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Visualizzazione dei post da giugno, 2016

La confessione di Roman Markin: come alimentare la speranza

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«Se avete perso fiducia nella potenza della narrativa, Anthony Marra vi farà cambiare idea», parola del New Tork Times che, recensendo La confessione di Roman Markin, il nuovo romanzo di Marra dopo il successo del suo esordio ( La fragile costellazione della vita), ha lodato la capacità di analisi e di approfondimento del trentenne autore americano, senza dimenticare la sua profonda conoscenza della storia russa. La confessione di Roman Markin è senz’altro un'opera notevole per il suo gioco d’incastri, un puzzle composto da nove storie, in cui passato presente e futuro si legano in modo inscindibile. La narrazione si apre nella Leningrado del 1937, facendo conoscere al lettore Roman Markin, un pittore trasformato dal regime sovietico in "censore di immagine". A lui spetta eliminare da fotografie e dipinti i volti dei nemici della patria, inserendo al loro posto i nuovi capi del partito. Ma avere il potere di modificare la realtà, seppur solo in fotografia, fa

I finalisti del Premio Strega 2016. Consigli per il lettore.

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In poco meno di 30 minuti tutto deciso. Il 15 giugno alle 21:00 a Casa Bellonci si sono ritrovati gli Amici della Domenica che, con il supporto dei voti di un manipolo di lettori forti selezionati dalle librerie e di una manciata di preferenze provenienti dalla scuole, hanno scelto i cinque finalisti della settantesima edizione del Premio Strega (in rigoroso ordine di preferenze ottenute): Edoardo Albinati con La scuola cattolica (Rizzoli) – 202 voti; Eraldo Affinati con L’uomo del futuro (Mondadori) – 160 voti; Vittorio Sermonti con Se avessero (Garzanti) – 156 voti; Giordano Meacci con Il cinghiale che uccise Liberty Valance (minimumfax) – 138 voti; Elena Stancanelli con La femmina nuda (La Nave di Teseo) – 102 voti. Ora la volata verso l’8 luglio, quando sarà scelto il vincitore e Nicola Lagioia (premiato nell’edizione 2015 con La ferocia – Einaudi) cederà il titolo. Tutto come al solito, più rapido del solito. Nessuna polemica (almeno per ora), perché ci sono i gra

Mi chiamo Lucy Barton di Elizabeth Strout: perché non è assolutamente possibile credere ai propri ricordi

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Sono convinto che quando raccontiamo i viaggi che abbiamo fatto, non parliamo di luoghi, monumenti, cibo, shopping e strade, ma di persone. Amici con cui condividiamo ogni spostamento del nostro animo o sconosciuti che ci sono passati accanto in una notte calviniana dagli esiti incerti o dickensiana dalle strade oscure e dal fumo denso che si avvinghia ai polmoni. Il loro incrociarci genera quel ricordo che poi modellerà le nostre vite, trasformandoci; come un cubo di marmo da cui lo scultore stacca uno strato dopo l’altro alla ricerca della forma perfetta. Quando nasciamo siamo quel cubo e saranno le persone che incontreremo a darci la forma definitiva, che ci piaccia o no. Di questa idea sembra essere convinta anche Elizabeth Strout che con il suo ultimo romanzo Mi chiamo Lucy Barton (tradotto da Susanna Bassi per Einaudi) ci fa entrare in un frammento della vita della sua protagonista (Lucy) che racconta, in prima persona, un paio di mesi trascorsi in ospedale negli

Il mestiere dell'editore. Il punto di vista di Carmine Donzelli

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Mondadori, Gems, minimumfax, Sellerio, Einaudi, mentre costeggio gli stand dell’ultimo Salone Internazionale del Libro di Torino sono le 10 del mattino e l’atmosfera fra i padiglioni è quella che preferisco. I corridoi sono semivuoti, il Salone ha appena aperto, le orde (meno male che esistono ancora) di lettori bulimici sono ancora in fila fuori dai padiglioni per i biglietti, gli standisti hanno ancora un volto disteso e ostentano sorrisi da chiacchiere davanti a un caffè, che in molti hanno stretto in mano, in un bicchierino di plastica marrone, come se da quel piccolo talismano dipendesse la loro sopravvivenza. E poi ci sono i libri, migliaia, che attendono mani e occhi vogliosi di scoprirli. Di mattina sembrano più lucidi, più invitanti, pronti alla battaglia più dei loro editori. Centro di tutto il sistema editoriale, anch’essi sono di nuovo qui, per mostrarsi, sfidarsi, punzecchiarsi e naturalmente lamentarsi per il mercato che non tira. Ma è proprio così per tutti? Per sco