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Visualizzazione dei post da 2012

Anche i blog meritano una vacanza

Come anticipato alla fine del  post di domenica scorsa, anche imago2.0 si prende una vacanza di fine anno. Vi aspettiamo a partire da domenica 13 gennaio 2013 , sani e salvi dopo i bagordi di fine anno e dopo essere scampati alla fine del mondo o almeno così parrebbe...

Natale Affamato

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Natale, si sa, è un periodo di strenne. Offerte speciali, tasse speciali, scortesie speciali, disseminate come neve fangosa su persone di cattivo umore che dovrebbero, grazie a questo umidiccio dono, sorridere a denti stretti, così stretti da spezzarsi, insieme alle bocche e ai desideri, perché tutto si azzittisca, si spenga in una luminaria di terz'ordine attaccata con lo scotch alla vetrina di un negozio vuoto. In una città come Roma, che non ha mai creduto agli addobbi natalizi, alle luci colorate o ai cori festosi e che è lontana molto più di una TAV da Parigi, molto più di una moneta da Londra e molto più di una speranza sul futuro da New York, il Natale passa velocemente, ignorato. Non c’è neve qui, almeno non in dicembre, non ci sono dolci tipici con cui tentare il palato, come il panettone milanese o gli struffoli napoletani, ma soprattutto non c’è voglia di credere a una storia di speranza e cambiamento come quella che il Natale c’impone. C’è troppa fame , non soltanto

Una zolletta di ispirazione in una tazza di notte.

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Qualche tempo fa mi sono immerso con sommo piacere in uno stralcio di un’intervista ad Antonio Tabucchi ,  in cui lo scrittore si definisce un solitario contraddittorio . Da un lato troppo amante della solitudine e della concentrazione che in essa si nasconde, dall'altro spaventato dalle sue conseguenze estreme: l’auto-analisi spinta all'eccesso,  le ossessioni, le piccole manie che si mutano in psicosi e che ci fanno temere di rimanere insonni, per l’intera notte, a cercare di controllarle. Lì, con gli occhi spalancati a registrare rumori inesistenti, mentre la nostra casa dorme, la città si accuccia nel ricordo della giornata appena strombazzata via e il vento sembra placare se stesso e ogni sogno che gli è stato lanciato addosso da occhi tristi, un tempo troppo arrabbiati, ora soltanto delusi. Ultimamente resto spesso sveglio di notte. Non che non mi piacerebbe dormire, è che proprio non riesco a trattenere il pensiero. So che molti di voi saranno stati svegli proprio

Padroni servi e Servi padroni.

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Cosa fa di una persona un “servo” e cosa invece lo consacra “padrone”? Il denaro, il potere, la capacità di guidare o la necessità di essere guidati? E soprattutto, è possibile coprire entrambi i ruoli allo stesso tempo? Avere un padrone che ritrova nella vessazione del suo servo l’unico strumento per dichiararsi ancora vivo, rendendo il servo necessario? Secondo Ronald Harwood (scrittore e sceneggiatore sudafricano, londinese d’adozione, nonché ex servo di scena in una compagnia shakespeariana nei primi anni ’50) non solo è possibile, ma probabilmente è il requisito principale per creare un dialogo che non ammette resistenze nel suo pubblico, che si fa temere, odiare, andando a perlustrare meticolosamente ogni sbavatura dell’animo umano. Chi si è trovato negli scorsi mesi ad assistere all’ultima messa in scena di Servo di scena ( The Dresser – trasposto anche sugli schermi in un film di Peter Yates) di Harwood in tournée con la compagnia del teatro stabile di Brescia, d

I “Quant'altro” e la miniaturizzazione della lingua italiana.

