Henri Cartier-Bresson e la sua nuova visione. In mostra all’Ara Pacis un secolo di fotografia
Henri Cartier-Bresson giunse in
Africa nel 1930 sulle orme di Rimbaud e Cendrars alla ricerca di quella “Nuova
Visone” legata al costruttivismo russo, che lo portò ad allontanarsi dagli
aspetti più attesi ed esotici per un occhio europeo, per offrire invece all’osservatore dei suoi scatti scene rubate al quotidiano: portatori,
rematori, bambini che giocano in strada. Tutto visto dall’alto, per enfatizzare
un fondale, studiato e costruito da Bresson partendo dalla sua formazione
cubista. Fondale che è esso stesso centrale nella resa complessiva
dell’immagine.
Sono questi i primi scatti con
cui si confronta il visitatore della mostra dedicata all’opera del grande fotografo francese a dieci anni dalla sua
scomparsa, organizzata
al Museo dell’Ara Pacis a Roma (fino al 25 gennaio).
Cartier-Bresson non è mai stato una sola idea e un solo approccio alla
fotografia, lo si vede proprio dalle oltre 500 opere (scatti, dipinti,
disegni, filmati) presentate allo spettatore nel formato e con la tecnica di
stampa originale. Potremo osservare sì il fondale costruito con geometrica
precisione dal fotografo, ma anche l’attenzione
vorace per il momento, quell’attimo che Cartier-Bresson stesso definisce
“esplosivo-fisso” e che porta il movimento inatteso di un passante (pensiamo al
ciclista in Hyères – France 1932 o
all’uomo che salta sulla pozzanghera nel famosissimo scatto Behind Saint-Lazare Station – Paris
1932) a esplodere in un’immagine statica, dilatando il momento dell’azione. In
entrambi i casi la nitidezza del fondale sembra deflagrare sulla nebulosità
dell’imprevisto, che rompe e al contempo crea l’emozione di chi
guarda.
Hyères – France 1932 |
Questa mostra permette al visitatore di percorrere quasi un secolo di grandi eventi
sociali: dal funerale di Ghandi nel 1948
e alle testimonianze dei primi effetti
dell’ascesa di Mao Zetung in Cina, fino alla Russia post Stalin degli anni ’50, contribuendo a farci vedere le similitudini più che le
differenze fra uomini vissuti in contesti, epoche e paesi diversi.
Ma Cartier-Bresson è anche surrealismo. Rovesciare gli occhi del suo
soggetto all’interno, perché si rovesci anche lo sguardo dello spettatore che
osserverà la fotografia, lasciando che sia l’inconscio a guidarlo alla scoperta
di un’emozione che condivide con il soggetto scelto dal fotografo.
Più che una nuova visione, il
visitatore di questa mostra di visioni ne troverà una moltitudine, tutte
avvinte nello scatto della fedele Laica di Henri Cartier-Bresson.
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