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Visualizzazione dei post da ottobre, 2018

La vendetta di Thomas Middleton

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Ci sono giorni oscuri in cui ogni tentativo di far pace con la propria vita diventa insostenibile e rinchiudersi in se stesso a rimuginare diventa naturale come inspirare ossigeno ed espirare rimpianti. È il momento dei ' se solo avessi ' e dei ' se solo potessi ', è il momento dell'autocommiserazione in cui sguazzare come un novello Shrek nella sua pozza di fango. Ma nemmeno il fango riesce a sopportarvi a lungo e allora vi resta un silenzio di ferro in cui scivolare, in attesa che qualcuno vi ricordi che dovete scuotervi. Qualcuno che potrà godere della vostra spropositata reazione, come se doveste usare in quel momento tutta l'aggressività repressa che avete conservato nello stomaco e nella testa per anni, trasformandovi in un personaggio del teatro elisabettiano, capace di lavare l'offesa subita dal destino con il sangue.  E sangue sia, ma perché non documentarsi prima di agire? Proprio in questi giorni al Teatro Piccolo di Milano è in scen

Jonathan Coe torna a Milano per la settima edizione di BookCity

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I libri hanno ricamato i bordi di tutta la mia vita. Da quelli a forma di nuvola della pre-adolescenza, gonfiati dalla fantasia di Kipling, Dumas e Verne, a quelli vivi dell'adolescenza, scheggiati da Dostojevski, Hesse, Dickinson , Leopardi , Pavese, Poe, Majakovskij, Kafka fino all'età adulta con Coetzee , Safran Foer , Solzenicyn, Woolf, Vonnegut, Cunningham, McCarthy, Coupland, Bishop, Capote, Thomas, Calvino , Mann, Murakami , Piperno, Tabucchi  & C. dove i bordi hanno cominciato a prendere forme proprie, forse incoerenti le une con le altre, ma necessarie per portarmi dove sono adesso: a cercare di capire cosa c'è fuori e dentro quei bordi. Un 'bordo' cui tengo particolarmente è La casa del sonno  di Jonathan Coe . Non solo perché mi portò alla scoperta di questo caleidoscopico autore, che fa della debolezza il punto di forza dei suoi personaggi, ben sapendo che questo porterà loro dolore e scomode scoperte che gli garantiranno però occhi e or

Le asimmetrie di Lisa Halliday

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Il fato è un amo a cui l’uomo si appende volontariamente per sfuggire alle sue colpe. Cosa ci spinge durante una passeggiata al parco a sederci su una panchina che è già occupata da un uomo, invece di cercarne una tutta per noi, solo pochi passi più in là? E se quell’uomo iniziasse a parlare con noi, chiedendoci cosa stiamo leggendo e qual è il nostro punto di vista sulla scrittura e sull’amore? Resteremmo ad ascoltare incuriositi o scapperemmo via, troppo presi da noi stessi?  E davanti a questo bivio che ci pone Lisa Halliday con il suo primo romanzo Asimettria (edito da Feltrinelli - traduzione di Federica Aceto): una venticinquenne viene avvicinata da un uomo anziano che si scopre essere un famoso scrittore. Da lì, in poche pagine, oserei dire righe, inizia la loro relazione, descritta dalla Halliday in terza persona con una penna leggiadramente chirurgica, dai toni scanzonati, in cui sono soprattutto i dialoghi scoppiettanti alla Woody Allen (avevo in mente in parti

Un incontro a distanza con David Sedaris

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Gandhi diceva: «C’è molto di più nella vita che aumentarne la velocità».  Un pensiero che non va di moda oggi, ma su cui dovremmo riflettere perché il rischio è di passare la nostra esistenza sulla corsia di sorpasso, senza renderci conto che non è previsto un secondo giro di pista.  E ve lo scrive una persona che non ha fatto altro che correre nella sua vita per agguantare un futuro che era di certo migliore del suo presente. Ma era proprio cosi?  I bilanci si sa, sono da evitare come un’accertamento fiscale, in entrambi i casi avremo fatto qualcosa che non andava fatto, ma un buon viatico per reimpostare la nostra velocità di crociera può essere l’abitudine di scrivere un diario. E per scrivere intendo proprio ‘scrivere’, sulla carta, con un vetusto oggetto che si chiama penna. Ci metterete di più e sarete costretti a rileggere ciò che avete scritto per vedere se almeno voi stessi in futuro sarete capaci di decifrarlo e questo non potrà che farvi rallentare.  E poi chi lo