I corsi di scrittura sono utili? Dipende da cosa intendiamo con la parola “scrittore”
I corsi di scrittura sono utili? Domanda legittima: comportano impegno, tempo, denaro e spostamenti logisticamente importanti, non solo dal punto di vista geografico, ma anche mentale. Frequentare un corso di scrittura creativa, ne abbiamo parlato anche la settimana scorsa, vuol dire mettersi in discussione come scrittore e buttarsi giù dal piedistallo che il nostro ego ha creato per noi, neanche fossimo il colosso di Nerone (immensa statua bronzea dedicata all’imperatore, da cui prende il nome anche il Colosseo e che sovrastava con i suoi 30 metri e rotti i Fori Imperiali).
Quando parliamo di “scrittore” dobbiamo stare attenti a utilizzare lo stesso sistema linguistico. Mi spiego meglio, se cerchiamo il termine “scrittore” sul nostro amico vocabolario (strumento che non dovrebbe mai mancare sulla scrivania di chi vuole dedicare la propria vita alla parola scritta), troviamo: scrittóre – 1. Scrivano, copista. Per estensione, chi scrive ispirato da altri. È importante ricordare che il lavoro di scrittore nasce dallo scrivano, ossia una persona che è in grado di trasferire su carta le sfumature delle emozioni e delle idee altrui. Per farlo, spesso osserva il lavoro di un altro scrivano, che, prima di lui, ha tentato quella strada. Un buon scrivano iniziava sempre la sua gavetta copiando pagine e pagine di lavoro altrui. Così immagazzinava vocaboli, stile, intenzione, personaggi e man mano che copiava, si sentiva più sicuro e iniziava timidamente a mettere in campo qualcosa di suo in mezzo a tante parole altrui. Tutto per soddisfare l’utente finale, ossia la persona che leggendo il suo testo proverà (se lo scrivano ha lavorato bene) le emozioni che il committente ha deposto ai piedi dello scrivano insieme a qualche tallero per il lavoro svolto.
Facile? Provate questo piccolo esercizio: chiedete a un vostro amico di raccontarvi qualcosa che non gli piace del suo partner e poi trasferite ciò che vi dice in un testo scritto che il partner in questione possa leggere capendo al volo ciò che il vostro amico ha tentato per anni di spiegargli. Attenzione però, dovete riuscirvi con lo stile del vostro amico e ottenendo il risultato che lui si aspetta, perché non siete voi a scrivere, ma lui usando voi. Un po’ più difficile, vero? Per farlo al meglio, lo scrittore deve liberarsi dell’infrastruttura di convinzioni, giudizi e valori che si porta dietro dalla nascita e provare a osservare un evento da un diverso punto di vista, quello altrui, quello del personaggio che guida l’azione. Ecco, questo è un esercizio che vi potreste trovare a eseguire in un corso di scrittura creativa. Provateci e mi raccomando, scegliete bene l’amico, magari uno con cui non andate più tanto d’accordo, perché i risultati dei primi tentativi non sono mai felici, soprattutto per i vostri amici.
Ma in un buon corso di scrittura creativa non si limiteranno a questo. Perché i tempi sono mutati e accanto allo scrivano è nato un secondo significato della parola “scrittore”: 2.Chi si dedica all’attività letteraria; chi compone e scrive opere con intento artistico. Siamo di fronte a un immane spartiacque. Non tanto per l’intento artistico di un’opera (cosa buona e giusta), quanto per la sua concretizzazione. Le scuole di creative writing ci spiegano che fare lo scrittore vuol dire fare l’artigiano, quindi provare a realizzare un oggetto-storia di gradevole foggia, con gli strumenti adatti, pensando sì al motivo che ci spinge a creare quella storia, ma anche a chi quella storia la dovrà leggere e ancor prima comprare. Perciò diventa sempre più arduo per uno scrivano-scrittore conciliare le sue rivendicazioni come “artista” e la visibilità cui tende con l’utilizzo di questa parola, con le esigenze del committente (la storia che spinge per essere scritta) e le aspettative emotive del cliente-lettore.
Come farà lo scrivano divenuto scrittore a non farsi influenzare da ciò che il cliente-lettore sembra volere se ciò sarà contrario alla necessità che spinge per diventare storia? Una buona scuola di scrittura creativa, che sia la blasonata Holden di Baricco in Italia o l’eccelsa NYU (New York University) in USA con il suo Creative Writing Program, che vede fra i suoi insegnanti Zadie Smith e Jonathan Safran Foer (solo per citare alcuni fra i più rappresentativi), dovrà insegnare ai suoi discepoli, oggi più che mai, a pensare e a scrivere prima con il cuore, seguendo il committente, perché la necessità di storia è l’unica strada per raccontarla, e poi a riscrivere tutto con la testa, cercando di scegliere con sapienza l’insieme di parole che meglio renderà accessibile quella storia al lettore. Non è impresa facile, ma è l’unica via che vedo per uno scrittore-scrivano, che sia disposto anche a mettersi in gioco per arrivare al lettore senza perdere la propria identità.
I corsi di scrittura sono utili allora? Possono aiutare, soprattutto se metteranno in pratica l’indicazione dello scrittore-scrivano protagonista del film Finding Forrester di Gus Van Sant.
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