Dubbi britannici. Un'incursione nel teatro inglese.
Questa storia comincia più o
meno 100 anni fa. Il 10 giugno 1911. È questa la data di nascita di Terence Rattigan, drammaturgo inglese che mise in scena l’inscenabile, ossia l’upper-middle
class inglese a cavallo della seconda guerra mondiale, con tutti i suoi distinguo
fra ciò che era giusto e “kind” e “charming” e ciò che proprio non lo era
(allora gli abusatissimi “polite” e “unpolite” non erano ancora di moda),
andando a sollevare il velo di conformismo e buone maniere che essa fieramente rappresentava.
Una delle opere di Rattigan più note
al pubblico è The Browning Version,
messa in scena nel 1948 nel west end londinese. Dall'opera, che racconta gli
ultimi giorni di un professore in una public
school[1] del
tempo e di come un innocente regalo (la traduzione di Robert Browning dell’Agamennone di Eschilo, da cui prende il
titolo l’opera) spezzi il filo di perfette relazioni e sicuri ruoli che la
scuola e la società del tempo assicurava, è stato tratto anche un film del 1951
che vinse il festival di Cannes per l’adattamento della sceneggiatura di
Rattigan e per il miglior attore: Michael Redgrave, anzi Sir Michael Redgrave, padre
della (per noi) più famosa Vanessa e famosissimo attore teatrale nel trentennio
1930-1960.
Proprio da The Browning Version è partito David Hare (drammaturgo e regista
britannico, a lui dobbiamo la sceneggiatura di film come Il Danno di Malle The Hours
di Daldry e The Reader, sempre di
Daldry) per ricordare il centenario
della nascita di Rattigan, scrivendo e mettendo in scena, prima nell’ottobre
del 2011 a Chichester e poi in questi giorni all’Harold Pinter Theatre nella Londra preolimpica, South Downs, testo autobiografico che
racconta l’esperienza di Hare in un’altra public
school inglese a distanza di vent’anni (ambientato negli anni ’60),
riuscendo a cogliere la fine di un mondo in cui le certezze granitiche degli
anni ’40 avevano lasciato il posto alla ripetizione insensata di una tradizione,
in cui neanche più gli adulti credevano.
I due testi vengono messi in scena in
sequenza e rappresentano un’opportunità rara per entrare nella mente del popolo
britannico, che a differenza dell’italico, ha non poche difficoltà a mettere in
piazza i suoi dubbi che, badate bene, pur esistono. Chi si trovasse in questi
giorni nella Londra olimpica, prima di tuffarsi nella cerimonia di
inaugurazione dei giochi e correre in una Regent street ricolma di bandiere e
gadget, potrebbe ritagliarsi un paio d’ore di buio intorno a sé per origliare
le incertezze altrui e riscoprire le proprie.
[1]
Il termine “Public School” è usato in Inghilterra per riferirsi alle più
esclusive e costose scuole indipendenti della Gran Bretagna, come Eton o
Harrow. Frequentarle voleva dire appartenere o poter appartenere alla futura
classe dirigente del paese.
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