Breaking News di mezzanotte: il nuovo libro di Haruki Murakami
Tokyo, 24 febbraio 2017, breaking news in un notiziario.
Un uomo vestito con un abito azzurro e un sorriso smagliante, come il
fazzoletto che ha nel taschino, fissa la telecamera come se si fosse appena
accorto che qualcuno, per un oscuro motivo, lo sta filmando. Accanto a lui una
donna con un vestito rosa confetto dello stesso colore della sua pelle, anche
lei fissa la telecamera che ha di fronte con uno sguardo perso. Sembra non
poter credere all’immagine che la retina restituisce al cervello. Eppure
entrambi continuano a parlare con tono pacato.
Io che sono dall’altra parte dello schermo, posso
tentare di interpretare il loro messaggio solo dal linguaggio del corpo, il mio
giapponese è davvero pessimo, e per questo rimango ancor più spiazzato. In
mente ho l’ansia vorace di Chicco Mentana, che fa pensare a una tanica di
bagnoschiuma concentrato lanciato sotto il getto di una cascata, non basterebbe
un televisore da 60 pollici a contenere la sua felicità per una breaking news. I
nostri due cronisti invece restano impassibili, mi portano alla mente le sabbie
di Laugharne (amena località del Galles, famosa per le sue strane maree e per
essere il luogo eletto da Dylan Thomas per rifocillare la propria
immaginazione). Sono irreali e disturbanti e pure non posso smettere di
osservarli. Ed ecco che sono io davanti alla telecamera e loro sul mio scomodissimo
divano grigio e bianco a chiedersi perché indossano ancora le scarpe se sono in
casa e chi è quell’occidentale che sembra fare ginnastica in diretta per quanto
si sbraccia. Cosa accadrebbe ora se i nostri due cronisti spegnessero la TV con
me dentro?
No, non siamo in un romanzo di Haruki Murakami: fantasie
che governano la realtà che si scopre alla fine una fantasia. Ma l’autore di Norwegian Wood e di Kafka sulla spiaggia (il libro per cui gli ho giurato eterno amore)
è l’origine di questa news. Centinaia di suoi fedeli lettori hanno aspettato
ore davanti alle librerie di Tokyo, Osaka e nelle prefetture di Fukushima,
Kochi and Fukuoka per essere i primi a stringere fra le mani il quattordicesimo
romanzo di Murakami.
Sul modello di Harry Potter, Murakami è la J. K. Rowling
del Giappone (sebbene dubito che lui apprezzerebbe questo paragone), la casa
editrice Shinchosha ha concordato con i librai aperture straordinarie alla
mezzanotte del 24 febbraio per offrire agli Harukisti (questo il nome che il Japan Times ha dato ai fedelissimi di
Murakami) il privilegio di stringere fra le mani i due volumi che compongono le
oltre duemila pagine del romanzo intitolato Kishidancho
Goroshi, che, per chi fosse a digiuno di giapponese (vergognatevi!),
significa all’incirca L’omicidio del
Commendatore.
Non è la prima volta che Murakami inserisce dei riferimenti
al nostro Paese, dove ha anche vissuto e scritto Noruwei no mori (Norwegian Wood), ma non c’era mai stato un
richiamo così diretto nel titolo. Della trama sappiamo ancora poco: la storia
di un uomo che vive fra le montagne (sì, le montagne ormai sono diventate una
base irrinunciabile per un romanzo anche dall’altra parte del mondo) la cui
vita cambia radicalmente quando incontra il ‘Commendatore’ del titolo. Per il
resto, dobbiamo aspettare le traduzioni in inglese e in italiano nei prossimi
mesi o approfittarne per fare un viaggio in Giappone. Lì le prime 500.000 copie
sono state già vendute e la prima ristampa di 300.000 copie è già stata inviata
alle librerie.
Gli Harukisti lo avranno già letto tutto, senza contare i 30
‘superfortunati’ che hanno avuto l’opportunità
di essere rinchiusi nella libreria Sanseido qualche ora prima dell’inizio
ufficiale delle vendite, per poter leggere collettivamente il romanzo di
Murakami entro la mattina successiva, in quelle esperienze alla ‘giochi senza
frontiere’ che piacciano tanto ai giapponesi.
Chissà cosa direbbe Murakami a proposito di queste prove di forza? La
criticherebbe? Forse, ma questo non farebbe pentire gli Harukisti del loro
comportamento, tenendo così fede al loro vate narrativo che ha detto: «Non c’è
critica che possa scoraggiarmi o farmi perdere la fiducia in me stesso. […]
Sono convinto che il tempo darà ragione a ciò che si è ottenuto col tempo».
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