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Visualizzazione dei post da 2009

Cosa hanno in comune Virginia Woolf, Alexander Solženicyn e Jean Paul Sartre?

Negli ultimi giorni, pensando a come far continuare la nostra storia, mi sono trovato a coltivare l’idea di nuove relazioni fra questi tre grandi autori. Intanto hanno noi in comune. Non soltanto devoti lettori, ma anche scrittori che hanno costruito, anche su di loro, un’idea di racconto che non può accontentarsi. Penso che questi autori abbiano in sé, profondamente radicata, la volontà di cambiare e di quel cambiamento abbiano fatto, nello stile e nel tema, la loro patria, la loro riserva di sensi scomodi cui attingere per scuotere il mondo. Come cultori dell’ imago non possiamo però evitare di chiederci quale sia il limite fra volontà e possibilità. Quanto ci sarebbe oggi della Virginia scrittrice senza la Virginia generatrice di immaginazione? Senza la donna che era capace di creare nella sua mente milioni di alternative di vita per un personaggio, per sopperire all’insoddisfazione della sua. L’instancabile Clarissa le faceva crescere, cambiare, sbagliare e poi sparire, alla ricer

Il Pasticciere e il suo rumore

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Ve la ricordate la nostra storia? Dopo aver scelto a maggioranza il secondo incipit, siamo alle prese con la piccola Clarissa, che pensa che le parole abbiano un’anima e non sa come Catalogare “archettista” e con Sebastiano, il padre di Clarissa, un pasticciere. Riprendiamo proprio da lui la nostra storia: (Ultimo passaggio del post “la scelta” del 10 novembre 2009) Un vecchio pasticciere che si preoccupava di cose talmente concrete da sfigurare dinanzi agli arguti silenzi di sua figlia. A volte, durante la notte, si svegliava di soprassalto. Si trattava sempre dello stesso sogno. Sebastiano si vedeva a lavoro, nella sua piccola bottega, mentre preparava la sua famosa crema pasticciera al mandarino, la ricetta che aveva reso inimitabili le sue minuscole millefoglie. Delizie impalpabili di tre centimetri per cinque, così friabili e leggere, da sciogliersi al primo contatto con l’interno della bocca, senza però rompersi quando venivano prese in mano. Il passaggio dalle mani alla bocca, s

Non è l'inizio di una barzelletta

Cosa ci fanno sei scrittori che più diversi non si può in un mercatino vintage di giovedì pomeriggio? a) Sono lì per caso, alla ricerca di una bussola in finta madreperla che li possa guidare verso una parola nuova? b) Si sottopongono ad una violenza gratuita, nel vedere quanti soldi è disposta a spendere una persona per un paio di occhiali di plastica viola dalla foggia improbabile, invece di comprare un loro libro? c) Hanno deciso di impossessarsi dell’”anima” di un espositore, per forgiare un caleidoscopico personaggio per uno dei loro racconti? d) Sono lì per incontrare un pittore che espone le sue opere e che forse gli potrebbe concedere un piccolo spazio per declamare ad una folla di maniaci dello shopping versi di insopprimibile tristezza? Se avete scelto la riposta a) siete persone con un certo equilibrio mentale, nonché con un notevole senso di autoironia. Di fatto quindi non siete degli scrittori. Se invece vi siete avventurati a preferire la risposta b) siete dei sosta

Immersi nelle foglie

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Se a qualcuno capitasse di andare a Villa Borghese in questi giorni, spinto da un'irrefrenabile esigenza ad isolarsi, sorbendo quegli inaspettati vuoti di mondo che anche Roma può concedere, potrebbe accadere di percorrete il largo viale che porta davanti alla Galleria Borghese, magari, come me, per andare a vedere la mostra di Caravaggio e Bacon e magari, come me, senza riuscire ad entrare per sovraffollamento. Potreste trovarvi allora a prendere un viale a caso, fra quelli meno battuti, di quelli non asfaltati o pavimentati, coperti, in questo periodo, da una tessitura complessa di foglie morenti. Il vostro cervello continuerebbe a correre, inseguendo quell'altro voi stessi. Quello più sicuro, creativo, assertivo e infallibile. Quello che odiate e bramate, quello che non riuscite a comprendere del tutto, ma che vorreste imitare. Poi, senza alcun preavviso, SILENZIO . La luce del mattino ancora indeciso, si infiltrerebbe con difficoltà nel sottobosco dove potreste trovarvi a c