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Qualche giorno fa mi sono trovato nel bel mezzo di un meeting loop .  Con questa anglofila espressione mi riferisco a quelle situazioni, ahimè sempre più comuni per un popolo che ama parlare molto e ascoltare poco, in cui si passa tutta la giornata intrappolati in riunioni per lo più inutili e prive di qualsiasi possibile risultato. Situazioni in cui tutti sanno quello che andrebbe fatto, ma nessuno osa dichiararlo, tanto meno metterlo in pratica.  La responsabilità è una brutta bestia , soprattutto per i capi che, con abnegazione e marmorea perseveranza, si limitano a schivarla e attendere. In queste situazioni la necessità di sopravvivere prende il sopravvento e porta i malcapitati coinvolti nel meeting loop a concentrarsi sul giorno successivo nella speranza in un domani migliore che Leopardi giustamente ridimensionava e a cui, invece, noi italiani siamo comodamente assuefatti. Se però si volesse stoicamente concentrarsi sull'altrui eloquio, non per decodificarne il c

Il demone della lettura: rischio necessario.

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Il momento migliore per incontrarli è quella sezione leggera e densa che divide la notte dal mattino, durante le poche ore che pulsano nella vostra testa, costringendovi a tenere le mani sulla carta, gli occhi sulla pagina e l’anima fra le dita. Fermi a rigirarla, avanti e indietro, come fosse una stecca morbida di liquirizia, che non osate ancora mordere o succhiare, fermi ad aspettare che si stacchino dal quel supporto che profuma di colla e mani altrui, per toccarvi. E allora non vi sarà più luogo o tempo dove recarsi, senza che essi siano con voi. P ersonaggi . Parliamo di loro. Quelli di cui Primo Levi diceva: « Non hanno pelle né sangue né carne, hanno meno realtà di un dipinto o di un sogno notturno, non hanno sostanza che di parole, […] eppure puoi intrattenerti con loro, conversare con loro attraverso i secoli, odiarli, amarli, innamorartene .» Quelli su cui Fabio Stassi ha pubblicato, un paio d’anni fa, un prezioso lavoro che raccoglie i personaggi che l’hanno accompag

Cinema d'incresciosa normalità - cambiare punto di vista al Festival del Cinema di Roma

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Molte coppie si vantano di conoscere così bene il partner da potersi muovere all’unisono. Questo accade anche a Hélène e Joachim (i due protagonisti di Main dans la main film di di Valérie Donzelli – Francia 2012 - presentato in anteprima al Festival internazionale del Film di Roma ) e fino a qui nulla di nuovo, se non fosse che i due in questione non si amano, non si conoscono, non si sono mai visti prima del loro casuale incontro all’Opéra di Parigi, momento dal quale sono costretti a muoversi all’unisono, come in una coreografia surreale e grottesca a metà fra Il favoloso mondo di Amélie di Jean-Pierre Jeunet e Burn After Reading dei fratelli Coen. Ogni movimento che fa Hélène, Joachim lo deve replicare, conferendo ai primi venti minuti di pellicola l’aspetto di un semplice divertissement , seppure gradevole e di “alleniana” impostazione. La sfida della giovane regista è stata però quella di trasformare questa coppia inopportuna in un insieme che funziona, perché riesce a f

L’ansia di fare, sì, ma di chi è la colpa?

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"Qualche tempo fa mi sono trovato fra le mani un suono e non l’ho ignorato." Sarebbe un incipit molto interessante per un romanzo. Una sinestesia da cui far partire la curiosità del lettore per l’ Io narrante in prima persona che, evidentemente, ha deciso di iniziare da una particolare sensazione provata per raccontare la sua storia. Ma in questo caso la sinestesia non sussiste o meglio la sinestesia, metafora per cui si uniscono in stretto rapporto due parole che si riferiscono a sfere sensoriali diverse, non è altro che una perfetta intuizione. A collegare udito e tatto ci ha pensato il nostro cervello ben prima della semantica, sembra infatti che un'equipe dell’università di Georgetown abbia presentato ad una sessione della Society for Neuroscience uno studio chedimostra che la percezione di ciò che ascoltiamo varia al mutare dell’utilizzodel nostro sistema motorio , a cominciare proprio dalle mani. Facendo ascoltare dei suoni ad un campione di individui,

