Basterà Ajaan Hirsi Ali a cambiare l’Islam?
Basterà Ajaan Hirsi Ali a cambiare l’Islam? È la
domanda che si è posto Max Rodenbeck sul numero 19 del The New York
Review of Books partendo dall’ultimo romanzo dell’autrice somala (Heretic - Why Islam Needs a Reformation Now,
Harper Collins 2015, pubblicato in Italia da Rizzoli), in cui Ajaan Hirsi Ali cambia
il suo punto di vista sul mondo islamico.
Se è proprio Ajaan Hirsi Ali a dichiarare nell'introduzione le intenzioni di
questo nuovo libro: «far sentire molte persone - non solo i mussulmani ma
anche i tanti apologhi dell’Islam presenti in Occidente – a disagio.», non siamo più di fronte alle certezze dei suoi lavori
precedenti, in cui sosteneva, senza tentennamenti, che: «l’Islam non è una religione di pace» e che non c’è alcuna speranza
di trasformare l’Islam che ha prodotto gli attacchi terroristici in Occidente
in un sistema moderato. In Heretic
(uscito lo scorso aprile in USA), in cui molti hanno visto, dopo l’attacco
terroristico di Parigi del 13 novembre, una sorta di cassandra rivelatrice,
l’autrice ha identificato alcuni punti
cardine dell’Islam che, se riformati, potrebbero portare a una riduzione della
spirale di violenza che si è innescata negli ultimi decenni. Spirale che ha come obiettivo non
soltanto quello di destabilizzare le nazioni occidentali, ma anche e
soprattutto di alimentare gli adepti dei
gruppi xenofobi della destra europea contro i migranti e il mondo islamico
tout court, aumentando il divario d’incomprensioni
fra tutto ciò che è dentro l’Islam e ciò che ne è fuori.
Riepiloghiamo i punti chiave da riformare secondo la
visione di Ajaan Hirsi Ali per trasformare l’Islam in un soggetto con cui sia
possibile dialogare:
- L’infallibilità di Maometto;
- La priorità e l’importanza che si dà alla vita oltre la morte rispetto a quella terrena;
- La legge della Sharia;
- La Jihad.
Sebbene l’autrice stessa si renda conto che definire
una lista del genere sia un compito arduo, ha certamente raggiunto lo scopo di
far discutere del tema non soltanto gli “Occidentali”, ma anche parte dei tanti
mussulmani che considerano gli attacchi come quelli avvenuti a Parigi
un’atrocità, quei mussulmani che proprio Ajaan Hirsi Ali definisce seguaci di
La Mecca, distinguendoli dagli estremisti, seguaci di Medina. L’autrice si
riferisce al divario che esiste fra i 68 capitoli (sure) del Corano scritti da
Maometto a La Mecca, sua città natale, incentrati sui miracoli della creazione,
sull’unicità di Dio e la saggezza dei profeti e i successivi 28, scritta da
Maometto nel suo esilio a Medina, in cui si sente l’effetto del suo nuovo ruolo
da comandante militare e amministratore della giustizia, capitoli in cui si
incitano i mussulmani a combattere e uccidere gli infedeli. Per l’autrice di Heretic sono proprio questi ultimi a
focalizzarsi solo sulle parole di lotta e prevaricazione presenti nel Corano,
mettendo in pratica una lettura selettiva del testo sacro dell’Islam che giustifica
o addirittura sostiene i loro atti di
violenza. Ajaan Hirsi Ali con Heretic punta sulla capacità dei mussulmani seguaci di La Mecca di attuare le riforme
necessarie all’Islam.
Ayaan Hirsi Ali |
È un punto di vista interessante e se va detto che
anche le altre due religioni Abramitiche (Ebraismo e Cristianesimo) hanno
dovuto attraversare lunghi secoli di mutazioni e violenze per arrivare al sistema
di regole che permette la loro convivenza, bisogna ricordare che l’Islam non ha dei centri decisionali
definiti come avviene per esempio per i Cristiani, non esistono sistemi
gerarchici ampiamente riconosciuti all’interno del mondo mussulmano che possano
farsi portavoce della “corretta” interpretazione del Corano e ciò indebolisce
in parte la tesi di Ajaan Hirsi Ali.
Su un articolo di Alessandro Coppola apparso su Il Corriere della Sera qualche giorno fa,
si misura il tasso di paura, diffidenza e islamofobia di alcuni paesi Europei
all’indomani dell’attentato di Parigi. I numeri drasticamente sbilanciati a
favore delle posizioni dei partiti della destra xenofoba ci fanno capire che la
strategia dell’Isis è efficace. Accrescendo
la diffidenza e l’aggressività degli europei nei confronti dei mussulmani
(parliamo qui dei mussulmani di seconda generazione, quelli nati in Europa) se ne blocca l’integrazione. Questa
strategia del terrore li fa sentire diversi e soli, facile preda della
propaganda degli estremisti islamici. Non sappiamo se la proposta di Ajaan
Hirsi Ali sia la più “giusta” per evitare che questa strategia abbia successo,
ha però il merito di non farci dimenticare che sull’Islam (e sui rapporti che
abbiamo con chi dell’Islam fa parte) esiste più di un punto di vista.
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