Don't stop me now

Si può essere invidiosi di due gatti? Sì, se appartengono a Freddie Mercury e non solo per le suite private che a loro erano riservata nella magione di Garden Lodge dove il solista dei Queen viveva, ma soprattutto perché hanno avuto libero accesso alla vita e alla voce di uno dei fenomeni vocali del XX Secolo.
È proprio dai gatti che prende le mosse Bohemian Rhapsody il film di Brian Singer uscito da qualche settimana sugli schermi per narrare la parabola di Freddie Mercury. Quindici anni, dal suo lavoro al sevizio restituzione bagagli dell'aeroporto di Heathrow nel 1970 fino a quei venti minuti sul palco del LiveAid dell'estate del 1985, con cui la voce solista dei Queen entrò nella storia del rock, facendo anche infuriare Elton John che si rese conto che quel paki-guy (Mercury veniva spesso identificato come pachistano anche se era nato a Zanzibar) gli aveva rubato la scena. 


Il film offre allo spettatore l'immagine di un Mercury in eterno conflitto con se stesso. Era tanto sicuro e sfrontato sul palco, quanto timido e incapace di decodificare le sue emozioni nella vita reale. Freddie Mercury legittimava le sue emozioni solo quando era sul palco, agganciato al suo microfono, catalizzatore di sensazioni che iniziavano a fluire fra lui e il pubblico, in un circuito a doppio senso che portava all'estasi collettiva. L'unica finestra per osservare da vicino la vita degli 'altri' il solista dei Queen lo trova in Mary Austin, uno dei grandi amori della sua vita (a lei è dedicata Love of my life), l'unica persona con cui poteva sentirsi libero di dichiarare cosa realmente desiderava. 


Il film di Singer (in parte girato da Dexter Fletcher per abbandono dello stesso Singer) è stato aspramente criticato perché, per non essere vietato ai minori, ha sfumato le scene di sesso gay, tagliando completamente quelle relative alle feste orgiastiche che Mercury organizzava alla fine degli anni '70, con tanto di camerieri nudi e drag queen che giravano con piatti dorati in testa, ricolmi di cocaina, tanto da far accusare il film di omofobia. Se anche fosse una mancanza imperdonabile, nulla vieta di fare altri film con al centro la vita dei Queen (di materiale ce n'è tanto e l'ottima musica non mancherebbe), ma davvero è così importante sapere con quante persone alla volta facesse sesso Freddie Mercury? Forse il nostro voyeurismo dovrebbe trovare la sua soddisfazione da qualche altra parte. 


Ciò di cui siamo sicuri è che Rami Malek è molto bravo nella sua interpretazione di Freddie Mercury (soprattutto nella seconda parte del film), contribuendo a far scatenare il pubblico che canta  dall'inizio alla fine della proiezione. Tre generazioni di spettatori che battono le mani all'unisono quando le indimenticabili hits dei Queen fluiscono attraverso il dolby surround della sala cinematografica, così come fecero in quella lontana estate del 1985 nello stadio Wimbledon. Anch'io ho cantato e ho battuto le mani e quando sono uscito dal cinema, ho continuato a canticchiare Don't stop me now  immerso nella nebbia milanese, mentre mia figlia undicenne mi prendeva in giro, mettendosi a ballare con me fra le macchine desidero di baciarsi per congiungersi in un'orgia di traffico serale. Questa pazza esplosione di gioia immotivata e spudorata sarebbe piaciuta tanto a Freddie Mercury.

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