La scelta

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Ed eccoci al passo più difficile: continuare a scrivere, trasformando l’incipit in una scelta. Tuffarsi in un mare in tempesta, senza esperienza di nuoto e con un salvagente più piccolo del necessario può sembrare estremamente semplice. È nuotare senza sosta fino ad un ignoto approdo, pronti a ributtarsi in acqua se la terra conquistata non è la nostra, la sfida più grande che attende l’aspirante scrittore. Visto che la maggioranza si è espressa, partiremo dall’incipit n.2. E come al solito: “ A voi la prossima mossa! ” “Clarissa!” “Clarissa, mi senti? Smettila di imbambolarti e vieni giù, c’è gente.” “C’è gente.” Clarissa poteva vederli quei suoni. Si conficcavano nelle sue orecchie chiedendo attenzione. Pretendendo di essere decodificati in un pensiero, utilizzati per attivare un’azione. “C’è gente.” Suo padre voleva un aiuto in negozio. Voleva che sua figlia smettesse di isolarsi, resistendo ore senza parlare, nascosta in una soffitta piena di vecchi pezzetti di legno. Archetti rott

Incipit 2

Dopo esserci riscaldati con le parole evocative, vi propongo un nuovo incipit per la nostra storia. Il primo non ha suscitato particolari reazioni fra gli imagisti, allora ve ne propongo un altro, mantenendo solo il nome del nostro personaggio. “Clarissa!” “Clarissa, mi senti? Smettila di imbambolarti e vieni giù, c’è gente.” “C’è gente.” Clarissa poteva vederli quei suoni. Si conficcavano nelle sue orecchie chiedendo attenzione. Pretendendo di essere decodificati in un pensiero, utilizzati per attivare un’azione. “C’è gente.” Suo padre voleva un aiuto in negozio. Voleva che sua figlia smettesse di isolarsi, resistendo ore senza parlare, nascosta in una soffitta piena di vecchi pezzetti di legno. Archetti rotti, appartenuti al precedente proprietario del negozio. Un archettista. Che strana parola. Clarissa pensava che le parole avessero un’anima. Ce n’erano di buone o cattive. Arroganti o timide. Gioiose, pronte ad esploderti in bocca spalancandosi in una risata o aspre, ideate per fer

nomi propri e termini

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Si era detto nomi propri e termini . La definizione in questione è stata coniata da Leopardi nel suo “Zibaldone”. Semplificando il pensiero del poeta, i suoi adoratori non me ne vogliano, egli sosteneva che esistono “nomi propri” e “termini”. I primi riescono a scuotere l’animo umano, generando tutta la serie di sensazioni e contrasti che ci portiamo dietro dalla nascita e che alimentiamo con la nostra esistenza, i secondi nascono dal tentativo di sterilizzare la parola, propria degli scienziati, privandola del suo contatto con le persone che l’hanno utilizzata ed integrata in una esperienza. Esempio: per parlare di una casa potremmo usare la parola “focolare”. Ci troveremmo di fronte ad un “nome proprio” nella classificazione leopardiana, la casa in cui troviamo riparo, ma anche le origini, la famiglia, un luogo protetto, le esperienze vissute, etc. Diverso il caso della parola “edificio”. Saremmo di fronte ad un “termine”, il tentativo di rendere asettica una parola, evitando o alme

Tempi complessi

Carissimi imagisti , scusate per il ritardo con cui aggiungo un nuovo post, ma i tempi sono sempre più complessi. O almeno è questo che molti ci dicono con aria perplessa, mentre fingono di rituffarsi in un pensiero profondo, nervoso, tagliente e fatalmente superiore ai nostri banali problemi. Ma se tutti sono connessi a pensieri prioritari, eliminando dalla loro mente tutto ciò che considerano in eccesso rispetto ai "tempi complessi" e scortesemente ridotti con cui ci confrontiamo, chi penserà a coccolare le fantasticherie che ci permettono di sopravvivere ai suddetti "tempi complessi"? Bel dubbio o nevrosi di una sera sbagliata? Vi sto riempendo di domande lo so, ma non mi frequentate anche per questo? Pensateci e scrivetemi. La prossima volta riprenderemo a pensare alla storia della nostra povera Clarissa e parleremo un pò di nomi propri e termini. Vi aspetto