Una parola, un verso: trentunesima - pellegrino

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Vi siete mai avventurati sull'antica via Francigena , con lo zaino in spalla e il cuore leggero?  La via in questione era il collegamento per eccellenza fra Canterbury in Inghilterra e Roma e fu percorsa, fra i primi uomini in cerca di luoghi lontani che potessero fortificare la propria fede, dal vescovo Sigerico nel 990 d.c. che, oltre a ricevere un premio squisitamente terreno (l'investitura a vescovo appunto) al suo arrivo in una delle tre città sante dell'epoca (Roma, che si divideva il titolo con Gerusalemme e Santiago), dimostrò che l'uomo ha in sé da sempre il germe sublime della narrazione .  Sigerico decise infatti di annotare nel suo diario di viaggio tutto il percorso di ritorno da Roma, con dettagliate descrizioni dei luoghi e dei rifugi utilizzati durante un pellegrinaggio di ben 1.600 chilometri, compiuto in soli 79 giorni per rientrare nella sua amata Inghilterra. Qualche giorno fa, per caso, mi sono trovato a percorrere un piccolo tratto di questa

Il santo del giorno? Tra i libri.

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Oggi domenica 28 ottobre il Santo del giorno è...un attimo prego...ecco, sono già in difficoltà, cosa direbbe Guido , l'immaginifico e puro personaggio dell'ultimo film di Paolo Virzì ( Tutti i santi giorni ), davanti a questa mia incertezza? Citerebbe sicuramente il motto latino più adatto alla situazione, liberandomi in un attimo del senso di colpa e donandomi al contempo la vista sulla sua smisurata conoscenza e amore per i testi antichi.  Il problema di questo 28 ottobre è che i Santi del giorno sono più di uno. Ci credereste? Che dite, viene fuori la mia scarsa frequentazione della chiesa? In ogni caso oggi si festeggia San Simone apostolo , conosciuto anche come il Cananeo (Vangelo di Marco) o lo Zelota (Vangelo di Luca), ma anche San Giuda (non l'iscariota, ma l'altro). Guido sveglia ogni mattina la sua Antonia , illuminandola sul periodo in cui è vissuto il Santo in questione, magari aggiungendo qualche dotta curiosità, che ha per lo più lo scopo di las

Bertolucci può diventare il “Borromini” di Piperno?

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Se vi troverete a passeggiare per Roma vicino a Largo di Santa Susanna, in uno degli incroci più caotici del centro storico della capitale, provate a smettere di masticare il tempo, che vi assale come un blob informe pronto a inglobarvi e travolgervi, e sollevate lo sguardo. Intorno a voi, nelle loro armature di travertino, tre imponenti monumenti si contendono quel piccolo spazio, dopo aver subito, chi più chi meno, un piccolo lifting per privarli di alcuni strati di polvere e smog. La facciata della chiesa di Santa Susanna di Carlo Maderno (1595, primo esempio di barocco compiuto a Roma, costruita sui resti di tre ville romane che fronteggiavano le Terme di Diocleziano, lo stesso Diocleziano responsabile della morte della Susanna divenuta poi santa), la fontana del Mosè (o dell’Acqua Felice, da Felice Peretti, ovvero papa Sisto V, inaugurata nel 1587) e la seicentesca facciata di Santa Maria della Vittoria (ad opera di Giovanni Battista Sora, 1626). Tutti e tre i contendenti me

