Xiaolu Guo, una scrittrice e film-maker cinese al Salone Internazionale del libro di Torino
Xiaolu Guo |
Xiaolu Guo è arrivata a Torino per il Salone Internazionale del libro, presentando l’edizione italiana del suo 20 frammenti di gioventù vorace (edito da Metropoli d’Asia). Scrittrice e film-maker cinese trapiantata in UK, Xiaolu Guo è entrata nel 2013 nel “Granta’s Best of Young British Novelists”, lista stilata dalla prestigiosa rivista Granta che accende i riflettori sui giovani scrittori più rappresentativi e innovativi della Gran Bretagna (fra loro anche Zadie Smith e Taiye Selasi). Nei suoi 20 frammenti di gioventù vorace racconta la storia di una ragazza (Fenfang) che, come l’autrice, ha trascorso l’infanzia in un piccolo villaggio della Cina e, appena ha potuto, è partita per scoprire la grande città: Pechino.
A differenza dell’autrice, che quindicenne alla fine degli anni ’80 si cibava dei classici della letteratura occidentale (quelli che riusciva a trovare tradotti in cinese), a cominciare da F. S. Fitzgerald, Marguerite Duras e Italo Calvino, passione che l’ha portata a passare con naturalezza dalla parola scritta all’immagine, iscrivendosi alla Beijing Film Academy per raccontare cosa accadeva nella realtà che la circondava, Fenfang vive la sua giovinezza nel XXI secolo e vede nel cinema (il romanzo inizia con Fenfang arrivata a Pechino per fare la comparsa) la possibilità di distinguersi dagli altri, di diventare visibile, famosa.
Proviamo a entrare meglio in questi voraci frammenti di gioventù incontrando Xiaolu Guo.
Nel suo romanzo, descrive le impressioni di una ragazza che per la prima volta arriva a Pechino dall’entroterra cinese, che non vede l’ora di bere una coca cola ghiacciata e di «tuffarsi nello scintillio» della capitale. Ma lo scintillio è spesso facciata accattivante di un sistema aggressivo e standardizzante. Perché ha sentito di dover raccontare questa storia e quanto di autobiografico c’è nel personaggio di Fenfang?
Questo è il primo romanzo che ho scritto e l’ho ideato proprio quando lasciai il mio paesino nell’entroterra cinese per andare a frequentare la Beijing Film Academy. Provavo dei sentimenti molto forti e tumultuosi, stavo vivendo una transizione da semplice ragazza a giovane intellettuale. Guardavo i film di Godard e di Pasolini, leggevo Sartre e Simone de Beauvoir. Sentivo il bisogno di raccontare la storia di una giovane donna che riesce a scoprire se stessa. Ma volevo anche parlare dell’abisso che esiste fra la Cina tradizionale in cui ero vissuta prima di arrivare a Pechino e la nuova Cina, così influenzata dall’Occidente.
Leggere questo romanzo è come trovarsi davanti a un rullo cinematografico in cui il regista-scrittore ha selezionato per noi le scene più importanti dell’esperienza di Fenfang, lasciando al lettore l’onere e la responsabilità del giudizio sulle sue scelte e sul contesto in cui la protagonista si muove. Era questa la sua intenzione?
Il mio modo di scrivere romanzi è stato molto influenzato dai tantissimi film che ho visto. Ho amato Godard, Pasolini e Truffaut e per questo penso che la letteratura possa avere un futuro solo se lo scrittore si mette continuamente in discussione per modificare la propria lingua, il proprio genere e il proprio stile alla ricerca di nuovi modi per comunicare con il lettore. Non credo nella letteratura convenzionale e tradizionale, ma come intellettuale cerco sempre nuove strade e per questo, sì, ho scelto la via del montaggio cinematografico per la struttura di questo romanzo, ispirandomi a Italo Calvino e a Marguerite Duras perché in ogni romanzo che hanno scritto si percepisce l’energia della ricerca continua.
Questo è stato il suo primo romanzo, che effetto ha avuto su di lei e sui suoi lavori successivi, penso anche a quelli cinematografici?
Credo che il mio modo di approcciarmi alla scrittura non sia cambiato dopo questo romanzo. È cambiato il contesto e le esperienze che ho fatto e che ho trasferito nei libri successivi. Ho cominciato a parlare di più di politica e della complessità dei rapporti familiari.
Lei è figlia di un artista, un pittore che ha passato molti anni nei campi di prigionia solo perché voleva continuare a dipingere liberamente, cosa inaccettabile durante la rivoluzione culturale cinese. Suo fratello è stato protagonista insieme con altri studenti degli scontri di Tiananmen e lei ha sostenuto la necessità di cambiamento del sistema sociale, economico e politico del suo Paese con molte delle sue opere, penso per esempio a Concrete Revolution, documentario sullo sfruttamento dei lavoratori per la preparazione della Cina alle Olimpiadi del 2008. Quante generazioni di Guo dovranno ancora lottare per cambiare la società cinese?
Non so se le giovani generazioni di cinesi dovranno ancora lottare contro le posizioni del Governo. Certamente la società cinese ha fatto molto per la propria crescita negli ultimi anni, portando il livello di povertà quasi ad azzerarsi, soprattutto se confrontato con l’India o i Paesi africani. Il problema più importante della Cina di oggi è l’immagine negativa che il Paese ha creato di sé all’esterno. Penso quindi che la Cina debba essere studiata dall’Occidente in maniera più approfondita e con un approccio olistico, guardandola nella sua totalità e non soltanto per le notizie che hanno più risonanza nei Paesi che la osservano dall’altra parte dell’Oceano. La Cina va vista in relazione al potere che oggi ha lo Stato sui suoi cittadini e sul modo in cui può limitare la loro libertà, potere che non ha solo lo stato cinese, ma ogni stato in quanto sistema che organizza e controlla la vita dei suoi cittadini.
Ho letto che ha pubblicato il suo primo libro (poesia) all’età di quindici anni, com’è nato il suo amore per la scrittura e com’è arrivata dalla poesia alla narrativa?
Sì, la poesia è stata il mio primo amore e la mia prima forma di espressione, poi venti anni fa sono stata sedotta dal romanzo e dalla regia cinematografica perché penso che la scrittura moderna oggi si traduca in tre generi (romanzo, sceneggiatura e giornalismo), ma tutte le mie capacità come scrittrice derivano dalla poesia, che resta la forma più alta di letteratura. Anche il mio cinema è influenzato dalla poesia, senza di essa sarebbe solo una sequela d’immagini e non servirebbe né a me né agli spettatori.
Avremmo avuto tante altre domande da porre a Xiaolu Guo, sul suo lavoro di scrittrice e film-maker, ma i suoi lettori al Salone Internazionale del libro di Torino la reclamavano e quindi, per questa volta, abbiamo dato loro la precedenza.
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