68esima Buchmesse di Francoforte: pensare high-tech è un requisito fondamentale per un editore
Oggi si conclude
la 68esima edizione della Buchmesse (dal 19 al 23 ottobre), la fiera
internazionale del libro di Francoforte, che, a ragione, si autodefinisce “la
più importante fiera internazionale del settore” e di certo può reclamare
questo titolo in Europa dove, con i suoi 7.100 espositori provenienti da oltre
100 paesi e i suoi 275.000 visitatori annui (Torino nel 2016 ha avuto poco meno
di 1.000 espositori e circa 100.000 visitatori), rappresenta da anni un punto
di riferimento immancabile per chiunque lavori nel settore editoriale.
E mentre
in Italia Milano e Torino si litigano il primato per la fiera del libro più importante,
la Buchmesse prosegue nel suo percorso di innovazione, con tutta una serie di
eventi connessi alla fiera che cercano di esplorare modi diversi di fare
editoria, a cominciare da The Markets - Global Publishing Summit,
che si è tenuto a Francoforte il 18 ottobre, evento in cui 300 executive di
altrettante realtà editoriali sparse per il mondo (nessuno ahimè per l’Italia)
si sono confrontati su alcuni temi ritenuti fondamentali per lo sviluppo del
mercato editoriale nei prossimi anni. Primo fra tutti il tema tecnologia.
È
Emma Barnes (creatore della piattaforma editoriale Snowbooks e cofondatore di Bibliocloud, sistema di publish management
che su un’interfaccia simile a quella di twitter offre agli editori servizi che
semplificano lo scambio di dati con lettori e autori) che punta subito al
problema: «gli editori non conoscono abbastanza il mondo della tecnologia. Questo vuol dire che raramente un editore
assume un ruolo attivo nello sviluppo di software o prodotti informatici che
potrebbero potenziare il loro business, limitandosi a cercare di adattare al
mondo dell’editoria prodotti nati con altri scopi». E se non tutti potranno essere
d’accordo con l’affermazione provocatoria di Michael Hartl (fisico esperto nelle
dinamiche dei buchi neri, famoso nel mondo dell’high-tech per il suo metodo per
sfruttare al meglio le potenzialità di Ruby
on Rails per nuove attività imprenditoriali) «tech is the new literacy»,
Emma Barnes è convinta che muoversi al traino della tecnologia o peggio
ignorarla, invece di cercare di conoscerla e utilizzarla al meglio per
raggiungere lettori che non utilizzano mai il supporto cartaceo, sia un grave
errore.
Da questo gap
nascono d’altronde realtà importanti nel digital publishing come Reedsy,
che offre ad autori che scelgono la strada del self-publishing un servizio che
rende i loro libri perfettamente equiparabili, almeno nella qualità
dell’editing, impaginazione e materiali, a quelli di autori pubblicati dalle
più blasonate case editrici europee.
Se e quanto le 250 case editrici italiane
che quest’anno hanno partecipato alla Fiera del Libro di Francoforte (più del
doppio dello scorso anno grazie a un finanziamento delle Regioni Lazio e
Piemonte e dell’AIE) siano consapevoli di quello che si sta sviluppando intorno
a loro non è dato saperlo, ma di certo ci auguriamo che i loro rappresentanti
abbiano partecipato attivamente agli incontri del Global Publishing Summit per
evitare di lanciare Torino e Milano in una corsa all’inseguimento di
Francoforte che potrebbe essere ben più lunga dei chilometri che ci separano
dalla Germania.
Commenti
Posta un commento