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Visualizzazione dei post da novembre, 2017

L’ingordigia di se stessi

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Era il 2010 e Alessandro Baricco scriveva un articolo su La Repubblica datato 2026: «Ci crediate o no, questo articolo l'ho scritto nel luglio 2026, cioè fra sedici anni. Diciamo che mi son portato un po' avanti col lavoro. Prendetela così». Questo l’incipit invitava il lettore ad abbandonarsi alle abilità divinatorie di Baricco sulla lotta fra profondità e superficialità , che avrebbe visto, senza alcun dubbio, la seconda vittoriosa.  Questa certezza, che oggi, ben prima del 2026, sembra essersi definitivamente compiuta, veniva presentata dal ‘preside’ della scuola Holden come naturale in una realtà in cui: «Viaggiamo velocemente fermandoci poco, ascoltiamo frammenti e mai tutto, scriviamo nei telefoni, non ci sposiamo per sempre, guardiamo il cinema senza più entrare nei cinema, ascoltiamo reading in rete invece che leggere i libri, facciamo lente code per mangiare al fast food, e tutto questo andare senza radici e senza peso genera una vita che ci deve apparire es

Klimt Experience: perché Andy Warhol aveva ragione

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Legenda vuole che la frase profetica di Andy Warhol: « nel futuro tutti saranno famosi per 15 minuti » sia stata suggerita all’artista newyorkese da un suo amico fotografo, mentre Warhol stava commentando la fastidiosa necessità dei suoi contemporanei di doversi sentire a tutti i costi al centro dell’attenzione. A distanza di cinquant’anni, si può dire che la profezia di Warhol si sia avverata, sebbene l’ utilizzo dei social ci abbia portato a ridurre sensibilmente il quadratino di celebrità che ci aveva assegnato il padre della Pop Ar t. I minuti sono diventati secondi e il recinto di celebrità cui possiamo accedere in maniera ‘democratica’ è misurato dal tempo di scrolling che i milioni di social-umani connessi impiegheranno a far sparire dallo schermo del loro smartphone la nostra esternazione.   Il momento comunque c’è stato e qualcuno potrebbe anche averne goduto, poiché ‘l’esserci’ è un cancro che divora il nostro spazio e il nostro tempo per regalarlo a icone di persone c

Il succo della storia secondo Tom Stoppard

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Quando penso a Tom Stoppard e alla sua sconfinata produzione drammaturgica, la prima immagine che si consolida nella mia mente è la partita a badminton (in cui si usano domande al posto del volano), che Rosencrantz e Guildestern disputano nel testo che prende il nome dalla scelta di William Shakespeare di liquidare in una battuta i due amici-nemici di Amleto: « Rosencrantz e Guildenstern sono morti ». Se il bardo ne decreta la prematura, benché meritata fine, nell’atto V scena II dell’ Amleto , Stoppard dedica loro un’intera, travagliata, immaginifica e spudorata pièce che, a distanza da cinquant’anni dal suo debutto in Scozia, conserva tutta la sua energia e attualità.  Ricordo che avevo la stessa età di Tom Stoppard quando debuttò con questo testo al National Theatre di Londra (29 anni), quando andai a spiare per la prima volta all’Haymarket Theatre Ros e Guil (così Stoppard ne addolcisce nomi e desideri) alle prese con il limbo temporale in cui il loro secondo creatore

Future Library: capsula del tempo per scrittori

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Quattro scrittori intrappolati in una capsula del tempo.  La capsula però non è un grosso bulbo metallico in cui sono stati rinchiusi i corpi degli scrittori per far vedere alle generazioni future come si vestivano i narratori del XXI secolo, ma un’entità organica in continua evoluzione, in cui gli autori (e soprattuto le loro storie) rimarranno nascosti e protetti per cento anni. Non è l’incipit di un romanzo di fantascienza, ma ciò che sta accadendo in una foresta che ancora non esiste in Norvegia per mano di Kate Paterson . Tutto è iniziato nel 2014, quando Kate, artista scozzese che fa dell’interazione fra il pianeta Terra e l’uomo il fulcro delle sue opere, ha lanciato il progetto Future Library , quello che lei stessa ha definito: «un’opera d’arte che respira. Organica, vivente, capace di dispiegare la sua essenza per oltre 100 anni». La libreria che si propone di costruire la Paterson sarà pronta solo nel 2114, quando i mille alberi piantati nel 2014 a Nordmar