Tutte le famiglie sono psicotiche di Douglas Coupland


La famiglia. Non riusciamo a liberarcene nemmeno da morti. Genitori, fratelli, mogli, mariti, figli e nipoti. Sono sempre lì a trotterellare intorno alla nostra anima, come se dovessero contenerla, circondarla perché non cresca troppo e fugga via. Osservano i nostri fallimenti e le nostre debolezze pronti ad additarle, giudicarle e ricordarle fino a che rimangano impresse nel diario familiare come tare del DNA cui è impossibile sottrarsi. Eppure, sotto le cicatrici e le rinunce che ogni famiglia impone ai suoi membri, c’è anche un piacere sottile e continuo, come una nota vuota che moltiplica i suoi quattro tempi all’infinito, un  ‘TA-A-A-A’ senza fine che ci ipnotizza e ci riempie, impedendoci di dimenticare  chi siamo, da dove veniamo e a cosa potremmo arrivare se solo avessimo un po’ più di coraggio. Nelle pieghe fra asfissia e piacere familiare scava il nido Douglas Coupland con il suo romano Tutte le famiglie sono psicotiche (ISBN edizioni - traduzione di Alfredo Colitto) che narra le vicende della ‘scassatissima’ famiglia Drummond, che niente ha a che fare con i Drummond perfetti e accoglienti della iconica serie TV anni ’80 Il mio amico Arnold, anche se ci piace pensare che proprio per questo Coupland abbia rubato il loro nome. 


Il romanzo inizia e finisce con la famiglia riunita in Florida per assistere al lancio con lo Shuttle di uno dei suoi componenti (l’ossessionata dal senso del dovere Sarah), un evento che dovrebbe riempire di orgoglio tutti i suoi membri e che invece accelera la loro autodistruzione: la madre di Sarah (Janet) malata di AIDS a causa di un proiettile che ha attraversato il corpo di suo figlio Wade (già sieropositivo), per poi conficcarsi nelle sue costole; il padre di Sarah (Ted), che ha sparato quel colpo per punire suo figlio perché aveva fatto sesso con Nickie (attuale compagna di Ted); Bryan (fratello di Sarah e Wade) incapace di qualsiasi cosa, come più volte ribadito da tutti i membri della famiglia, innamorato di una donna dal nome improbabile (Shw), che ha deciso di vendere al miglior offerente il figlio di Bryan che porta in grembo; Beth (la moglie di Wade fanatica del messaggio cristiano), che ha bisogno di salvare tutto e tutti, a prescindere dalle loro intenzioni, come viatico per sopprimere il suo incommensurabile senso di colpa per essere viva e sana. Coupland non risparmia la sua fantasia dirompente e la capacità di creare personaggi schiacciati nel loro essere quello che la loro famiglia si aspetta che siano, compressi nelle loro vite fino a esplodere. Personaggi che Coupland pian piano libera, fino a fargli dire esattamente ciò che volevano dire nel momento stesso in cui volevano dirlo, lasciando l’essere umano Alfa con cui si confrontano senza parole. Ed è in quel momento che il lettore se ne innamora, non riuscendo più a farne a meno. 



Imperlato di frasi che si cementano nella memoria («A volte ho la strana sensazione che fare le cose che devono essere fatte sia più facile che non farle»), tanto da farvi pensare al personaggio che le ha pronunciate quando vi troverete nella sua stessa situazione e proverete a imitarlo, Tutte le famiglie sono psicotiche ci ricorda che siamo noi a posare il filo spinato nel solco che la nostra famiglia ci disegna attorno e che l’unico modo per spezzarlo è rimboccarci le maniche e tirarlo su, senza curarci delle ferite che potremo causare a noi stessi e agli altri. Saranno meno dannose del silenzio e poi è dalle ferite che penetra la luce.



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