National Book Awards 2015: Adam Johnson e i best seller per pensare.
Adam Johnson, docente di scrittura creativa a
Stanford e scrittore amato persino dalla temutissima critica letteraria Michiko Kakutani,
è stato protagonista della premiazione dei National Book Awards, istituzione
fra le più longeve e rappresentative della letteratura made in USA (la prima
edizione risale al 1950).
Ottenere il
mitico bollino dorato del NBA può cambiare il destino di un libro,
trasformandolo in un best seller (nel mercato anglosassone non è considerata
una “parolaccia”), sebbene i finalisti di questo premio abbiano già rivelato le
loro potenzialità nell’attrarre i lettori. Sono proprio questi ultimi, infatti,
insieme a librai, bibliotecari e critici letterari, a designare i finalisti e
poi i vincitori delle quattro categorie del premio: Fiction (narrativa), Nonfiction
(saggistica), Young’s people literature (narrativa per ragazzi), Poetry
(poesia).
Il National Book Award, nato per
«celebrare il meglio della letteratura americana, espandere il numero dei suoi
lettori e accrescere la consapevolezza del valore di un testo di qualità» esemplifica
l’approccio del mercato editoriale americano, in cui qualità del testo e quantità di volumi venduti non sono concetti
antitetici. E se anche in USA esistono best seller nati sulle ceneri di
trame e intrecci da telenovele brasiliane anni ’70, in cui le “sfumature di
colore” sono presenti solo nel titolo, non mancano casi di best seller in cui
la qualità letteraria, l’ambizione dell’autore e l’innovazione della struttura
narrativa viaggiano di pari passo.
Un caso emblematico è stato il romanzo di Adam
Johnson Il signore degli
orfani (edito
in Italia da Marsilio). Ambientato in Corea del Nord, una terra dove «non
esistono librerie e dove i cittadini non possono confrontarsi liberamente su
niente […] un mondo dove esiste una sola ed unica versione ufficiale della
Storia e dove la propaganda è talmente martellante che in ogni casa c’è una
radio obbligatoriamente accesa e sempre sintonizzata sul canale di Stato che
trasmette 24 ore su 24 i discorsi dell’unico leader politico», unisce reportage narrativo (Johnson è
uno dei pochi americani ad essere entrato in Cora del Nord, spacciandosi per
l’aiutante di un raccoglitore di mele) al
romanzo di formazione (il romanzo segue la crescita di Pak Jun Do e la sua
lotta interiore alla propaganda di regime), con innesti di proiezione fantastica, che sembrano avvisarci della
striscia sottile che divide quel mondo dal nostro. Finalista del National Book
Award e vincitore del premio Pulitzer nel 2013, è definito da Zadie Smith,
scrittrice regina degli incastri narrativi, un autore che «sa perfettamente
come si racconta una storia. Questo libro di 554 pagine, che apre la vista su
realtà spiacevoli e di difficile digestione, che pone molte domande scomode ed
è lontano anni luce dalla “narrativa di intrattenimento” (necessaria ma non
sufficiente a colmare le esigenze dei lettori) è diventato un best seller,
portando al suo autore una grande visibilità e la possibilità di scegliere due
anni dopo, un genere poco amato, almeno dall’editoria nostrana, come i
racconti.
Il suo ultimo libro Fortune Smiles ha vinto l’edizione 2015
del National Book Award per la Fiction e i relativi 10.000 dollari di
premio, unendo il nome di Adam Johnson a quelli di autori come Don DeLillo
(anche lui premiato al NBA con un riconoscimento speciale alla carriera), Saul Bellow,
Toni Morrison, John Updike, Arthur Miller, Philip Roth, Flannery O’Connor, Wiliam
Faulkner e Gore Vidal.
Johnson propone ai lettori sei storie, affrontando i
temi della sorveglianza tecnologica che riduce i diritti del cittadino, della
perdita emotiva, della violenza sui bambini, delle differenze culturali e dei
loro impatti sulla nostra vita. Temi
duri, affrontati senza paura di infastidire il lettore, che confermano la
capacità di Adam Johnson di costruire una storia che assorbe il lettore,
costringendolo a riflettere sul mondo che ha intorno, il National Book Award
può essere soddisfatto della scelta di quest’anno.
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