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Visualizzazione dei post da 2016

A Milano Herzog crea uno spazio per cultura che sfida ogni ombra di pessimismo

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Per l’ultimo post del 2016 prima della pausa natalizia, ci spostiamo nel regno di Herzog. Non parliamo del romanzo di Saul Bellow centrato sulla vita e soprattutto sulla mente di Moses E. Herzog, intellettuale in piena crisi esistenziale che ha sempre trovato nell’instabilità la ‘solida’ base per la sua esistenza, sebbene i luoghi creati da Jacques Herzog siano portatori di solida instabilità, intesa come dinamicità evolutiva.  Herzog & de Meuron Architetto, anzi archistar idolatrata e imitata in tutto il mondo ( lo studio che Herzog ha fondato insieme a Pierre de Meuron a Basilea è oggetto di pellegrinaggio da parte di giovani architetti e appassionati del design), Jacques Herzog ha avuto l’incarico, cinque anni fa, di riempire uno squarcio nella pancia di Milano che risaliva ai bombardamenti della seconda guerra mondiale.  Siamo a Porta Volta, a pochi passi dal quartiere storico di Brera e a poche centinaia di metri dalla modernissima piazza Gae Aulenti, segno

Scrivendo a passo di danza: la nuova avventura di Zadie Smith

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C’è stato un periodo nella storia del cinema, fra la metà degli anni ’30 e la fine dei ’40, in cui la trama lasciava il posto alla danza e all’abilità di performers come Fred Astaire e Ginger Rogers, riuscendo a far sospendere al pubblico il giudizio su un finale scontato. Ciò che interessava agli spettatori era godere degli effetti speciali che questi interpreti realizzavano usando il più semplice e a buon mercato degli strumenti: il loro corpo. E da qui che sembra partire Zadie Smith per il suo quinto romanzo, Swing Time (lo stesso titolo di un film del 1936 con la coppia Astaire/Rogers), pubblicato da poco dalla Penguin in USA e in UK, in cui racconta la storia di due ragazze con una passione in comune: la danza . Entrambe le ragazze (la voce narrante senza nome e la sua compagna Tracey) sono cresciute in quella zona di Londra che l’autrice di Denti Bianchi e NW conosce così bene, facendo della danza la loro forma espressiva d’elezione fin da piccole: a una scuola di danza s

Poesia Vivente: l’attore secondo Jouvet e Servillo in scena al Piccolo Teatro di Milano

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Cammino sotto le volte di un chiostro quattrocentesco. Frammenti di affreschi attribuiti a Bramante e a Leonardo guardano le teste delle persone sedute attorno a tavolini quadrati con sopra resti di tè o cioccolate serviti in porcellane candide. È una domenica pomeriggio di fine novembre a Milano e qualcosa che dovrebbe assomigliare al sole si è spinto per un attimo oltre la coltre densa di nuvole che ha cinto d’assedio la città per una settimana. I cappotti sono ancora aperti e le sciarpe un accessorio più che una barriera al freddo. Alle pareti del chiostro  grandi cartelloni su fondo nero  mi osservano . Su ogni cartellone, in alto a destra, disegnato a pallini bianchi su fondo rosso, il nome del luogo dove sto passeggiando in attesa di assistere a un cambiamento, emotivo più che meteorologico.  Siamo nel foyer a cielo aperto del primo teatro stabile d’Italia, il Piccolo di Milano, fondato da Giorgio Strehler, Mario Apollonio, Virgilio Tosi e Paolo Grassi nel 1947, propri

USA: l’attesa oscura. Il viaggio di uno scrittore in un Paese pronto al peggio

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L’ultimo romanzo di Dave Eggers ( I vostri padri, dove sono? E i profeti, vivono forse per sempre? – Mondadori 2015) racconta la storia di Thomas, un quarantenne arrabbiato, che prende in ostaggio persone che hanno avuto la sventura di sfiorare la sua vita, legandole sul tetto di un palazzo di una base militare abbandonata in California. Da qui parte un interrogatorio fittissimo per scoprire le ragioni della rabbia e della disillusione di Thomas e di tutta la generazione di trenta/quarantenni nei confronti del sogno americano. Lo stesso tema su cui s’incentra il reportage che Dave Eggers ha pubblicato di recente sul Guardian , raccontando il suo viaggio nell’America post elezioni 2016, quella che ha, inaspettatamente (?), scelto Donald Trump come suo 45° presidente. È una lettura ipnotica, non solo per lo stile che riesce a mettere immediatamente a fuoco cosa passa per la testa dei personaggi (in questo caso persone in carne e ossa), ma soprattutto per la consapevole