Rosso Cina. Una lotta fra Nobel e libertà

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Sarà per la bandiera, sarà per il libretto di Mao, sarà per le lanterne di carta che abitano l’immaginario collettivo dopo il film di Zhāng Yìmóu , ma spesso, quando pensiamo a questo "paese-continente", pensiamo rosso . Probabilmente dall’11 ottobre il rosso e la Cina saranno ancora più inscindibili nella nostra mente. Giovedì scorso l’Accademia reale svedese ha assegnato il premio Nobel per la letteratura a Mo Yan , scrittore e sceneggiatore cinese, conosciuto in Italia soprattutto per il suo romanzo  S orgo rosso (Einaudi, 2005), che offre una vista sulla storia cinese dagli anni ’20 agli anni ’70 e che ha come scenario unificante il sorgo, cereale dalle spighe vermiglie, tappeto di sangue su cui Mo Yan fa consumare battaglie di ogni tipo. Da questo romanzo, sempre Zhāng Yìmóu, ha tratto l’omonimo film che ha vinto l’orso d’oro al festival di Berlino nel 1988. Mo Yan In una delle rare interviste che si trovano in lingua italiana sulla rete, Mo Yan ricorda i

Siete mai stati alla Mondadori?

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Intendo la Mondadori editore e non la libreria Mondadori sotto casa. Io personalmente ho varcato i cancelli di quella strana struttura rettangolare sospesa sull'acqua alle porte dell’aeroporto di Linate, solo qualche giorno fa. E lì, con in mano il mio badge visitatore n.63915811, mentre fissavo perplesso e incantato gli archi di cemento svettanti su centinaia di finestre marroni silenziose, la sensazione che ho avuto era di trovarmi davanti a una delle creazioni di Gaudì (invece opera dell'architetto brasiliano Oscar Niemeyer, realizzata a metà degli anni ’70), sorprendendomi che dietro di me non vi fosse una folla di visitatori che volevano scoprire se, nell'acqua su cui questa costruzione sembra reggersi, ci siano anche i pesci  (e ci sono!). D'altronde i turisti vengono portati a visitare i centri commerciali come parco Leonardo a Roma, perché non dovrebbero venire a visitare la Mondadori, che indipendentemente da quello che si legge e si pensa, esiste dal 1907

Di cosa parlano gli scrittori...fra di loro? Anche di rimborsi per lesa capacità.

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  Mi viene in mente una storiella ricordata da David Lipsky nel suo viaggio-intervista con David Foster Wallace, nel libro Come diventare se stessi (minimum fax 2011), in cui Lipsky racconta un fantomatico incontro fra Joyce e Proust . Joyce parlò per primo: «Ho gli occhi ridotti malissimo». E Proust di rimando: «Il mio povero stomaco, non so che fare! Anzi, devo andarmene subito». Ma Joyce non si arrese e lo superò: «Io seguirei il tuo esempio, se solo trovassi qualcuno che mi tiene sottobraccio». Il lettore si sarebbe aspettato chissà quali discorsi da due divinità della letteratura occidentale e invece ipocondriaci, egocentrici, pronti a tutto pur di attirare l’attenzione, su di sé naturalmente. Come direbbe Oscar Wilde « moderazione in tutto, a cominciare dalla moderazione stessa ». Moderazione che non ha ispirato Vincenzo Ostuni, editor di Emanuele Trevi, quando profondamente turbato (per usare un eufemismo) ha detto ciò che  ha detto (vedi post di imago del 15/07/2012 ) sullo

Opportunità illimitate - Vonnegut vs. Scalfari vs. Armstrong

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Cosa hanno in comune Kurt Vonnegut, Neil Armstrong ed Eugenio Scalfari? Ve lo ricordate Sei gradi di separazione ? Il film del 1993 di Fred Shepisi con un Will Smith inedito in versione marchetta-gay, ispirato alla commedia off Broadway di John Guare? No, abbastanza comprensibile, se siete nati a partire dagli anni ’80, ma se siete arrivati su questo pianeta nella decade precedente, il film o almeno la teoria cui si ispira ve la dovreste ricordare, perché per un periodo, proprio a metà degli anni novanta, è diventata un tormentone: giornali, libri, film, personaggi più o meno famosi hanno cominciato a parlarne, in una sorta di fanatismo unificante che poi è evaporato con gli albori del nuovo secolo. L’idea in questione (elaborata dallo scrittore ungherese Frigyes Karinthy   nel 1929) sostiene che ogni individuo è collegato a qualsiasi altro suo simile sul pianeta da una catena di non più di 5 intermediari , per cui saremmo tutti inevitabilmente connessi a tutti, senza via