Scavando nelle miniere...dietro i personaggi

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Cosa accadrà a Clarissa? Uscirà dalla sua casa insonorizzata? Spiegherà perché ha scelto proprio i bonsai per il suo terrazzo? Capiremo perché è così importante per lei riuscire a scegliere, imponendo il suo volere a qualcun altro? Clarissa sarà il nostro protagonista o semplicemente uno dei tanti personaggi che sorvolerà la nostra storia, tentando di picchiettarla di verosimile essenza? Lo scrittore che è in noi ha già deciso. Dovrebbe aver già deciso, almeno secondo le logiche dei boschi narrativi di cui abbiamo accennato la settimana scorsa. È giusto pensare che ogni particolare, ogni vezzo addossato ad un nostro protagonista dovrebbe essere figlio dell’idea principale che sottende alla nostra storia? Giusto, nulla dovrebbe essere casuale. Giusto. Eppure, in imago2.0, la tentazione di sconvolgere le logiche è così violenta da smussare le più solide fra le regole di scrittura creativa. Dopo tutto chi decide l’evoluzione della nostra storia? Non una sola testa. Non un unico “Io”narrat

Boschi narrativi con o senza regole?

Stroncati dall’emozione? Paralizzati dalla miriade di idee incontrollate che l’incipit vi ha costretto a generare? Interdetti fra due possibili capoversi, entrambi perfetti per continuare la nostra storia? No, vi prego, non lasciate che la vostra emotività prenda il sopravvento. Il lavoro dello scrittore è, ahimè, soggetto a numerose regole di pura razionalità, fra cui la necessità di nutrirsi della propria emotività, ripulendola però di ogni possibile eccesso, di ogni potenziale distrazione dall’obiettivo: portare a casa la storia. Nulla vi deve fermare . Una volta attivata, la vostra immaginazione tenterà più volte di depistarvi, proponendovi decine di strade diverse da percorrere per arricchire/modificare l’idea originale che vi ha fatto iniziare a scrivere la vostra storia. Nuovi intrecci, personaggi, caratterizzazioni da inserire nel vostro racconto. Attenzione! Dovreste sempre chiedervi: “E’ in linea con la mia storia?” Se non riuscite a rispondere, buttate tutto e ricominciate

L'incipit

Siete pronti? Beh, in ogni caso ci siamo. Quindi mettetevi comodi sulle vostre poltroncine ergonomiche, questa volta tentando di evitare di sedervi tutti incurvati, tirate fuori le vostre cuffiette, selezionate la musica che preferite, qualcosa di essenziale e dal ritmo costante, qualcosa che scorra nella vostra testa predisponendovi all’ascolto, alla scoperta di un nuovo modo di essere che vi permetta di essere liberi da ogni pregiudizio o almeno disposti a riconsiderarlo. Ci siete? OK, allora partiamo. “Clarissa amava guardare il rumore della città mentre tentava invano di entrare nella sua casa. Nelle prime ore del pomeriggio, soprattutto se di una giornata assolata, si metteva seduta sul suo divano in pelle gialla, le gambe incrociate in posizione yoga, il palmo delle mani ben piantato sulla superficie del divano intorno a lei, le braccia tese, spingevano senza sosta in direzioni contrapposte, quasi fossero tiranti di un’asta troppo alta piantata su un terreno troppo ventoso. Nessu

Ritorno alla base

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“Come sono andate le vacanze? Adesso le ferie sono davvero finite, bisogna ricominciare…” “Sarà davvero dura riprendere l’anno, con tutto quello che ci attende poi…” “Lo sai che non ci sono ponti fino a dicembre? Come faremo?!” “Ti vedo stanco, non sei riuscito a riprenderti in questi giorni di vacanza?” “Come sei abbronzato, te la sei spassata, eh? Ora è tempo di sudare e pagare lo scotto...” “Se parti così ridotto a settembre come farai ad arrivare alla prossima estate?” “Lo sai che il capo vuole coinvolgerci in un nuovo progetto che ci farà fare le 11 di sera ogni giorno per i prossimi mesi? Beh, d’altronde ti sei riposato in questi giorni, no?” “Ah, già che tu non sei andato da nessuna parte quest’estate…” E mi fermo qui. OK, le ferie sono finite. So che giravate a vuoto da un paio di giorni, con il terrore che qualcuno vi incontrasse, condividendo con voi questa insopportabile ovvietà, condendola con una sana manciata di inoppugnabili verità miste ad una poderosa dose di brutte no

