Un giorno come questo di Peter Stamm
Ho ‘conosciuto’ Peter Stamm qualche
anno fa, quando mi sono imbattuto nel suo romanzo più letto e citato (Agnes – Neri Pozza 2006) di cui ricordo
ancora l’incipit: «Agnes è morta. L’ha uccisa un racconto». Stamm rivela
immediatamente al lettore come andrà a finire la storia, ma lo fa riuscendo a
generare, in meno di un rigo, interrogativi da cui il lettore non potrà
staccarsi per tutto il flusso della narrazione.
Chi è Agnes? Perché è importante per
l’io narrante? E soprattutto, com’è possibile essere uccisi per mano di un
racconto? Chi ha scritto il racconto? Lo ha fatto per uccidere Agnes? Il
lettore è finito nelle ‘grinfie’ di uno dei più interessanti scrittori
contemporanei di lingua tedesca e non potrà abbandonare la lettura fino
all’anticipato finale.
Anche in Un
giorno come questo
(Neri Pozza 2009), narrato in prima persona da Andreas, professore di tedesco
in una Parigi asettica e sospesa, come in un quadro di Camille Pissarro,
l’incipit è rivelatore: «Andreas amava il vuoto del mattino». Andreas è un uomo
che gode (o dice di farlo) del vuoto che lo circonda. Vuoto di sensazioni,
decisioni, passioni. Stamm riprende qui due temi a lui cari: l’analisi
introspettiva dell’io narrante (crudele, ossessiva e inarrestabile) e il senso
di inutilità (presunta) del cammino dell’uomo, almeno per chi non ha la
certezza inappellabile di un mondo versione 2.0 a cui tendere per mano di
questa o quella religione.
Con la stessa abilità narrativa dimostrata in Agnes
e una prosa costruita per sottrazione, Stamm dona al lettore un percorso letterario
tutt’altro che vuoto, dove microcosmi di emozioni e rimorsi fanno scoprire nel
protagonista frammenti della paura atavica che ci portiamo dietro: restare
soli. E sebbene Andreas non perda occasione per denigrare la coppia, la
famiglia o l’amicizia come tentativi falliti di sottrarsi al destino
dell’essere umano, unico fra unici, è il primo a non credere fino in fondo alle
sue dissertazioni mentali. Ma Stamm non si ferma qui, cercando di trasformare
il romanzo in un continuo esercizio immaginifico del protagonista che, per non
rischiare di scoprirsi preda degli errori altrui, costruisce miriadi di realtà
alternative, spostandosi in passati e futuri ‘migliori’ di quelli che ha
vissuto o che vivrà, non riuscendo mai a essere soddisfatto.
Mentre sfiora
le vite altrui senza riuscire a prestare attenzione a nessun altro lamento che
non sia il proprio, Andreas sembra cercare un altro se stesso con cui
finalmente sedersi pentendosi delle scelte mai compiute, un compagno ideale con
cui non è necessario parlare, perché si condivide lo stesso cervello. Mi ha
ricordato il protagonista del film Her di Spike Jonze,
in cui un introverso e isolatissimo Theodore Twombly, che per lavoro fa il
ghostwriter di lettere per chi non ha tempo più di scrivere, cerca in un
sistema applicativo la donna perfetta che non ha trovato nella realtà, una donna
che ragiona, sente e ama come lui.
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Peter Stamm |
Un nuovo inizio, tanti nuovi inizi, è
di questo che sembra aver bisogno il protagonista di Un giorno come questo di Peter Stamm ed è lui stesso a rivelarlo al
lettore: «A volte si sentiva come un turista che corre da un’attrattiva
all’altra di una città di cui non conosce neanche il nome. Tanti inizi che non
avevano nulla a che vedere con la fine».
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