Principianti. A trovarne…

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Trovarsi a pattinare in un salone di marmo dal riverbero dorato, ridendo e sbandando; trasformarsi nel più adorato e odiato psicoterapeuta del mondo, Sigmund Freud, pronto ad ascoltare confessioni intime da pazienti senza voce; essere in sintonia perfetta con un cane che comprende più di cento parole (150 se ricordo bene), ma non ne parla nemmeno una ed è questo il suo punto di forza. E soprattutto guardare tutto questo con gli occhi dei principianti , di coloro che indipendentemente dall'età, dal sesso e dalle esperienze, si scoprono, per la prima volta, portatori di emozioni che hanno bisogno di condividere. Parliamo di principianti soddisfatti del loro stato. Vi è mai capitato di sentirvi così? A me sì, non molte volte, ma in qualche rara occasione, quando ciò che abbiamo avanti fa una paura fottuta (altro aggettivo non avrebbe reso altrettanto bene lo stato d’animo) e vorremmo fuggire, veloci, ancora, per sempre e invece ci puntiamo lì, a guardare. Ecco è questo che cap

Il quarto di Zadie Smith

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Ve la ricordate Zadie Smith? Considerata una delle migliori scrittrici in lingua inglese under 40 dalla prestigiosa rivista The New Yorker e osannata dalla critica di mezzo mondo anglosassone per White Teeth ( il suo primo romanzo, uscito in UK nel 2000, tradotto in decine di lingue e in Italia pubblicato da Mondadori con il titolo Denti Bianchi ), con il quale ha vinto il Whitbread First Novel Award 2000 , il Guardian First Book Award , il Commonwealth Writers First Book Prize e il James Tait Black Memorial Prize per la narrativa .  Un successo inarrestabile, nato ben prima della pubblicazione, quando nel 1997 fu addirittura organizzata un’asta per accaparrarsi i diritti per il primo romanzo di una allora ventiduenne e semisconosciuta Zadie Smith, romanzo che era ancora incompiuto. Seguiranno The Autograph Man (2002, tradotto sempre per Mondadori con il titolo L’uomo autografo ) e On Beauty (2005, anch’esso uscito con Mondadori con il titolo Della bellezza ).   I suoi l

Il libro giusto per ricominciare, perchè nò, con una rivoluzione imperiale, quella di Myra Breckinridge.

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« Non avevo mai letto Myra Breckinridge di Gore Vidal. » Frase che non potrò più usare. « Non avevo mai incontrato un personaggio femminile costruito in modo così perfetto, soprattutto fra quelli maschili. » Altra frase da incastonare tra quelle ormai irripetibili. E potrei continuare per molte righe. Parliamo del contestatissimo (almeno al momento della sua prima uscita negli Stati uniti nel 1968) romanzo di Gore Vidal dedicato alla prorompente e “imperiale” personalità di Myra Breckinridge . Narrato con sottile arguzia e solenne sfrontatezza in prima persona, da un io narrante posizionato alla minima distanza di sicurezza possibile (e a volte bel oltre) da Myra stessa, il testo narra l’evoluzione di una divinità, di una “Donna Nuova” , fortemente e genialmente femminile, sebbene ancora dotata di una brutalità maschile, che nessun uomo può realmente sfoggiare. Una  “Donna Nuova”  che ha deciso di dare inizio a una diversa e certamente migliore forma di società e di civiltà,