In attesa della trama...passiamo al blu

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Salve carissimi " imagisti " o " imagonauti ", posso osare due neologismi? In attesa dei post che state ideando mentre vi arrostite al sole, intrappolati come sardine su spiagge superaffollate, con il vostro inseparabile ipod che tenta disperatamente di sottrarvi alle urla dei bambini che hanno deciso di giocare a pallone proprio intorno al vostro telo, imago non si ferma. Come tutte le fucine di idee è costantemente in movimento, in trasformazione. Per questo, al vostro rientro dalle vacanze, ben sapendo che la prima cosa che farete è andare a vedere cosa è successo su imago2.0 (almeno io devo crederci…), ho deciso di farvi una piccola sorpresa: un cambio di colori. Ricordando che il cambiamento è alla base di tutte le innovazioni e che, come ci insegna Voltaire o Madonna (a seconda della scelta che preferite fare delle vostre icone), la ricerca di una strada diversa di comunicazione con le persone va sempre perseguita, ho pensato di inserire l’immagine ed il color

Ancora la trama - siete ancora lì?

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Non mi vorrete abbandonare con un imponente tema (la ricerca di un cambiamento) senza una trama, seppur stiracchiata, da sviluppare, vero?! Vi assicuro che è più facile di quello che potrebbe sembrare, sono certo che già siete degli esperti produttori di trame letterarie senza saperlo. Dite di no? Scommettiamo che riesco a farvi cambiare idea? Proviamo. Partiamo da un'immagine, qualcosa di semplice. Tema: il risveglio . Contesto : è lunedì mattina e la vostra sveglia sta per suonare. Stranamente vi siete svegliati qualche minuto prima del volgare ed inappellabile bippare dello strumento di tortura che avete dolorosamente piazzato sul vostro comodino. Sempre sperando, segretamente, che possa s mettere di funzionare nel cuore della notte privandovi così del senso di colpa per essere arrivati tardi a lavoro. Siete ancora storditi, ma non abbastanza da ignorare il fatto che di lì a 45 secondi dovrete prendere definitivamente coscienza del vostro corpo, della vostra vita e del fin tro

Fase 2 - la trama

Grazie ai primi generatori di immaginazione che hanno ceduto al mio richiamo. Insistete e fate proseliti, mi raccomando! Leggendo i vostri commenti sembra che il tema del nostro racconto sarà la “ ricerca ”. Non oseremo avventurarci per boschi narrativi di proustiana memoria , ma è importante tentare di orientarsi davanti a questo sostantivo così imponente. “ Ricerca = atto, effetto del ricercare. Indagine volta a raccogliere documenti, prove, ad accertare una situazione di fatto .” Questo è quanto riporta il vocabolario. Eccezionalmente riduttivo, non vi sembra? Non è forse vero che ogni nostra azione è rivolta a soddisfare un’esigenza di ricerca? Ricerca di cibo, soldi, status, contatti umani o addirittura ricerca di noi stessi, di un senso, del senso della nostra esistenza. Qualcuno potrebbe azzardare l’ipotesi che tutta la nostra vita non è altro che una “ ricerca ”, ma probabilmente quel qualcuno sarebbe uno scrittore esistenzialista e noi ci guarderemo bene da questi loschi fig

imago 2.0

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Un blog si rivolge al suo unico vero lettore: colui che l’ha creato. Una sorta di maniaco della parola, di solito così focalizzato su se stesso da trovare molto più comoda la comunicazione virtuale rispetto al pericolo di un rapporto fatto di sguardi annoiati, gesti nervosi e sbadigli frustrati. Così si sceglie di aprire un blog, spesso una sorta di diario aperto, a cui tutti possono attingere. Una valvola di sfogo alla propria insoddisfazione o all’esigenza di esprimere il proprio parere indisturbatamente, senza che nessuno possa opporsi. Un “Hide Park Corner” senza il pericolo insito nel confronto. Un modo per pensare, per illudersi, che da qualche parte ci sia qualcuno che sta condividendo le emozioni dell’autore, senza avere l’esigenza di essere a sua volta ascoltato. Il sogno di tutti: centinaia di potenziali ascoltatori silenti, pronti ad attivarsi ad un nostro click . “ E tu? ” mi potreste chiedere voi potenziali lettori di questo blog, “ Tu non hai fatto la stessa cosa, aprendo