OK, Google? No è solo l' "Echo" di Amazon

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Ve lo ricordate il film Her di Spike Jonze? Presentato al Festival del Cinema di Roma nel 2013, raccontava la storia di Theodore Twonbly, uno scrittore di lettere per conto terzi che, in una società futuribile, assai limitrofa alla nostra, acquistava un sistema di controllo del suo PC a comando vocale, ‘interpretato’ dalla voce di Scarlett Johansson. Il software si dimostrava ben più intelligente del previsto, evolvendosi con il suo compratore per impersonare il compagno perfetto: sempre in sintonia con Theodore e quindi preferibile a qualsiasi essere umano in carne e ossa.  Non siamo ancora arrivati a questo livello di interazione, ma da tempo abbiamo cominciato a parlare con i nostri smartphone, SIRI – il sistema a comando vocale di Apple dalla voce femminile - insegna. Alzi la mano chi non ha tentato almeno una volta di farlo impazzire con domande irrazionali e necessarie come: «Di cosa è fatta un’anima?» o «Adesso che siamo solo noi due SIRI, me lo dici cosa ci mette

Un buon libro? Una statua sul fondo del mare, parola di Pietro Grossi

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Mentre scorro le prime pagine de Il passaggio , l’ultimo romanzo di Pietro Grossi, pubblicato da Feltrinelli, mi rendo conto di trovarmi al cospetto di una sfida. Per il protagonista di questa storia (Carlo) che deve fronteggiare il principale fantasma del suo passato (suo padre) in mezzo ai ghiacci della Groenlandia, per Grossi che si confronta con l’opera di autori che della sfida estrema hanno fatto il loro marchio di fabbrica (penso a Ernest Hemingway e Jack London ) e per il lettore che si trova immerso in una narrazione dove il flusso vorticoso degli eventi pretende di convivere con bolle di assenza dove ascoltare sé stessi.   Era sua intenzione far percepire al lettore questa triplice sfida? Il libro non nasce con l’idea specifica di creare una sfida, ma certamente lo è stata. Le mie prime stesure sono molto immediate, ho imparato che per scrivere, immaginare, scoprire le mie storie devo pensare il meno possibile. Poi ci metto molto tempo a rilavorarle. La

La quinta edizione di BookCity (a Milano dal 17 al 20 novembre) parte dalla Turchia di Elif Shafak

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Con l’arrivo di novembre, Milano si prepara ad ospitare la quinta edizione della festa dei lettori BookCity che si aprirà al Teatro Dal Verme il 17 novembre con l’incontro con Elif Shafak. Il nome potrà risultare sconosciuto a molti lettori (sebbene abbia una pagina twitter con quasi due milioni di followers sparsi per il mondo), ma è un’occasione da non perdere per conoscere una delle scrittrici più interessanti e politicamente impegnate della Turchia contemporanea. A vederla sembrerebbe un’indossatrice, con la sua fisicità statuaria e i grandi occhi verdi che cercano sempre qualcosa di diverso da quello che hanno davanti, distratti, scontenti. Ma chi ha avuto la possibilità di conoscerla, ha scoperto una donna volitiva e con le idee chiare su come dovrebbe essere la ‘sua’ Turchia: aperta alla diversità di pensiero, di cultura e di scrittura. Nata a Strasburgo agli inizi degli anni ’70, da un padre filosofo e una madre diplomatica, Elif ora vive a Londra dopo anni d

La prima volta di un americano al Man Booker Prize

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L’anno scorso era toccato a Marlon James con il suo A Brief History of Seven Killing, Breve storia di sette omicidi  (Frassinelli) riuscire, da perfetto outsider, a vincere il Man Booker Prize, il più blasonato tra i premi britannici dedicato ai romanzi in lingua inglese. James aveva dovuto sopportare ogni genere di rifiuto (secondo l’autore ben 78 dinieghi) prima di riuscire a pubblicare il suo libro con una piccola casa editrice indipendente. Un romanzo lunghissimo (668 pagine) e intricatissimo (con ben 75 personaggi, ambientato a cavallo fra gli anni ’70 e ’80 del Novecento in Jamaica), una storia lontana anni luce dalla ricetta di un buon bestseller : ritmo che non lasci il tempo di fermarsi a riflettere, struttura semplice, pochi personaggi, scrittura così lineare da apparire a volte asettica, una trama in cui sia facile per il lettore trovare delle assonanze con la propria vita. Tutto si può dire di A Brief History of Seven Killing tranne che risponda a queste regole. Eppure,

68esima Buchmesse di Francoforte: pensare high-tech è un requisito fondamentale per un editore

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Oggi si conclude la 68esima edizione della Buchmesse (dal 19 al 23 ottobre), la fiera internazionale del libro di Francoforte, che, a ragione, si autodefinisce “la più importante fiera internazionale del settore” e di certo può reclamare questo titolo in Europa dove, con i suoi 7.100 espositori provenienti da oltre 100 paesi e i suoi 275.000 visitatori annui (Torino nel 2016 ha avuto poco meno di 1.000 espositori e circa 100.000 visitatori), rappresenta da anni un punto di riferimento immancabile per chiunque lavori nel settore editoriale. E mentre in Italia Milano e Torino si litigano il primato per la fiera del libro più importante, la Buchmesse prosegue nel suo percorso di innovazione, con tutta una serie di eventi connessi alla fiera che cercano di esplorare modi diversi di fare editoria, a cominciare da The Markets - Global Publishing Summit , che si è tenuto a Francoforte il 18 ottobre, evento in cui 300 executive di altrettante realtà editoriali sparse per il mondo