Regole e sensi di colpa: la ricetta di Neil Jordan.

Quanto pensate di conoscervi?

Ossia siete in grado di capire se c’è un punto oltre il quale non andreste in una relazione, in un’amicizia, in una malattia o in una perdita?
Il sistema sociale in cui ci muoviamo impone molte regole, ma siamo noi a decidere ogni volta se rispettarle. Per imprinting familiare, culturale, sessuale, tendiamo però a muoverci in automatico nella maggior parte delle situazioni e decisioni, fino a che qualcosa d’inatteso accade e inceppa il sistema. Nella maggior parte dei casi l’essere umano, superato l’attimo di sbandamento, torna nella propria zona di comfort, sentendosi al comando del proprio joystick emozionale che in realtà va sempre nella stessa direzione: quella delle regole che ha scelto o che lo hanno scelto. Qualche volta però il punto di vista s’inverte e allora possiamo assistere a una trasformazione di noi stessi, immediata (perché si è consumata dentro di noi per anni) e scandalosa (perché lontana dal sistema di regole che abbiamo utilizzato fino a quel momento).

Visualizzo subito alcune scene di Il buio nell’anima, film di Neil Jordan del 2007, incentrato proprio su questo tema. L’essere umano che s’inceppa e scopre così di poter superare tutta una serie di regole morali, etiche e personali è Erica Bain, giornalista radiofonica e amante dell’ascolto (della città più che delle persone), che, dopo un evento violento subito, inizia a cambiare prospettiva, inizia a mettere in discussione dogmi inalienabili, fino a realizzare che di se stessa è rimasto solo il suo contenitore, il suo corpo, il suo aspetto, i suoi capelli, ma non i suoi occhi. Quelli sono cambiati, perché all’interno della sua anima qualcosa si è spezzato, facendola deragliare su un percorso meno battuto, perché considerato "sbagliato" da chi, come lei, seguiva un certo tipo di regole di condotta. Erica comincerà allora a sperimentare la nuova se stessa, compiendo azioni “sbagliate” senza alcun rimorso o senso di colpa e sarà questa assenza a farla stare male. Erica scoprirà quanto è fragile e inconsistente il proprio mondo e le sue regole e si chiederà cosa potrà fare ora che ha visto le rotaie da un altro punto di vista: dall’esterno.
In un’intervista di Sandro Veronesi a Laura Morante sul rapporto fra genitori e figli apparso la settimana scorsa su La Lettura, si parla delle regole da trasmettere ai propri figli per farli continuare a scorrere sul binario da cui provengono i genitori (sempre ammesso che sia il migliore). E se David Foster Wallace diceva che nei rapporti tra genitori e figli c’è sempre l’equivoco dell’amore a rovinare tutto (i figli non puntano a essere amati, quanto ad essere apprezzati nella loro diversità dai propri genitori), Laura Morante sostiene che è nella curiosità vorace e crudele che bisognerebbe avere nei confronti dei propri figli che sta la chiave per crescere insieme a loro. Entrambi i punti di vista (il primo da "figlio" che non vuole seguire le regole dei genitori con i propri figli e il secondo da "genitore" che si sente più figlio dei propri figli) sono nient’altro che sistemi di regole, cui vorremmo che i nostri figli si adeguassero, senza concedergli la possibilità di deragliare prima che sia troppo tardi; prima che siano troppo grandi e il cambiare punto di vista li faccia perdere in un limbo di azioni “sbagliate” che non sentono più come tali, ma di cui non riescono a gioire, come accade al personaggio creato da Neil Jordan.


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