OK, Google? No è solo l' "Echo" di Amazon


Ve lo ricordate il film Her di Spike Jonze? Presentato al Festival del Cinema di Roma nel 2013, raccontava la storia di Theodore Twonbly, uno scrittore di lettere per conto terzi che, in una società futuribile, assai limitrofa alla nostra, acquistava un sistema di controllo del suo PC a comando vocale, ‘interpretato’ dalla voce di Scarlett Johansson. Il software si dimostrava ben più intelligente del previsto, evolvendosi con il suo compratore per impersonare il compagno perfetto: sempre in sintonia con Theodore e quindi preferibile a qualsiasi essere umano in carne e ossa. 


Non siamo ancora arrivati a questo livello di interazione, ma da tempo abbiamo cominciato a parlare con i nostri smartphone, SIRI – il sistema a comando vocale di Apple dalla voce femminile - insegna. Alzi la mano chi non ha tentato almeno una volta di farlo impazzire con domande irrazionali e necessarie come: «Di cosa è fatta un’anima?» o «Adesso che siamo solo noi due SIRI, me lo dici cosa ci mette nella Nutella il signor Ferrero per farla così buona?». SIRI impassibile rispondeva prontamente con un «Cerco su Internet: adesso che siamo solo noi due SIRI, me lo dici cosa ci mette nella Nutella il signor Ferrero per farla così buona». Con lei non la si spunta e adesso non è più sola. 


L’anno scorso è arrivato Echo assistente virtuale Amazon con la voce di Alexa. Come direbbero i portavoce della compagnia di Jeff Bezos: un perfetto shopping assistant (con una ‘curiosa’ passione per i prodotti della piattaforma Amazon), consigliere culinario e tool di home automation. Se avete un bisogno impellente di ordinare un barattolo di pittura color prugna o di regolare il termostato di casa senza dover muovere un pollice sul vostro smartphone, beh, Echo è il virtual assistant che fa per voi, con parecchi plus rispetto a una banale e superata persona fisica. Echo non si lamenta del disordine che lasciate per casa, non pretende di farvi cambiare carattere, priorità o valori per adattarsi ai suoi, non sporca, non chiede una remunerazione e soprattutto mai e poi mai metterà in discussione un vostro parere, a meno che, certo, non decidiate di comprare la pittura color prugna di cui sopra al di fuori del circuito Amazon. 


Perfetto no? Chi potrebbe darci di più? Google Home per esempio? Definito il ‘new home smart speaker’ di cui non sentivate ancora il bisogno perché non lo avevate ancora cercato su Google, questo virtual assistant cerca di farvi lasciare SIRI o Alexa, solo perché pensa di sapere tutto di tutto. Un ‘tutto’ relativo certo e decisamente selettivo, se provate infatti a porre a Google Home una domanda (per farlo dovrete sempre iniziare la frase con: OK, Google) qualcosa che esula dalle quick search del famoso motore di ricerca, Google Home non risponde, lasciandovi in un agonizzante dubbio. Se dovessimo ascoltare Bertrand Russell potremmo essere felici del nostro dubitare: «Il problema dell’umanità è che gli stupidi sono sempre sicurissimi, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi», ma oggi si preferiscono ben altre opinioni, assai più polite, come quella del vice presidente per il product management di Google, Rishi Chandra, che sostiene che Google Home «preferisce tacere davanti all’incertezza, pur di non dare una risposta assolutamente corretta alla persona che assiste». 

Non lo avevamo capito, ma Google ci offre una lezione di socratica sensibilità: «È sapiente solo chi sa di non sapere, non chi s'illude di sapere e ignora così perfino la sua stessa ignoranza». 



Commenti

  1. (...)
    Dwar Ev fece un passo indietro e trasse un profondo respiro.
    «L’onore di porre la prima domanda spetta a te, Dwar Reyn.»
    «Grazie» disse Dwar Reyn. «Sarà una domanda cui nessuna macchina
    cibernetica ha potuto, da sola, rispondere.»
    Tornò a voltarsi verso la macchina. «C’è Dio?»
    (...)

    Fredric Brown, "La risposta"

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