Il quarto di Zadie Smith

Ve la ricordate Zadie Smith? Considerata una delle migliori scrittrici in lingua inglese under 40 dalla prestigiosa rivista The New Yorker e osannata dalla critica di mezzo mondo anglosassone per White Teeth (il suo primo romanzo, uscito in UK nel 2000, tradotto in decine di lingue e in Italia pubblicato da Mondadori con il titolo Denti Bianchi), con il quale ha vinto il Whitbread First Novel Award 2000, il Guardian First Book Award, il Commonwealth Writers First Book Prize e il James Tait Black Memorial Prize per la narrativa

Un successo inarrestabile, nato ben prima della pubblicazione, quando nel 1997 fu addirittura organizzata un’asta per accaparrarsi i diritti per il primo romanzo di una allora ventiduenne e semisconosciuta Zadie Smith, romanzo che era ancora incompiuto. Seguiranno The Autograph Man (2002, tradotto sempre per Mondadori con il titolo L’uomo autografo) e On Beauty (2005, anch’esso uscito con Mondadori con il titolo Della bellezza).  

I suoi libri (ha pubblicato anche alcuni saggi e numerosi racconti) hanno venduto più di due milioni di copie in tutto il mondo, ponendola nell’invidiabile posizione di poter influenzare (all’età di 36 anni) con i suoi seguitissimi articoli su The New Yorker, The Guardian e The New York Review of Books, lo stile e le idee dei futuri romanzieri di lingua inglese e non solo. Se avete avuto la curiosità di leggere uno dei suoi libri, ne sarete stati folgorati o infastiditi. Indifferenti è difficile. 

La prosa messa in campo da Zadie Smith è molto curata e attenta nella scelta delle parole e del linguaggio più adatto per i suoi personaggi, soprattutto nei dialoghi, calati nel contesto sociale dei personaggi con estrema abilità. Ciononostante la narrazione a volte può apparire ridondante, come se, per qualche motivo a noi oscuro, fosse stato necessario fare di un perfetto racconto un men che perfetto romanzo. 

E sebbene la critica abbia definito Denti Bianchi un testo dalle sfumature dickensiane, che dimostra tutto il talento dell’autrice, fin dalle prime righe, ammetto di non essere riuscito a completarlo, perché caratterizzato da un andamento altalenante, con dialoghi accattivanti improvvisamente sostituiti da corollari estenuanti, preferendo l’invece meno apprezzato The Autograph Man, forse per il suo protagonista Alex-li Tandem, con il quale ho trovato subito una perfetta sintonia.  

Ora Zadie Smith presenta un nuovo romanzo NW (NorthWest, riferendosi al post code del quartiere di Londra dove ha vissuto per anni – 2012 The Penguin Press – 401 pagine), ennesimo successo annunciato? Può darsi, sebbene le critiche questa volta non siano particolarmente entusiastiche, paragonando questo nuovo lavoro della Smith a Mrs. Dalloway di Virginia Woolf. Dal confronto, a differenza di quello fatto a suo tempo fra On Beauty e Howards Ends di E.M. Foster, il romanzo e soprattutto i suoi personaggi uscirebbero perdenti. 

Il New York Times, lo scorso 26 agosto, ha pubblicato una recensione in cui si descrivono i personaggi centrali del romanzo come stereotipi bidimensionali più che caratteri dalle infinite e contraddittorie sfumature (come avveniva in On a Beauty), personaggi che non riuscirebbero mai a rapire e tantomeno a mantenere viva l’attenzione del lettore. Fin qui la critica, per la lettura dovremo attendere la traduzione in italiano, probabilmente sempre di Mondadori, o per i più coraggiosi la complessa lettura in lingua originale. 

In ogni caso io ritenterò con questo libro, forse proprio perché sembra distaccarsi dall’impostazione dei suoi romanzi più amati (e per farlo ci vuole comunque coraggio) o forse perché c’è un richiamo al lavoro di Virginia Woolf e al suo stream of consciousness  (e per tentare questa operazione, di coraggio ce ne vuole davvero tanto!). 

Nel frattempo sorrido insieme a Paolo Di Stefano per la scelta di Zadie Smith di ringraziare (proprio nelle ultime pagine della prima edizione del suo nuovo romanzo NW) le applicazioni software che le hanno inibito l’utilizzo della rete e dei social networks durante la stesura del suo libro, altrimenti non sarebbe mai riuscita a completarlo. Di Stefano ci dice che è come se uno scrittore nel passato avesse reso omaggio alla porta che, chiudendosi, gli aveva permesso di scrivere in pace. I ringraziamenti di Zadie Smith hanno suscitato l’ilarità di molti suoi colleghi, lascio a voi la valutazione sull’opportunità del gesto e delle relative reazioni, certo è strano che sia necessario isolarsi da un contatto fittizio di cui noi siamo gli unici generatori, non potendo certo internet venire a bussarci alla porta di cui sopra, almeno fino a ora…

Commenti

  1. in effetti...
    i ringraziamenti alla porta che si è chiusa, alla poltrona che era comoda...ce ne sarebbe di cose da ringraziare
    però qui siamo in una dimensione diversa, come se l'autrice volesse ringraziare davvero quel mondo fittizio per essersi tenuto lonano mentre lei ne creava uno altrettanto fittizio...

    ci devo riflettere più attentamente
    intanto una domanda: con smartphone always on, è davvero impossibile che internet bussi continuamente alla porta dello scrittore?
    o del lettore?

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