Una parola, un verso: trentesima - vertiginare

Qualche giorno fa un’amica poetessa ha voluto condividere con me alcuni versi di Gottfried Benn. Aprèslude (così chiameremo la mia amica, in onore al titolo della poesia che ha voluto donarmi) tiene sempre con sé questi versi e quando l’algida e annoiata volontà altrui la lambisce, lei non si perde d’animo, apre il suo libretto e legge. Questa lettura non l’aiuta a trovare la soluzione ai suoi problemi, né le fornisce una risposta ai troppi interrogativi che, soprattutto in tempi oscuri e densi come quelli che fatichiamo a guadare (sebbene solcati a vertiginose e inconsistenti altezze), la nostra mente elabora. Bensì questi versi le regalano una nuova domanda, più ricca e pesante, così pesante da potersene staccare senza paura, senza rimorso, senza che l’assenza generale del “noi” in cui ci costringe il chiassoso applauso dell’”io” si dipani ancora fra le nostre dita, scontente e sole, seppur costruite per muoversi in gruppo. E allora riesco a vederla Aprèslude, mentre scende ...