominato Anna Burn. Ha giochicchiato con la zip della sua felpa verde oliva per un po’ e poi ha sbuffato: “sai quante copie venderà la Burn in Italia? Semplicità, schemi narrativi replicabili, il lettore vuole continuità, essere rassicurato. Ritmo e  intrattenimento”. 
“Confondi letteratura e propaganda” Gli ho detto fiero di essere riuscito a verbalizzare il mio pensiero esattamente come era stato elaborato dalla mia mente.
Lui si è tolto la felpa e ha guardato il suo apple watch ad indicare che il mio tempo di ascolto, se mai era iniziato, si era definitivamente esaurito e mi ha detto: “Sei tu che confondi letteratura e mercato editoriale”.


Ed essendo lettore di complessità, il dubbio si è subito fatto strada fra le mie certezze: ero io a non capire?  Eppure i libri che ho amato sono sempre stati collegati a una sfida, alla capacità di ribaltare il mio mondo, a mettere in discussione ciò che ero e ciò che potevo essere. Mi ero complicato la vita inutilmente? Forse, ma ormai non posso farci nulla, sono un personaggio di J. M. Coetzee, di P. Roth, di J. Safran Foer, di D. Eggers, di A. Tyler, un personaggio che sa correre veloce da un punto all'altro della storia come piacerebbe all'editor moderno, ma solo se questa corsa lo porterà a scoprire se stesso. 

Commenti

Post popolari in questo blog

Un giorno come questo di Peter Stamm

L’ansia di fare, sì, ma di chi è la colpa?

Nessuno, nemmeno la pioggia, ha così piccole mani