Galleggiare nel Vapore. Una possibilità che ci offre l’ultimo romanzo di Marco Lodoli.
Entrare nell'ultimo romanzo di Marco
Lodoli è come immergersi in un lago di latte. Mentre leggevo Vapore
(Einaudi – 2013) mi è venuto subito alla mente il film di Emanuele Crialese Nuovomondo. Mi
riferisco alla scena finale in cui alcuni personaggi entrano in un universo
liquido fatto di latte e compiono l’ultimo (o forse il primo, dipende dai punti
di vista) passo del loro lungo viaggio verso un nuovo mondo fatto di verità
molto diverse da quelle che avevano sognato.
Ecco,
muovendosi fra le memorie di Maria Salviati, l’anziana signora
protagonista di Vapore, si ha l’impressione di essere insieme a lei in
mezzo a quel lago, alla fine di un viaggio in solitaria che diventa l’ultima
possibilità per lei di osservare con occhio malinconico gli uomini che hanno
solcato la sua vita (suo marito e suo figlio), senza mai riuscire a radicarsi
davvero nel mondo che lei ha sempre sognato. Un mondo semplice, fatto di «un
lavoro utile, un bambino che gioca, un uomo che bada ai conti». Un mondo che
non è mai esistito, che è stato invece avvolto dal vapore prodotto dalla
fantasia del marito e dal muro che il figlio a un certo punto decide di erigere
per difendersi da quel vapore.
Maria è accompagnata in questo viaggio da Gabriele,
un agente immobiliare che sembra uscito da un film di Fellini o da un libro
di Murakami Haruki, tanto l’aspetto onirico e indefinito di questo personaggio
lascia spiazzato il lettore, che si potrebbe anche indisporre per la sua
assoluta strumentalità. È come se Lodoli l’avesse immerso nel latte della
storia con l’unica funzione di costringere Maria ad aprire le dighe
della sua memoria. Il gioco è fin troppo scoperto e questo fa pensare a una
precisa volontà di Lodoli di evitare al lettore qualsiasi distrazione che un Gabriele
più concreto avrebbe certamente offerto. L’attenzione dev'essere tutta per Maria,
anzi per i suoi uomini che non sono mai stati come li avrebbe creati per se
stessa e in questo sta il suo stupore e il suo amore. Narrato in prima persona
da Marco Lodoli e lastricato di un utilizzo sapiente della metafora, con ampie
concessioni al verso poetico tradotto in prosa, Vapore è un romanzo che
leggerete in poche ore e grazie al quale, a poche pagine dalla riva del lago scelto
da Maria, proverete un forte disagio, accorgendovi che la concreta e
normale Maria (così amerà descriversi al lettore) è stata forse la più
fantasiosa e magica dei personaggi della storia, creando per loro infinite
motivazioni, giustificazioni e giochi di prestigio verbali, pur di farli
apparire sempre speciali. E se padre e figlio si saranno scontrati spesso per
dimostrare chi fra fantasia e realtà debba prevalere, Maria non ha mai
avuto dubbi: la realtà della sua fantasia, quella e nessun’altra potrà mai
prevalere. Almeno «finché le parole resistono […] briciole strette nel pugno
macchiato degli anni: poi il pugno si apre e tutto cade.».
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