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Visualizzazione dei post da 2020

Ri-Svegliarsi negli anni ’20 insieme a Paolo Di Paolo

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“ Le decadi, dice Hemingway, finiscono ogni dieci anni, mentre le epoche possono finire in qualsiasi momento ”.  Decidere da dove iniziare a parlare del l’ultimo lavoro di Paolo Di Paolo ( Svegliarsi negli anni Venti . Il cambiamento, i sogni e le paure da un secolo all'altro – collana Strade Blu di Mondadori) è una sfida che mi ha costretto a rivedere l’incipit di questa recensione più e più volte, scegliendo prima una frase di Saul Bellow, poi una di Virginia Woolf, sostituita da Paul Valéry, fino alla citazione al quadrato che leggete, estratta direttamente dal ‘Paolo Di Paolo pensiero’.  Nessuna però sembra cogliere appieno la chiave di lettura di questo libro, tanto che, alla fine, avevo deciso di eliminare la citazione e iniziare a raccontarvi quanto fosse complesso etichettare questo testo (un romanzo o un saggio?), parlandovi della sua capacità di raccontare il cambiamento che stiamo vivendo in questo tormentato primo ventennio del XXI secolo, del parallelismo con gli st

La famiglia di David James Poissant è un lago profondo in cui è dolce affondare

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La scrittrice americana Natalie Goldberg sostiene che un autore degno di questo nome debba scrivere ‘fino alle ossa’ , dando alla carta il colore della propria consapevolezza.  Penso che sarebbe stata soddisfatta del lavoro di David James Poissant e del suo primo romanzo La casa sul lago (tradotto con perizia da Gioia Guerzoni ed edito da NNEditore , cui sarò sempre grato per aver portato in Italia Kent Haruf ), storia della famiglia Starling e del bisogno dei suoi membri di essere ascoltati, ascoltati davvero.  In un periodo come quello in cui stiamo vivendo, dove l’isolamento forzato e la separazione dal ‘resto del mondo’, anche solo attraverso un rettangolo davanti a naso e bocca, rischia di diventare la norma, il bisogno congenito di ascolto dell’essere umano pulsa come un mal di testa cronico sotto la nostra mascherina alla ricerca di una preda su cui scaricare le nostre frustrazioni, i nostri desideri infranti, la paura per quello che ancora deve accadere e il terrore più grande

Virginia Woolf secondo Emmanuelle Favier

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C'è una versione tra le tante edizioni de La signora Dalloway che posseggo cui tengo particolarmente. È stata stampata nel 1949 da Mondadori con otto illustrazioni di Luigi Broggini che, con la folle indefinizione dell'acquerello, accompagnano il lettore nelle caverne di personaggi scavati da Virginia Woolf. Questo per dimostrarvi che sono un Woolf-addicted e dubito si possa essere un appassionato e vorace lettore della prosa della Woolf senza diventarne dipendente . È una droga che scava nelle tue certezze, facendole implodere su loro stesse, costringendoti a guardare lì dove non vorresti, a soffrire e allo stesso tempo a godere di questa esposizione alle debolezze umane: “ una tomba su cui stendersi a piangere, zattera di pietra dove gemere del proprio naufragio ”. Sì, per amare la Woolf, bisogna essere un po’ masochisti , vedere il bicchiere mezzo vuoto e concentrarsi almeno una volta al giorno sul senso della propria esistenza. Rispecchiandomi in questo ritratto, sulla c

