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Visualizzazione dei post da dicembre, 2018

Route 2018

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L'ultimo post dell'anno. Momento di bilanci. Le storie che abbiamo condiviso sono diventate il codice morse, la linea intermittente che ci ha guidato fra le nebbie della tortuosa (almeno per me) route 2018. Alcune curve ci hanno portato fuori strada e altre ci hanno fatto scoprire inattese delizie per il nostro palato mentale.  Mi fa piacere ripercorrerne alcune insieme: gennaio : Il giovane robot di Sakumoto Yosuke, storia di Tezaki Rei e della  sua abilità di funambolo delle emozioni, pronto ad esplorare mondi paralleli che solo lui può vedere, pur di non avere contatti con gli 'umani'. Innovativo. febbraio :   Il fosso  di Herman Koch, corsa sulle montagne russe dei ricordi dall'autore de La cena che  ci offre uno spaccato del mondo politico tristemente attuale. Profetico. marzo : Danze di guerra di Sherman Alexie,  raccolta di poesie, riflessioni e racconti, con la quale  l'autore   ci fa entrare nel suo mondo interiore di poeta, alla

La stanza vuota di Tranströmer

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C'è una poesia di  Tomas Tranströmer  ch e si è abbarbicata al cervello la prima volta che l'ho letta.  Ero in una stanza ricolma di cose. Libri per lo più, appollaiati su scaffali azzurri che mal celavano lo sforzo di dover reggere tre (a volte persino quattro) file di volumi che si litigavano una scheggia di luce; la possibilità, infinitesima, che un umano si soffermasse proprio su di loro in quella policromia di dorsi colorati e li salvasse da una morte da asfissia e sovraffollamento.  Il proprietario di quella libreria doveva essere un bulimico della lettura. Incautamente aveva messo assieme la più sconfinata e confusa raccolta di narrativa e poesia che avessi visto. Minute e preziose edizioni di Shakespeare di metà ottocento, giacevano accatastate su uno scaffale, stritolate da ardite costruzioni piramidali di narrativa in economica della metà degli anni '50 del Novecento. Libri dall'ampio e protervo formato, raccolte di memorie di viaggiatori del

Don't stop me now

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Si può essere invidiosi di due gatti? Sì, se appartengono a Freddie Mercury e non solo per le suite private che a loro erano riservata nella magione di Garden Lodge dove il solista dei Queen viveva, ma soprattutto perché hanno avuto libero accesso alla vita e alla voce di uno dei fenomeni vocali del XX Secolo. È proprio dai gatti che prende le mosse Bohemian Rhapsody il film di Brian Singer uscito da qualche settimana sugli schermi per narrare la parabola di Freddie Mercury. Quindici anni, dal suo lavoro al sevizio restituzione bagagli dell'aeroporto di Heathrow nel 1970 fino a quei venti minuti sul palco del LiveAid dell'estate del 1985, con cui la voce solista dei Queen entrò nella storia del rock, facendo anche infuriare Elton John che si rese conto che quel paki-guy (Mercury veniva spesso identificato come pachistano anche se era nato a Zanzibar) gli aveva rubato la scena.  Il film offre allo spettatore l'immagine di un Mercury in eterno conflitto con se ste

La ricerca di Bernardo Bertolucci

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Ci sono sensazioni che non si consumano in un respiro, ma ci arpionano l'anima e ad ogni tentativo di ignorarle, penetrano sempre più in profondità, diventando parte integrante del nostro essere.  Io ricordo un bambino vestito d'oro, con un cappello a punta e delle strane babbucce, tutto intorno silenzio. Percorre un lungo corridoio oscuro, un bisbiglio, il vento lo attende per svelargli chi è. Un sipario zafferano si illude di essere più importante del sole perché tutti in una immensa piazza lo adorano. E poi il bambino solleva il sipario e un canto ritmico scandisce la sua scoperta: il sole entra nella piazza e s'inchina davanti al ragazzo, l'ultimo imperatore della Cina.  A Bernardo Bertolucci sono legati molti ricordi, rimasti vividi grazie alla sua capacità di girare attorno all'anima dei suoi personaggi aspettando che lo spettatore compisse l'ultimo passo, alla sua mania di perfezionismo, al suo essere Capitano Achab per le nostre paure pi