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Visualizzazione dei post da ottobre, 2017

Il manifesto del libero lettore (e scrittore): quando il diletto di Alessandro Piperno diventa anche il nostro

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Aspettavo da tempo un testo di Alessandro Piperno che riprendesse e ampliasse gli articoli usciti negli anni sul supplemento culturale de Il Corriere della Sera ( la Lettura ), ‘camere con vista' sulla vita e le opere di grandi autori dell’Ottocento e del Novecento, che ho imparato ad aspettare come un piccolo dono domenicale alla mia sete di scrittura appassionata. L’incipit de Il manifesto del libero lettore (sottotitolo: otto scrittori di cui non so fare a meno ), da poco pubblicato da Mondadori, parte proprio da uno dei suggestivi articoli di Alessandro Piperno , riprendendo l’aneddoto di un accumulatore seriale, nonché «stimabile slavista», che a cinquant’anni decise di ridurre drasticamente la sua sconfinata collezione di libri, non per un repentino cambio di personalità o perché in cerca della certezza che solo una conoscenza ridotta può assicurare, ma per una semplice questione di spazio. «I libri proliferavano in casa come canneti in una palude. Aveva più libri che

Tutto è ancora possibile nel mondo di Elizabeth Strout

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Con Tutto è possibile, raccolta di racconti pubblicata in Italia da Einaudi (traduzione di Susanna Basso), Elizabeth Strout ci riporta nel mondo di Lucy Barton ( protagonista dell’omonimo romanzo pubblicato da Einaudi nel 2016) e nel paesino di Amgash in Illinois, in cui Lucy è cresciuta e da cui è fuggita per trovare la vocazione di scrittrice a New York. È proprio il libro di Lucy Barton, in bella mostra nell’unica libreria di Amgash, ad attivare un flusso di ricordi incrociati nei suoi concittadini.   Come accade nel romanzo Lucy Barton, anche in questa raccolta di racconti la Strout fa fare ai suoi personaggi una corsa accidentata fra i loro ricordi, lasciando che rimbalzino sulle loro vite ‘comuni' e apparentemente ben organizzate, come biglie d’acciaio in un flipper fatto di carne. E non c’è scampo per le emozioni dei personaggi che si amplificano in un gesto su cui la Strout punta il microscopio, risucchiando nel buco nero della memoria e del rimpi

L’anno della post verità

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Alzi la mano chi non si è mai imbattuto sulla Rete o sui media nella parola post-truth ( post-verità )? L’Oxford dictionary ha dichiarato ‘post-verità’ parola dell’anno, inserendola a pieni voti nella lista di lemmi contenuti nelle sue prestigiose pagine. Ma cos’è esattamente la post-verità? Il britannico dizionario la definisce come “un aggettivo che identifica una situazione in cui i fatti oggettivi sono meno determinanti nell’influenzare l’opinione pubblica rispetto alle emozioni o alle opinioni personali”. Il suffisso ‘post’ non si riferisce quindi al concetto temporale del ‘dopo’, ma assume un significato valoriale. ‘Post’ diventa sinonimo di ‘superato’. La post-verità è un luogo in cui preferiamo vivere, un posto dove la verità, quella ‘oggettiva’, sostenuta da fatti verificabili e dalla voglia/necessità di approfondire un’idea o una posizione prima di dichiararsene ‘certi’, non solo non esiste, ma diventa priva di rilevanza .  Grazie alla post-verità siamo andat

Se la colazione vale più di Tiffany: cinema e letteratura a confronto

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  Letteratura e Cinema sono amanti di vecchia data. Il loro rapporto mi ha sempre ricordato quello fra Rossella e Rhett in Via col vento (penso soprattutto alla versione cinematografica del 1939 con Clark Gable e Vivien Leigh): inevitabile e tumultuoso. Sono molti i casi di romanzi che hanno trovato la loro definitiva consacrazione grazie alla trasposizione cinematografica, riempiendo, nella mente dello spettatore, lo spazio lasciato dallo scrittore all’immaginazione del lettore. Se infatti prima del 1939, chi leggeva Via col Vento di Margareth Mitchell avrebbe potuto farsi un’idea personale della bizzosa, impaziente ed egocentrica Rossella (che poteva differire da quella stampata nella mente dell’autrice che all’epopea degli O’Hara aveva dedicato dieci anni di lavoro), dall’uscita del film, per tutti Rossella è divenuta la ‘fastidiosa’ brunetta dai boccoli corvini e dalle labbra carnose impersonata da Vivien Leigh. Se questo sia un bene o un male è tutto da dimostrare, m

I migranti del tempo di Mohsin Hamid

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La copertina dell’edizione Einaudi del nuovo romanzo di Mohsin Hamid ( Exit West , traduzione di Norman Gobetti) è la foto di una porta di legno inghiottita da dune di sabbia. Fa pensare a una vecchia porta, con il bianco della vernice che lascia spazio al truciolato e ai segni di innumerevoli mani che l’hanno afferrata con tutta la forza che avevano pur di fuggire. Un gate per un’altra realtà, per un luogo in cui della porta rimangono solo i cardini nudi, perché finalmente si è al sicuro.  È questo l’obiettivo dei due protagonisti della storia di Hamid: sentirsi al sicuro . Nadia e Saeed vivono in una città mediorientale in cui è in atto una guerra. Si incontrano e si innamorano perché dell’amore hanno bisogno per convivere con l’orrore che in una manciata di pagine l’autore gli rovescia addosso: violenze, massacri, paura di vivere abbastanza per essere parte di essi. La morte diventa un vulcano che erutta stragi e dolore a ogni angolo di strada, come se volesse convincerci