Premio Strega 2013: è tempo di scelte, anche per i lettori.

Eccoci a un altro giro di boa, pardon di pagina, a poco più di dieci giorni da quel 4 luglio che sì, è l’Indipendence Day americano (il 4 luglio del 1779 tredici colonie americane si staccarono dall’impero britannico) ed è anche il giorno chiave, nonché titolo, del film del famoso/famigerato Ronald Emmerich del 1996 (che su Google appare prima del link al giorno della festa nazionale americana), ma in un’Italia martoriata dalle scissioni presunte del M5S e dai decreti del “fare” che non fanno poi molto, è anche la data in cui avverrà la premiazione del Premio Strega 2013 (67° edizione).


La cinquina è pronta a contendersi il riconoscimento più contestato e ricercato della narrativa italiana (vedi link alla precedente edizione su imago), sono già uscite le varie interviste ai finalisti, con tanto di incredulità e dichiarazioni in cui ci si dice già soddisfatti di essere arrivati in finale. Voi ci credete?

Così com’è già tristemente annunciata “la polemica” del 2013, almeno quella della fase pre-premio, ossia l’esclusione dalla cinquina di Aldo Busi, considerato uno dei migliori testi letterari in competizione per l’originalità della sua costruzione narrativa, che prima ancora della scelta della cinquina era a sua volta entrato in polemica con il Premio stesso.

Quest’anno, va detto, gli Amici della domenica hanno offerto un parterre di autori particolarmente differenziato, sia per tipologia di storie, sia per stili, sia per età degli autori prescelti e questo è sempre un bene. Andiamo allora a piluccare fra le storie che i cinque finalisti ci propongono.

Cominciamo dal più giovane per una volta, ossia da Paolo Di Paolo (classe 1983, finalista a vent’anni del Premio Calvino e del Premio Campiello Giovani) e dal suo Mandami tanta vita (di cui abbiamo già parlato qualche settimana fa su imago) edito da Feltrinelli, che affronta un tema quanto mai importante, ossia la necessità di compiere una scelta, soprattutto quando quella scelta può essere considerata difficile e controproducente per chi la compie, ma necessaria per chi la osserva e ammira. Solo il tema basterebbe a meritare un’attenta lettura, se poi pensiamo che è ambientato in un 1926 che per molti aspetti ricalca una situazione economico-sociale molto simile all’attuale, la trappola è già scattata.


Proseguendo nella nostra scala anagrafica, incontriamo Nessuno sa di noi edito da Giunti e scritto da Simona Sparaco (classe 1978, scrittrice e sceneggiatrice romana, sospesa tra la città eterna e l’Asia), che si concentra su un tema insidioso e importante: l’aborto terapeutico e la scelta che, dietro di esso, fronteggia impietosa la coppia di ragazzi che Simona Sparaco offre ai suoi lettori. Il libro è una molla narrativa per le nostre emozioni, permettendo così a un dibattito sottotraccia di uscire finalmente allo scoperto. Il tema del romanzo è il dolore, la capacità di affrontarlo e di essere una famiglia anche in due.

Di famiglia, anche se da un’altra angolazione, parla anche Romana Petri (classe 1965, responsabile della casa editrici Cavallo di Ferro, critica letteraria, traduttrice, ha vinto come scrittrice numerosi premi letterari, tra cui il Rapallo e il Grinzane Cavour), con il suo Figli dello stesso padre edito da Longanesi, storia di due fratelli figli dello stesso padre ma nati da due madri differenti. E qui finiscono le loro affinità, tutto il resto è battaglia. La Petri ci offre un romanzo di passioni forti, focalizzato sulla famiglia e sul dolore che in essa si annida. Testo dalla struttura più classica rispetto a quelle proposte dai suoi colleghi finalisti, Romana Petri incentra molta della sua storia sulla figura del padre dei due protagonisti, che permane ingombrante e presente durante tutta la narrazione.

 
E arriviamo al grande favorito, almeno secondo le agenzie, ossia Alessandro Perissinotto (classe 1964, scrittore, traduttore e professore universitario nella sua Torino, conosciuto soprattutto per la sua trilogia di romanzi gialli che hanno come protagonista la psicologa Anna Pevesi), che presenta attraverso la sua casa editrice (Piemme) Le colpe dei padri. Romanzo che incentra la propria chiave stilistica sul dubbio. Dubbio che il lettore avverte crescere forte sotto la narrazione della vita del protagonista: Guido Marchisio. Dubbio che andrà a scardinare tutte la sua vita perfetta da quarantenne di successo, dubbio che lo costringerà a osservare il nostro presente tra crisi economica, posti di lavoro che si dissolvono e suicidi, un presente che è figlio di un passato, ancora nascosto sotto la polvere degli anni’70.

Per ultimo, ma certamente solo per ragioni anagrafiche, Walter Siti (classe 1947, scrittore, saggista, che associamo subito al nome di Pasolini, di cui Siti ha curato l’edizione completa delle opere, anche nei Meridiani di Mondadori), che continua a battere il campo della contemporaneità con il suo Resistere non serve a niente edito da Rizzoli, offrendo al lettore un’istantanea del nostro tempo, sulle spalle di Tommaso, matematico convertito a mago della finanza, grazie al quale osserviamo un mondo in cui il denaro comanda e deforma e le scelte, soprattutto quelle coraggiose, quelle con cui abbiamo iniziato parlando del romanzo di Paolo Di Paolo, che non solo dai personaggi di Siti non vengono compiute, ma divengono inequivocabilmente quelle sbagliate.





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