L'arte del racconto di Richard Yates

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Avete mai raccontato una storia a un bambino? Di quattro o cinque anni, non così piccolo da essere ammaliato da qualsiasi voce che ripercorra le istruzioni per montare un mobile IKEA e non tanto grande da essere interconnesso a mondi vibranti e bippanti che lo sottrarranno alla vostra narrazione in pochi secondi.  Si metterà steso a pancia a terra, i piedi a fluttuare nell'aria, il collo allungato verso di voi, come quello di E.T., in attesa. Se la storia che avrete scelto sarà appena passabile, la sua immaginazione ipertrofica e affamata farà il resto, sganciandosi dal corpo e realizzando con voi quell'affinità elettiva che gli scrittori cercano con i loro lettori.  Con l'età adulta purtroppo l'immaginazione perde elasticità , lasciando spesso il suo posto alla razionalizzazione spinta , una sorta di ragionamento-ponte  fra noi e il mondo esterno che semplifica e banalizza ogni emozione provata o intercettata con l'obiettivo di farla rientrare in una delle classifi

Quello scarafaggio di un politico e i destini di un Paese

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Per quanto tempo un moscone morto conserva un buon sapore? Come si parla senza avere una  bocca? E come ci si sente a avere uno scheletro esterno? Domande vitali per chi volesse scrivere una storia che ha come protagonista uno dei milioni di  scarafaggi con cui conviviamo nelle nostre città. Domande che potremmo girare al primo ministro  inglese, vero esperto nel campo, almeno secondo Ian McEwan e il suo nuovo romanzo Lo  scarafaggio (edito da Einaudi e tradotto da Susanna Basso).  Una metamorfosi inversa rispetto a  quella di Gregor Samsa , personaggio scolpito nella memoria collettiva di noi occidentali grazie alla  mente visionaria di Franz Kafka, risvegliatosi una mattina nei panni, anzi nel guscio di uno  scarafaggio. Il protagonista della storia di Ian McEwan vive infatti la sorte opposta, Jim Sams ,  nobile blatta dalla corazza splendente, si sveglierà una mattina in un disgustoso  corpo umano , provando così l’ebbrezza di sorprendenti altitudini e l’orrore di una ma

Salendo sul carro di Olga Tokarczuk

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William Blake diceva che  coloro che reprimono un desiderio, lo fanno perché è abbastanza debole da essere represso . Se avessi avuto dei dubbi sulla veridicità di questo pensiero, leggere  Guida il tuo carro sulle ossa dei morti  del  premio Nobel Olga Tokarczuk  (riedito in Italia dalla Bompiani con la traduzione di Silvano De Fanti) li avrebbe dissipati. L’autrice desiderava scrivere questo romanzo, ne aveva un bisogno intenso e insopprimibile, per questo lo ha messo su carta. Allo stesso modo i lettori desidereranno leggerlo, non tanto per la storia ( avverto gli amanti di thriller a base di omicidi e colpi di scena che non è questo il fulcro attorno a cui ruota la narrazione ), ma per i suoi personaggi e per i temporali di dubbi e idee che da essi Olga Tokarczuk fa fluire attraverso le pagine fino alla mente del lettore.  Il romanzo, aspramente criticato nella patria dell’autrice (Polonia) e definito  anticristiano e sobillatore di violenza , narra la storia di un

La paura di cambiare, l'empatia e la sindrome di James Bond

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In questi giorni di mascherine ostentate e propagande mozzate, un silenzio fatto di parole scalze e davanzali di bandiere si è aggrappato ai nostri occhi, come un pipistrello alle rocce sporgenti della sua caverna. A testa giù ci osserva, sgranocchia paure a buon mercato regalate come caramelle a un pubblico affamato di corse, che siano verso qualcosa o per fuggire da qualcuno, poco importa. Vogliamo correre, a perdifiato, scappare dai ‘noi stessi’ con cui ci siamo dovuti confrontare in questi giorni di quarantena dei piedi e dell’anima. Ma non è possibile scappare dalla consapevolezza che siamo poco più di un impasto di carne e sangue a cui un cuoco distratto ha aggiunto una manciata di neuroni come lievito e un pizzico di bontà per divertirsi un po’ a osservarne gli effetti. Una volta usciti dal forno della vita vogliamo respirare, mangiare, crescere, procreare, occupare, possedere, prevalere. E tutto andrebbe come dovrebbe andare, se non fosse per quel pizzico di bontà ch