La mela morsicata

Su chi sia stato Steve Jobs i media di tutto il mondo occidentale si stanno litigando l’ultimo complimento, gli stessi che spesso lo avevano attaccato, criticato, invidiato, accusato di aver trasformato piccoli oggetti di design in una “mela avvelenata” per i consumatori che, una volta entrati nel mondo Apple, si rendevano conto di quanto fosse chiuso a qualsiasi altra possibilità “non Apple”. Forse per questo manca solo un pezzetto alla mela del logo della famosa azienda di Cupertino? Perché nessuno è mai riuscito ad addentarla fino in fondo?

Certo, chi utilizza i suoi prodotti sa che sono innovativi e facili da usare, così innaturalmente immediati per chi si è formato nel funzionale e strutturatissimo mondo Microsoft e soprattutto sono belli a vedersi, racchiudendo in sé uno dei dogmi che la nostra epoca ha esaltato fino allo svilimento: la forma è sostanza. Sì, perché nella mani di Jobs, una delle menti più creative degli ultimi decenni, la mela è diventata il simbolo non soltanto di un insieme di prodotti dalle elevate performance hi-tech, quanto piuttosto di un modo di pensare: uno status symbol, anzi un apple symbol del tutto immateriale e per questo ardentemente voluto, a cui molti tendevano e soprattutto di cui tutti parlavano. Si poteva essere a favore o contro, ma non si poteva essere allo scuro di cosa stesse accadendo.

Steve Jobs è riuscito a generare una nuova famiglia di consumatori che si è trovata a poter scegliere fra servizi non soltanto nuovi, ma addirittura impensabili. Chi avrebbe mai potuto immaginare alla fine degli anni ’90 che sarebbe bastato un dito per comprare, gustare ed immagazzinare una canzone, un film o un libro? O che sarebbero bastati pochi centimetri di plastica per portarseli dietro dovunque si desiderava? E che soprattutto (e qui sta la genialità della Apple e del suo creatore) mostrare agli altri di possedere tali magici oggetti sarebbe bastato a far annoverare il loro possessore in un gruppo di non convenzionali eletti?

Poco importa alla fine quale versione di i-pad o i-phone si possegga, basta che sopra vi sia la mela giusta, quella morsicata, quella che dichiara al mondo che si è liberi di decidere cosa portare con sé, costruendosi la compilation di contenuti ed emozioni che più aggrada, rendendosi unici e differenti, sebbene tutti "melizzati".

Che poi di tali contenuti non si possa fruire al di fuori del "mondo melico", beh, questo è scontato. Chi vorrebbe più confrontarsi con un barbaromicrosoftiano”, magari ancora incapace di allargare la propria mente con un tocco di dita? Nessuno.

Nel suo famoso discorso all’università di Stanford, Steve Jobs esortò il suo pubblico a trovare ciò che si ama e a perseguirlo, caparbiamente, devotamente e senza permettere al contesto di influenzare le proprie scelte. Solo così, secondo il tycoon della Apple, fidandosi dell’intuito e dell’immaginazione, si può raggiungere la pace interiore e contribuire alla rigenerazione della società attraverso l’innovazione.

Non si può dubitare, oggi, che Steve Jobs si sia attenuto a questo dogma, ricordandoci che l’innovazione è dietro l’angolo (sebbene spesso sia così difficile crederlo, soprattutto per noi italiani), anzi è proprio qui, nelle nostre mani, pronta ad esplodere, a liberarci dai vincoli che, la Apple stessa, a volte tenta di imporci.

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Commenti

  1. Condivido la tua opinione sull'apple symbol e su quanto siamo stati influenzati e "indirizzati" dalla melocrazia della apple. Ma devo dire che è proprio difficile resistere al loro incantesimo.
    Su Steve Jobs ne sono stete dette troppe, ma certamente ha dato un'accelerazione al nostro modo di preferire la realtà virtuale alla reale. E non so se sia un bene.
    Luca

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